quinto

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Quando ti chiesi il perché, risposi con una risata e con un bacio.

Quella sera, in mezzo alle coperte e al freddo, mi sussurrasti che era quello il motivo: poter stare abbracciati per ogni semplice scusa, come un brivido di freddo.
Ti chiesi cosa ne pensavi dell'inverno e risposi che faceva troppo freddo.

Al secondo anno di università, ci fidanzammo. Ed andammo a vivere insieme, in un piccolo appartamentino fuori città, in prima periferia. Era un modesto locale con un bagno, una cucina con un piccolo tavolo e una televisione vecchia ed infine la nostra camera; Insomma, giusto il luogo giusto per due studenti come noi.

A scuola, tutto andava per il verso giusto e certe sere ti lasciavo persino andare a quelle stupide manifestazioni studentesche in centro anche se non nascondo che ogni singola volta avevo paura di non vederti ritornare a casa. Non erano manifestazioni, era violenza gratuita senza scopo definito e ogni volta te lo ripetevo ma ogni volta finivamo per litigare, ma infondo lo facevo solo per te.

Quella sera che non tornasti, iniziai a chiamare ogni nostro amico comune per sapere di te ma tu non avevi parlato con nessuno nelle ultime ore; loro non sapevano niente. Tornasti la mattina dopo, verso le tre o forse le quattro di mattina e mi trovasti in lacrime, seduta davanti alla porta d'ingresso con una coperta sulle gambe e delle occhiaie sotto gli occhi. Non sapevo se picchiarti o ucciderti e nel dubbio ti abbracciai, felice come una pasqua. Quando vidi dei livido sul tuo volto, mi rassicurasti con parole dolci come tuo solito e mi tranquillizzai subito.

Dormii bene per un po', poi vennero gli incubi. Erano tutti su di te.

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