Capitolo 1.

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"Ma quando la notte calava sulla città, le ombre si facevano più intense, la assalivano, senza darle la possibilità di respirare. E a lei andava bene così, le piaceva stare in una fase di quiete, apnea. Le ombre la avvolgevano lentamente, cullandola quasi. E lei si lasciava cullare, portare via dalla realtà per un po', quel poco che basta per dare ad una persona la carica necessaria per resistere in una vita di merda."

***

Gli incubi non mi lasciano mai scampo, la notte ormai è diventata un qualcosa di triste, pieno di paura, per una ragazza troppo sola. Ed è così ogni notte, tanto che non ricordo quando sia stata l'ultima volta in cui io sia riuscita a dormire profondamente e svegliarmi riposata, in pace, senza brutti pensieri ad invadere la mia mente matta. Come può una persona ritrovarsi in un luogo sconosciuto, ma sempre con le stesse preoccupazioni e paure?
Mi manca così tanto dormire insieme a mia sorella, l'unica in grado di mandare via gli incubi. E invece l'ho abbandonata, insieme ad una mamma distrutta.
Sono le quattro e io ho paura di riaddormentarmi e di chiudere semplicemente gli occhi. Perché gli incendi al buio spiccano di più e io mi ritrovo a lottare con i miei pensieri, ogni volta.
Ho paura dei mostri, di quelli che si nascondono sotto il letto, di quelli che non mi lasciano dormire in pace, di quelli che mi spaventano solo per il gusto di farlo. Ne ho sempre avuto paura, ma c'era il mio papà, a proteggermi. E ora dove sei, papà?
Lui cacciava sempre i mostri da sotto il mio letto e diventava automaticamente il mio eroe: perché non mi ha insegnato a scacciarli dalla mia mente? Perché non mi ha insegnato a dormire bene, prima di andare via? E perché mi ha insegnato a fidarmi, se poi ha tradito tutta la fiducia che gli avevo dato? Come ha potuto abbandonarmi tra le braccia di un mostro, senza fare nulla per proteggermi, senza insegnare alla sua bambina debole come fare a difendersi?

Credevo che questa pausa nel mio nuovo appartamento di Londra mi avrebbe fatto bene, ma mi sbagliavo. La merda, ovunque tu vada, te la porti dietro per sempre, a vita. E non c'è storia, resterà sempre con te a prescindere da quanto tu sia forte e motivato per sbarazzartene.

È da un mese che sono qui, insieme al mio migliore amico di sempre, nonché mio coinquilino. Si chiama Louis ed è la persona più speciale della mia vita, colui che mi impedisce ogni giorno di crollare. È la mia costante, mi accompagna al lavoro, mi prepara la colazione, mi permette di vivere bene, almeno fino a che non ci sia una ricaduta da parte mia.
Lui si può definire la persona più importante per me, insieme ad Alice e la mamma, ovvio. È stato un puro caso incontrarci, tanto tempo fa. Ci siamo incontrati nei momenti peggiori delle nostre vite promettendo di rimanere l'uno accanto all'altra soprattutto nei momenti migliori.
Ha mollato tutta la sua vita per starmi dietro, ha trovato un lavoro per entrambi, qui a Londra, per sfuggire con me da Liverpool. E io non riuscirò mai a ripagare ciò che ha fatto, e continua a fare per me, nonostante tutto, nonostante io a volte sia ingestibile.

Grazie a Louis ho avuto l'occasione di lavorare in un posto tranquillo, il posto dei sogni lo chiamo io. È una biblioteca accogliente e mi piace. Mi piacciono le mura colorate, i libri posizionati in ordine alfabetico e in ordine di colore... e mi piace restare in silenzio a leggere un libro o magari a scrivere qualcosa. Mi piace restare a chiacchierare con lui o semplicemente a guardare fuori dalla vetrina le persone che passano, chi frettolosamente, chi con passo svogliato. E, ancora, mi piace restare a guardare le persone che danno un'occhiata in vetrina, promettendosi di entrare in questo posto, un giorno. E poi ci entrano davvero. Mi piace.
Mi piace restare a guardare le espressioni delle persone, mentre leggono un libro, anche il più stupido del mondo, e cogliere il loro umore nei loro piccoli movimenti. È strano, ma anche la minima espressione o il più banale movimento, può far capire se una persona sia triste, o felice, o arrabbiata.

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