•Capitolo 1•

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Pensando che sono nei guai, anzi nei casini e anche belli grossi, mi strofino il viso con l'acqua fredda davanti allo specchio del bagno. Il mio cervello ritardato mi ricorda che ho dimenticato di svolgere tutti i compiti di matematica stanotte, quelli delle vacanze estive, e sì, be'... Anche quelli che avrei dovuto svolgere negli ultimi tre mesi.
La mia professoressa, la Stewart è uguale alla strega cattiva dell'Est. Premetto: le sto sulle ovaie dal primo anno, quando mi ha sentita sussurrare strega, dopo che gentilmente mi aveva spedita a posto con un bel quattro tondo. Posso, quindi soltanto immaginare quelle che saranno le sue malefiche intenzioni appena oltrepasserò i battenti della sua adorata, detestabile classe.

Merda.

Una sola parola che descrive la mia intera esistenza.

"Alyssa! Sei sveglia!?" L'urlo da troll sclerato di mia madre riesce a spaccarmi i timpani anche se proviene dal corridoio e io sono chiusa a chiave nel bagno, dentro camera mia."Volevo ricordarti che oggi inizia la scuola!"

Chiudo il rubinetto con un gesto secco, traendo un profondo sospiro. Mi chiedo cosa direbbe lei se io ogni santo giorno le ricordassi che deve andare al lavoro con lo stesso entusiasmo di chi dovrebbe recarsi a Disneyland e non in un dannato ufficio tutto il giorno. Perché non lo faccio? Per non finire in punizione per il resto della mia vita.

"No? Davvero?" Grido sarcastica. Come se io già non lo sapessi. Le mie occhiaie ne sono la più chiara conferma. La voglia di tornare in quella gabbia di pazzi è pari a zero.

"Sì, mamma, sono sveglia!" Aggiungo, sospirando pesantemente. Intanto afferro il mio asciugamano e me lo passo sul viso, con un paio di occhiaie confrontabili a due buchi neri.

Maledetti compiti, maledetta scuola, maledetta adolescenza.

"Bene, passa a prenderti Nicole e..."

NO, NO, NO.

In questo momento il tempo si ferma e viene fuori il mio lato fedele alla religione. Incomincio a pregare che non stia per pronunciare quel nome, anche se posso immaginarmi esattamente il contrario. Quasi, quasi potrei anche vomitare. Almeno ho tutto il necessario qui con me: carta igienica, gabinetto, asciugamano.

Okey, sono disperata.

Mi porto entrambe le mani davanti agli occhi. Inspira ed espira, inspira ed espira. Ti prego non dire quel nome.

"...Tobias." Conclude, lasciando ogni mia speranza schiantarsi contro un muro.

"Fantastico!" Sbotto tra i denti, mentre il suo volto, il volto del fratello della mia migliore amica si presenta davanti all'anticamera del mio cervello. Tobias Jefferson è tutto ciò di insopportabile che può esistere sulla faccia di questa terra: capitano della squadra di football della scuola è il ragazzo più insopportabile, stronzo, profittatore, e desiderato di tutto l'edificio. Per intenderci: la scuola rappresenta l'inferno e lui lì dentro ne è al comando. Come una sirena che ammalia, capace di ridurti in pappa il cervello; questo è Tobias. Tutti lo adorano, tutti lo guardano con ammirazione.

Tutti tranne me. Io, grazie a Dio ne sono immune. Sono l'unica oltre sua sorella ad essere a conoscenza del suo carattere insopportabilmente irritante. Anzi, credo persino che tutto il tempo che abbiamo trascorso insieme durante la mia triste infanzia abbia avuto lo stesso effetto di un vaccino su di me.
Tra noi negli ultimi anni va tutto bene: lui mi detesta, io lo detesto. Niente di che. Almeno, su quello siamo d'accordo entrambi.
Con un diavolo per capello, finisco di lavarmi e apro il mio armadio. L'anta produce un tonfo, che mi fa sobbalzare.

Dannazione! Non so neanche che cavolo infilarmi addosso!

"No, no, no, mhm...no..." Ragiono, ispezionando il mio guardaroba che come sempre ha tutto, ma non ha il necessario. Getto sul letto qualche vestito che non va bene e soltanto dopo una lunga analisi, finalmente trovo qualcosa di adatto.

Just a stupid kiss ( Ex "Il fratello della mia migliore amica")Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora