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Mi sveglio di soprassalto. Tutto buio.
Che ore saranno?
La sveglia segna mezzanotte. Accendo la luce e vedo il mio quaderno viola. È lì, ai piedi del letto, nella stessa posizione in cui l'avevo lasciato.
Come se mi aspettasse, con quella pagina fitta di una grafia che non ricordo di aver mai prodotto.
Nel guardarlo, avverto una vertigine. Mi sento sull'orlo di un precipizio. Mi allungo dal bordo del letto, lo sfioro con la punta delle dita e lo prendo. Appallottolata tra le coperte, non posso fare a meno di continuare a leggere quello che ho iniziato stamattina.
L'ho scritto io, senza dubbio, ma con una scrittura che non controllavo, un flusso di pensieri indipendente dalla mia volontà. Devo averlo buttato giù in una specie di trance. Di sogno. Di incubo. Di realtà. Non ricordo che cosa ho scritto. Parole di getto, senza pensare. Nonostante la stanchezza, e il fiato corto, e il buio che preme fuori dalle finestre, leggo. E non credo a quelle parole. Mi ripeto che forse ho descritto parte di un sogno, che sono riuscita a fermare sulla carta una mia fantasia.
Perché?
E quando?
Mi tiro a sedere sul letto, gli occhi incollati a un quaderno viola, dalle pagine avorio. Il mio viso è privo di qualsiasi espressione.
La mia è una lettura attenta, che mi lascia sfinita. Quando ho terminato, mi addormento con la luce accesa, e la paura sfuma sul confine tra sogno e realtà, tra conscio e inconscio, tra Alma e qualcos'altro.

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