Amici lontani

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Una canzone di cui non ricordo il titolo mi rimbomba nella testa. Se c'è una cosa che detesto è infilarmi le cuffie gelate nelle orecchie calde. Mi provoca sempre un brivido sulla schiena, però non sopporto nemmeno fare la strada senza ascoltare musica quindi questo brivido mi tocca subirlo ogni giorno. Ho salutato Rachel da poco: neanche a dirlo era incazzata nera con Peter. Verso la fine dell'ora col professore nuovo, Peter aveva chiesto se potesse aprire la finestra...dove lo sentisse quel "caldo tremendo" proprio non ne ho idea. Sperai che il prof non gli desse il permesso, ma mi sbagliai. Con fare straffottente Peter si alza e quale finestra va ad aprire? La nostra! Cioè quella vicino a me e Rachel. Cerco di ignorarlo mentre mi lancia una di quelle occhiate che solo qualche anno fa mi avrebbero fatto sciogliere. Caccio via anche il flashback di io e lui abbracciati in quell'angolo appartato.
— Ma perché devi aprire questa finestra! Apri la tua, no? — disse irritata Rachel. Tra i due non è mai corso buon sangue però anche con lei, ogni tanto, Peter faceva uno sguardo provocante. Ad essere sinceri lui ci sa fare con le ragazze, o meglio saprebbe abbordarle molto bene se poi non aprisse la bocca e rovinasse tutto.
— Levati dai coglioni! — rispose acido. Non credo si aspettasse quella risposta dato che spalancò gli occhi incredula e senza aggiungere altro si scostò leggermente, per lasciargli fare quello che voleva. Per tutto il tragitto Rachel mi parlò della sua irritazione e di quanto lo odiasse e ora ammetto di essere felice di stare un po' sola coi miei pensieri e la mia musica. Oggi pomeriggio andrò a trovare il mio prof. In fondo stanno per arrivare le vacanze natalizie e le verifiche sono quasi tutte terminate, non che me ne infischi qualcosa ovvio. A Natale voglio fare un mucchio di cose, tra cui uscire con Rachel e Margaret, andare a trovare il prof un giorno sì e uno no, stare un po' con mia sorella, andare al cinema...Magari riuscirò pure a svegliare Josh dal suo stato catatonico e dire a Jessica di piantarla di usarlo, ma non è tra le mie priorità. Credo che ognuno si debba salvare da solo, con le proprie forze.
— Com'è andata a scuola? — chiede mamma dalla cucina, mentre un profumo di pancetta affumicata mi accoglie calorosamente. Non ci vuole un genio per capire che l'ha fatto apposta a preparare la mia pastasciutta preferita: oggi non avrebbe accettato nessun no a pranzo e a dire il vero non ne ero intenzionata. Le sue mani calde sulle mie guance gelate sono una bella sensazione, mi fanno sentire al sicuro. A pranzo racconto la mattinata, ma non con lo stesso entusiasmo di qualche giorno fa. Mi sento diversa e la notizia che il mio prof di italiano verrà sostituito con un altro mi fa stare ancora più male. Un giorno è passato e hanno già trovato un sostituto. Insomma...parliamo della scuola, l'ultima nella lista di chi sa organizzarsi al meglio. Eppure l'ha fatto. Fortunatamente il sostituto non arriverà fino alla fine della settima, il che è positivo: mi ci vorranno almeno un paio di giorni per assimilare e accettare questa idea del nuovo professore. Lascio il pranzo a metà e corro in camera. Chiudo la porta dietro di me e mi lancio sul letto, in cerca di conforto dalle coperte calde. L'inverno lo detesto per il freddo insopportabile, però adoro il calore che si crea quando si passa qualche ora sotto il piumino. Mi rasserena.
La sveglia suona alle cinque. Esco dalla stanza e incrocio mamma sulle scale.
— Stai andando da lui? — domanda. Annuisco. — Vorrei venire anch'io, ti va? — e annuisco di nuovo. In macchina nessuno parla, fatta eccezione per il racconto striminzito e il mio sfogo sulla verifica di arte di oggi. Nè io né mia madre possiamo vedere il prof di arte e mi è capitato più di qualche volta di sognare il suo omicidio. Sogni così nitidi che mi sembrano quasi reali, ma la mia speranza svanisce ogni volta che lo vedo entrare da quella stra maledetta porta di legno dell'aula di arte. Il traffico è impressionante: decine di macchine in fila, tutti diretti verso il centro e tutti probabilmente per comperare i regali di Natale. Per quanto abbia sempre amato il Natale sono consapevole che quest'anno sarà un 25 Dicembre diverso dagli altri. Il mio cuore non è sereno e non palpita di gioia per scoprire quali sorprese si nascondono in quei meravigliosi pacchetti sotto l'albero. Sono esausta, stanca di piangere e anche i miei occhi reclamano un po' di pace. La testa è tempestata di pensieri e non riesco a placarne nemmeno uno: per quanto mi sia sforzata in questi giorni Josh si sta allontanando sempre di più da me, sempre attaccato a Jessica il che non mi darebbe fastidio se non avessi la piena consapevolezza che a lei di lui non gliene frega nulla. Mark, l'altro membro del nostro gruppo, si sta facendo ogni giorno sempre più antipatico e ci scommetto...ah no, non la scommetto più la testa! Comunque sono certa che pure lui sta subendo l'influenza di quell'arpia. Ammetto che sia un'arpia piuttosto carina, però è pur sempre un'arpia. Io, Rachel, Mark, Josh, Margaret e Matt siamo diventati amici stretti quattro anni fa e questo doveva essere l'anno più bello di tutti, l'ultimo in cui avremmo fatto per l'ultima volta qualche pazzia assieme. Ma non serve a nulla fare progetti: la vita pare lo faccia apposta a rivoltarti tutto. Sarebbe meglio vivere il nuovo giorno che fa capolino all'orizzonte che ripensare ai giorni passati o sognare i giorni futuri.
— Siamo arrivati — mia mamma mi scuote leggermente e io mi riprendo. Senza dire nulla scendiamo dalla macchina e ci dirigiamo verso l'entrata dell'ospedale: un edifico enorme, composto da più parti e tutti di colore bianco. Non abbiamo bisogno di chiedere informazioni, ricordo dov'è il prof e, dopo aver percorso corridoi che assomigliano ad un labirinto, ci ritroviamo di fronte alla stanza. La porta è chiusa e mamma abbassa leggermente lo sguardo.
— Salve...voi siete? — una voce provata mi sorprende da dietro le spalle. Ci voltiamo è una donna dal viso addolorato tenta di sorriderci. Non mi ci vuole molto per capire chi sia: Julia, la moglie del prof. Non me la immaginavo così. La donna davanti a me ha i capelli scuri, tagliati abbastanza corti, occhi verdi e labbra sottili ma non invisibili. È bella, nonostante il viso mostri i segni delle sofferenze e preoccupazioni che sta provando. Mamma le stringe la mano e si presenta mentre io mi limiti a sorridere a labbra strette.
— Io, io sono...— cerco di dire.
— Beth — la sua voce fa capolino dal mio lato destro. Mi punta gli occhi addosso e si avvicina per presentarsi educatamente a mia madre. Nessuno di noi però pare sia intenzionato ad entrare. Ci guardiamo a vicenda, quasi fosse uno di quei duelli che ci sono nei film western. Il primo passo finalmente lo fa Julia che tirando un sospiro apre la porta e ci fa segno di seguirla. La stanza non è cambiata, se non per alcune foto che sono state collocate sul comodino accanto al suo letto. Lui è sempre lì, con quella roba che gli copre naso e bocca e quell'odioso bip a fargli compagnia. Julia gli si siede accanto e gli prende dolcemente la mano, giocherellando con le sue dita.
— Guarda chi ti è venuto a trovare — bisbiglia, come se avesse paura di svegliarlo. Mia mamma rimane ai piedi del letto e poco dopo si siede accanto a Julia. Io sto dall'altro lato assieme a Francis. Non parliamo. Vorrei farlo, ma le parole muoiono gelate in bocca. Perché si congelano? Forse sono io che non ho più il calore e il desiderio di parlare. Una mano delicata stringe la mia, cerco di toglierla bruscamente però lui è troppo rapido e troppo forte. Me la stringe tanto, non permettendomi di sfuggirgli.
— Vuole sapere cos'è successo oggi? — riesco a dire. Julia mi fa cenno di continuare, quasi speranzosa che le mie parole in qualche modo l'avrebbero aiutato. — Il prof di arte ci ha messo come al solito una verifica impossibile, Rachel ha iniziato a sbraitare contro lui durate tutto il tragitto verso casa e...Peter! Prof, lei avrebbe dovuto vederlo oggi. Neanche io ci credevo: è stato gentile! Poi ha trattato male Rachel e io l'ho difesa. Non li capisco proprio i maschi però mi sono divertita con...— non riesco a continuare. Come posso aver detto divertita se il mio prof preferito è chiuso in un ospedale? Mi sento il colpa. Devo fare qualcosa e l'unica cosa che mi viene in mente e farmi male. Mi mordo il labbro finché non sento il sapore del sangue.
— Non avrebbero dovuto farlo! Loro ci hanno messo un giorno a trovare un sostituto per lei! Come si può? Un sostituto. Lo odierò! — termino. Con foga stacco la mano da quella di Francis e scappo via. Non mi resta che dirigermi in quel terrazzo in cui io e lui ci siamo scambiati i numeri di cellulare. O meglio, dove lui l'ha dato a me. Fa freddo e senza giubbotto rischio di prendermi qualcosa. Poco importa. Quello a cui riesco a pensare è che devo smetterla! Devo smetterla di avere queste reazioni così violente. Faccio scappare tutti e le uniche persone che sanno in realtà come sono (almeno in parte) sono i miei genitori.
— È giusto, sai? — dice Francis. Non nascondo che avrei preferito venisse mia madre.
— Lasciami stare, vattene —
— È l'ultimo anno per voi. Non possono lasciarvi senza un professore. Certo, sono stati veloci come scuola però credo sia giusto. La vicepreside è venuta qui sempre, come te — continua affiancandosi a me senza però guardarmi.
— Vattene Francis — lo caccio via con parole gelate.
— Non m'intimorisci Beth...C'è qualcosa che non va e non si tratta solo di mio padre. Lo so che ti conosco da neanche due giorni però appena ti vidi per la prima volta ho come avuto l'impressione di conoscerti da sempre — sono belle le sue parole, dette con delicatezza. Una dolcezza che non avevo mai sentito in nessun ragazzo prima d'ora. Peter è gentile ogni tanto, ma non si è mai rivolto a me in questo modo.
— E queste parole da dove le hai tirate fuori, eh? Da che film sdolcinato? — dico sarcastica, ma subito dopo vorrei mordermi la lingua.
— A dire il vero è tratto da un libro sdolcinato — ribatte divertito. Sta facendo il mio gioco. — Credo ti farebbero bene un po' di libri e film sdolcinati, come ragazza devo dire che sei piuttosto acida —
— Grazie, lo prendo come un complimento —
— Lo era —
— Vai al diavolo — vorrei concluderla qui questa conversazione, ma lui non sembra intenzionato.
— A proposito di sdolcinato, mi aspettavo che mi scrivessi — si volta a fissarmi. Il suo sguardo mi mette a disagio. Vorrei voltarmi e dargli un calcio da qualche parte come faccio sempre con Peter. Okay...devo avere maggior autocontrollo dato che, non so come, ho già tirato su il ginocchio per colpirlo. Francis schiva il colpo e mi afferra la gamba portandosela al fianco destro. Merda! Ha vinto lui! Sono in equilibrio su una gamba sola mentre lui mi tiene con forza l'altra. Mi ha intrappolata. Non posso e non voglio stare così! Comincio a colpirgli il petto coi pugni e, a differenza di quanto mi aspettassi, mi lascia fare. Alza il mento per evitare che lo colpisca.
— Sei terribile — dice divertito quando smetto di colpirlo e mi metto a piangere. Odio il fatto che lui sia stato l'unico tra le persone fuori dal cerchio parentale ad avermi visto piangere. E per ben due volte.
— Ti prego, lasciami andare. —
Come risposta mi stringe di più a sé. Il suo profumo mi avvolge completamente: non riesco più a tenerlo lontano e mi stringo ancora di più al suo corpo. Affondo la testa sul collo caldo. Ci sa fare Francis, ma non nel modo di Peter. Lui è dolce.
— Avanti, cosa c'è che non va? — chiede con un sussurro, il suo alito caldo mi raggiunge l'orecchio e un brivido mi percorre il corpo.
— Ho amici lontani — riesco a dire.
— Cosa? Che intenti? —
— Non sono mai stata brava con le amicizie e...— cerco di dire, però Francis mi blocca con la sua risata. — Cosa ci trovi di così tanto divertente! —
— Devo dire che da come ti comporti mi ricordi un sacco Katniss —
— La ragazza di fuoco —
— Ti correggo, sei la ragazza acida — afferma divertito. — Continua pure —
— No, non ho voglia. Mi è passata — mento.
— Smettila di mentire Beth! — il tono è più quello di un ordine. Rapidamente mi afferra le spalle e mi scuote, come se volesse svegliarmi da un sonno profondo.
— Vuoi sapere la verità? La verità è che te ne devi andare, vattene via Francis. Stai lontano da me. I miei amici ormai sono lontani da me, a fatica mi parlano e non mi rivolgono neanche più un sorriso. La verità è che me la sono cercata perché sono quello che sono! È vero: sono la ragazza acida e vuoi sapere un'altra verità? Sono felice di esserlo. Non voglio cambiare e se a loro non va bene, peggio per gli altri è meglio per me. Così me ne sto da sola, in pace. Josh ormai è diventato una specie di mummia che cammina, Mark mi parla solo se ha bisogno di un aiuto e poi non ha coraggio di ribattere e io...io lo ammetto: sono fredda, sono scontrosa e non permetto a nessuno di avvicinarsi troppo. Poi arrivi tu che pretendi di diventare una specie di amico quando in realtà nessuno te l'ha chiesto! Se Josh, Mark e Matt ci hanno messo così poco a lasciarmi perdere non credi che ci sia un motivo? Forse un motivo plausibile visto che sono tre e non una sola persona ad aver rotto l'amicizia con me. E credo abbiano fatto bene...si sono salvati prima che io potessi...potessi...—
— Potessi cosa? — mi incalza.
— Lasciami stare, non voglio farti male — dico alzandomi e liberandomi dalla sua presa. Non è più alterato, la sua espressione è sbigottita e mi lascia andare. Poi cambia: gli occhi tornano seri, forse un po' freddi e l'espressione per la prima volta è dura.
— Vuoi sapere una cosa? È vero, sei acida, sei scontrosa e devo dire che più di qualche volta avrei voluto strozzarti sebbene ti conosca da poco più di due giorni però...Però sai anche essere sincera, sai essere dolce perché una persona che è davvero cattiva e acida non guarderebbe con così tanta dolcezza una persona che sta male. Tu sei diversa, sei fuori dagli schemi ma chi dice che per essere perfetti bisogna incarnare lo stereotipo della ragazza ideale? I tuoi amici ti hanno lasciata con così tanta facilità? Beh allora non hanno mai capito nulla. Non hanno imparato a conoscerti a fondo: forse tu non glielo hai permesso o non hanno avuto loro la pazienza di farlo...questo io non posso saperlo! Ma quello che so è che per quanto tu voglia allontanarmi da te, non ci riuscirai. Non mollerò e vuoi sapere perché? Perché sei stata tu a darmi la forza per farmi entrare nella stanza in cui c'è mio padre. Se sei riuscita a fare questo senza esserne consapevole, chissà quante altre cose saprai fare inconsapevolmente. Magari ti aiuterò a farti diventare consapevole di quello che sei e a farti essere meno acida però tu...tu mi aiuterai nei miei problemi, perché non sei l'unica ad averli. Ci aiuteremo come hanno fatto Katniss e Peeta nell'arena. —
Quelle parole mi lasciano di stucco. Ero scattata come una molla e mi ero sfogata contro un ragazzo che stava cercando di aiutarmi, ma non mi aspettavo una risposta così. Anche lui stava cominciando a piangere e credo che con problemi intendesse quelli legati a suo padre. Per la prima volta non mi accorgo che gli sto permettendo di guardarmi dritto negli occhi e per la prima volta mi sento a mio agio. Si avvicina ad abbracciarmi.
— Non lasciare che ci allontanino — chiede e sta volta è lui ad affondare il viso sul mio collo. Le lacrime e il dolore pare ci stiano legando sempre di più.
— Katniss e Peeta, eh? Beh...permettimi di chiederti una cosa — mi alzo sulle punte per raggiungergli l'orecchio. — Magari evita di essere sdolcinato come lui — e marco la terzultima parola urlando. Francis si scosta tappandosi l'orecchio.
— Maledetta! Ti farò morire con le sdolcinatezze. —
Scoppiamo a ridere entrambi e rientriamo più sereni nella stanza dove le nostre madri stanno parlando.

La ragazza dagli occhi bagnatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora