Nuovo arrivato

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Giunta a casa non faccio in tempo a cercare mamma, che subito due braccia accoglienti e calde mi stringono forte. Tempismo perfetto! Non riesco a tenermi e piango di nuovo. La sua mano delicata mi accarezza dolcemente i capelli. Dovrei smetterla di piangere, non è da me.
— Tesoro, mi dispiace così tanto — mormora. Non riesco a risponderle. — Appena ho letto il tuo messaggio ho chiamato Rachel e mi ha spiegato tutto...— continua. Sembra che tutti mi leggano il pensiero. Tutti mi capiscono al volo quando io non ci riesco affatto. Ho un casino dentro, però lo nascondo bene. Credo.
Quando sciogliamo il nostro abbraccio e asciughiamo le nostre lacrime, comincio a raccontarle ogni cosa nei minimi particolari: le racconto cos'è accaduto attorno a me, non dentro di me. Decido di saltare il pranzo e mi tuffo tra altre braccia, calde e appaganti: quelle di Morfeo. Un sonno profondo, ma per nulla tranquillo. Ci sono abituata. I miei sonni sono animati per lo più da incubi: morti, sangue, spari e guerre. Non c'è pace, non c'è serenità. Solo l'amaro sapore della colpevolezza e della paura. Ci convivo con queste due sensazioni e ho imparato a considerarle amiche, per rendere sopportabile la loro presenza. A svegliarmi è la suoneria del telefono: prima di rispondere noto che sono già le cinque passate, faccio una smorfia e mando a quel paese la verifica di domani.
— Pronto? — borbotto ancora assonnata.
— Dio mio Beth! Non lasciarmi più in quel modo. Volevo venire in ospedale con te, ma tu sei scappata! C'erano infermieri e dottori ovunque e io non riuscivo a parlare con nessuno, per non parlare poi di quella stronza di infermiera col muso perenne e...— parla a perdifiato, senza un minimo di autocontrollo.
— Calmati Rachel, mi fai girare la testa! — la interrompo, senza riuscire a non sorridere al pensiero di quell'infermiera. Allora non stava antipatica solo a me, constato soddisfatta.
— Questa me la paghi! E poi c'era Matt stra preoccupato per te, dovresti chiamarlo — lo dice con un tono raccomandatorio, quasi fosse mia madre.
— Lo farò. Comunque sei riuscita a vederlo? — domando mentre mi rinfilo sotto le coperte per non morire congelata.
— Si, però poco perché sono scoppiata a piangere e sua moglie mi ha portata fuori per offrirmi un caffè — sento la sua voce tremare. Anche lei sta soffrendo ed è preoccupata. — Quella donna è forte, ma si vede tutta la sua paura di perderlo e...Dio Beth!...dovresti vedere come parla di lui. Sembra ancora una ragazzina che ha appena scoperto di essere ricambiata dal suo innamorato. —
Ripenso a Francis: nell'ora in cui siamo stati assieme non mi ha mai parlato di sua madre, se non per dirmi che era uscita dall'ospedale per staccare un po' e dargli il tempo per trovare il coraggio ed entrare nella stanza. Gli occhi deve averli presi da sua madre, però il sorriso è tutto di suo papà.
— Ho conosciuto suo figlio — la informo, desiderosa di condividere questa nuova conoscenza con un amico. E chi se non Rachel? Sento un attimo di silenzio, un respiro profondo e poi di nuovo la sua voce.
— Intendi Francis? E com'è? Non in senso fisico...come persona — chiede.
Rachel è sempre stata così: una ragazza che non si limita all'aspetto fisico quando si tratta di ragazzi, una che cerca di capire a fondo cosa sia l'amore e che tenta disperatamente di coinvolgere l'amica nella sua vana ricerca. Quante volte le ho detto che non c'è una spiegazione esauriente sull'amore, eppure lei continua a volerlo comprendere il più a fondo possibile. In seconda liceo mi tartassava, durante il rientro a casa, con le sue idee che si era fatta leggendo un libro di psicologia. Roba da matti. Non potevo fare altro che ascoltarla e dire sì a tutto quello che diceva.
Le racconto in breve gli avvenimenti, dopo di che ci salutiamo e lancio il cellulare sul letto di mia sorella. Chiudo di nuovo gli occhi e provo a trattenere le lacrime. Un incubo arriva: vuol dire che sto dormendo.

Ieri ho saltato pranzo e cena, oggi la colazione e adesso che la terza ora sta per finire ho lo stomaco che si contorce per avere del cibo. Al diavolo! Non ho né cibo né soldi per comprarlo. Rachel è impegnata a prendere appunti su qualche artista di cui non so neppure il nome, mentre Matt...beh lui anche se mi è vicino cinquanta centimetri non mi sente, figuriamoci due file indietro. Jessica è ferma come una mummia e assieme a lei il suo schiavetto Josh. Un tempo era stato uno dei miei migliori amici: uscivamo assieme, ridevamo per qualsiasi cosa e mandavamo a cagare tutti i prof che ci stavano...in quel posto. Mia madre sosteneva che lui fosse cotto di me sin dalla prima, ma non ci ho mai creduto del tutto: che c'era di tanto speciale in me da esserne innamorati? Quando stavo assente per influenze o febbre, lui mi scriveva per chiedermi come stavo e aggiungeva sempre un: "la scuola non ha senso senza di te" o "giornata buia senza la luce dei tuoi occhi". Ma come poteva dire questo se i miei occhi sono scuri come la notte? Come faceva a dire che gli mancavo se sono tutto fuorché una ragazza dolce? Ad ogni modo non mi è mai interessato in quel senso e siccome avevo il massimo rispetto di lui, facevo di tutto per non dargli false speranze. Non si può dire lo stesso di Jessica, che sbattendo un po' le ciglia sa fregare per bene il pollo di turno. Questo è il turno di Josh, ma ci scommetto la testa che tra poco il citrullo sarà cambiato. A proposito! Devo smetterla di scommettere la mia testa, altrimenti prima o poi la perdo davvero. Io stavo pensando...ah sì! Mi servono soldi e a malincuore constato che l'unico che me li potrebbe prestare sarebbe Peter. No! Mai! Piuttosto resto senza cibo. La campanella suona e Rachel tira fuori un panino gigante alla mortadella, il mio desiderio più grande in questo momento.
— Un morso ad una povera fanciulla — domando, mettendo le mani a coppa in segno di carità.
— Scordatelo! — risponde subito, poi però tira la testa indietro e mi porge un pezzo. — Beth devi mangiare! Lo so perfettamente che ieri non hai toccato cibo da quando...— lascia la frase in sospeso vedendomi sbarrare gli occhi. Senza dire una parola, esco dalla classe e mi dirigo verso le macchinette. Il mio sguardo si poggia su di una brioche e un succo all'arancia. Alcuni ragazzi mi superano o borbottano qualcosa, altri cercano di prendere la loro merenda senza darmi troppo fastidio mentre altri mi toccano...un momento. Chi mi sta toccando? Due braccia attorno alle spalle e una stretta non eccessivamente forte.
— Se me li chiedessi te li darei — Peter sfiora i miei capelli con la bocca. È un attimo: mi volto e lo spingo via, facendolo andare a sbattere contro un professore.
— Vattene! —
— Tu sei tutta matta...mi scusi prof, non volevo...però è questa che mi ha spinto — dice Peter, senza considerare effettivamente il prof, dato che non mi toglie gli occhi di dosso.
— Andate da un'altra parte a fare i vostri litigi amorosi — risponde seccato il piccoletto con la pancia.
— Con piacere — Peter stringe gli occhi a fessura, stringe il mio braccio e senza ascoltare le mie proteste mi trascina in un angolo un po' più appartato. Tengo lo sguardo per terra.
— Mollami, mi fai male —
— Si può sapere che hai? — chiede con un tono leggermente più gentile. Vorrei fronteggiarlo, vorrei dirgli che non voglio più avere niente a che fare con lui...però questo significa guardarlo negli occhi e io non voglio. Quante volte Peter ha tentato di tuffare i suoi occhi marron chiaro nei miei e io l'ho subito allontanato, quante volte ha tentato di abbracciarmi e io l'ho respinto. Non voglio stare vicino a lui ma neanche troppo lontana.
— Perché non mi lasci perdere Peter? — ho la forza di ribattere.
— Perché dovrei? Sei mia amica. È per lui vero? Per il prof? —
A quelle domande mi sento esplodere dentro e mi faccio guidare dal mio istinto. Un secondo dopo sono tra le sue braccia, col viso premuto contro la sua spalla. Lui mi stringe, non troppo forte per paura che gli possa sfuggire subito. Come lui, anch'io mi godo questo momento.
— Sshh. Piccola, mi dispiace. Siamo tutti un po' fuori fase ma so che tu lo sei più di tutti noi. Mi basta vederti per capire che sei sconvolta. Se solo mi volessi cedere anche solo un decimo dell'affetto che nutri per lui, sarebbe tutto più bello — parla a cuore aperto, forse perché siamo entrambi in un'atmosfera che non è quella terrestre. Ripresami dal momento di debolezza, esco dalle sue braccia e cerco Rachel. Ho bisogno di un suo consiglio. Di un suo supporto. La trovo per le scale che conducono al secondo piano, intenta a parlare con Margaret. Resto in silenzio, in ascolto della loro discussione. Ascolto, ma non capisco nulla: e come potrei? Se si tratta di trucchi io sono un disastro. Neanche Margaret è molto afferrata, però di certo è più interessata di me. Poi lo vedo. Se ne sta lì, in alto, sul pianerottolo del secondo piano in prossimità delle scale. Io mi blocco per un attimo a metá salita, mentre le altre due non si accorgono di nulla. Non sento più nulla, non vedo più nulla se non la sua figura e il suo portamento. Gambe lunghe, corpo esile ma non scheletrico, viso dai tratti delicati e lineamenti pressoché perfetti. Per non parlare di com'è vestito! Santo cielo. Devo bloccare i miei pensieri. Riesco a raggiungere Rachel e posarle una mano sul braccio.
— Rachel...l'hai visto? — balbetto, diventando leggermente rossa in viso.
— Chi? — chiede, ma non le rispondo nemmeno perché intuisce subito di chi sto parlando. — Beh...non è un gran che Beth. Guardalo bene. Quegli occhiali poi rovinano tutto. —
Non la considero nemmeno. Lui continua a guardarsi attorno senza posare lo sguardo su nessun alunno che gli passa accanto. Non vorrei dire, ma mi sembra un po' spaesato. Però anche nella sua apparente confusione, è bello da morire. Ovviamente le amiche devono rovinare l'atmosfera e se poco fa ci aveva pensato Rachel, adesso è il turno di Margaret:
— Ma è calvo! — scherza, ma non ci trovo nulla di divertente. Non è vero che lo è! Osservo meglio e forse un po' di capelli li ha persi, ma non è questo l'importante, no?
Rientriamo in classe andandoci a sedere. Margaret mi tocca la spalla.
— Quanto ci scommetti che quello è il nuovo prof di matematica? —
— Non scherzare! L'hai visto? Magari fosse qui per noi...per me — e non mi ci vuole molto per capire, dall'espressione incredula e divertita di lei, che i miei occhi stanno assumendo la forma di cuoricini.
— Beth! — la gomitata di Rachel mi costringe a ritornare in posizione composta. Per poco non scivolo dalla sedia e mi ritrovo a maledirla. La figura di merda della giornata, mi pare ovvio, la devo fare con lui. Pare ci sia un regola non scritta – che vale solo per me – in cui è stabilito che se mi piace qualcuno, nel mio primo incontro col diretto interessato, io debba fare la figura della scema. Il figo mi sta guardando...no, è solo una mia impressione. In realtà sta osservando tutti. Quando domanda se la nostra classe fosse la quinta sezione "L", io sento tutto ovattato.
— Bene. Mi presento allora: sono il vostro nuovo insegnate di matematica e fisica. Come sapete il professor Evan ha cambiato scuola per motivi personali e io lo sostituisco. Mi chiamo Andrew Walker. Come saprete, vi accompagnerò... — e a queste parole non posso fare a meno di pensare: "ti accompagnerò all'altare". Stupida! Torniamo sul pianeta Terra e al discorso serio del nuovo sexy-teacher. Me ne sono persa un pezzo, ma chiederò a Rachel più tardi.
—...quindi farò l'appello e poi inizieremo con matematica. In due ore sono certo che partiremo col piede giusto. —
Ascolto ogni suono che esce dalla sua bocca eppure non capisco un piffero di quello che dice. È possibile?
— Beth Alexis Carson — scandisce il mio nome.
— Si, c'è — dico alzando la mano. Non potevo trovare una risposta migliore?
— Preferisci che ti chiami Beth o Alexis? — domanda regalandomi un sorriso mozzafiato.
Vediamo, Alexis l'ho sempre trovato più attraente ed eccitante mentre Beth mi dà un senso di purezza e dolcezza che non mi caratterizzano. Opto per dire:
— È lo stesso...—
— Allora sarà Beth — con questo termina il "nostro" dialogo.
Nel bel mezzo della quinta ora, durante la spiegazione di una funzione, mi sorprendo a fare una cosa che non avevo mai fatto se non con il mio amico Liam: guardare il culo. Che culo? Quello di Andrew naturalmente. Tre parole lo descrivono: attraente, sensuale ed eccitante. In un uomo della sua età non avevo mai visto un culo così perfetto. Lo guardo ancora meglio quando è costretto a piegarsi per poter scrivere nella parte inferiore della lavagna. Eh...se si è troppo alti si è costretti a piegarsi a novanta e...frena!
— Pervertita! —
Mi volto verso la mia compagna e la vedo sbattere velocemente le palpebre, corrugare un po' la fronte e muovere la testa come se volesse dire no. Ridiamo a crepapelle e per non essere viste siamo costrette a piegarci in modo da nasconderci. Era da un giorno intero che non ridevo così di gusto e questo non accadeva da...beh...forse è meglio non pensarci. Comunque io normalmente rido per ogni baggianata detta dai compagni. Ho riso grazie a Rachel, ma anche grazie a questo nuovo (super sexy) arrivato.

La ragazza dagli occhi bagnatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora