3. What Do You Mean?

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Quel piccolo dibattito avuto con Natalia mi aveva lasciata perplessa.

Che cosa farei se mi trovassi davanti il mio ragazzo perfetto?

Era la domanda che continuavo a ripetere nella mia mente.

Ma soprattutto, chi è o cos'è il ragazzo perfetto?

Il tipico principe azzurro che le bambine sognano di incontrare?
Un idiota con la calza maglia, il mantello azzurro e una corona in testa, in sella ad un cavallo bianco?
Che dovrebbe rischiare la sua vita salvando la mia o che accidentalmente dovrei incontrare?

Ero confusa.

Lo ero sempre, su qualsiasi cosa e venivo sempre condizionata da qualcuno o da qualcosa.

Mi rigirai fra le coperte celesti del mio letto mettendomi su un lato, portando le gambe al petto.

La porta della mia camera si aprì mentre mio padre faceva la sua comparsa, sgranocchiando qualcosa.

«Buongiorno principessa» mi salutò sedendosi accanto al mio corpo disteso.

Sorrisi puntando i miei occhi azzurri nei suoi ancora molto assonnati.

«Sei di nuovo andato a dormire tardi, vero?» sospirai afferrando la sua mano per poi intrecciarla con la mia.

Lui non rispose, limitandosi a produrre un sorriso tirato, affermando la mia ipotesi.

Con la mano libera si tirò leggermente le punte dei capelli scuri, scompigliandoli ancor di più.

«Assomigli così tanto a tua madre» sussurrò di punto in bianco, dopo qualche istante di silenzio.

Abbassai lo sguardo sospirando.

«Ha chiamato ieri sera» lo informai senza guardarlo negli occhi.

«Ha chiesto come stavamo» continuai, inventando una possibile bontà e premura da parte della donna che mi aveva messa al mondo.

Avrei voluto dirgli che quella donna che tanto amava si era rifatta una vita, innamorandosi di un altro uomo.

A differenza di mio padre, che si trovava al mio fianco, ancora abbastanza distrutto nonostante fossero passati 4 anni da quando avevano firmato le carte per il divorzio e che mia madre se ne fosse andata in Inghilterra.

Come avrei potuto spezzargli il cuore per la seconda volta?

Quindi, non dissi nulla, almeno per il momento, afferrando fra i denti bianchi il labbro inferiore, torturandolo lievemente.
Non me la sentivo.

«Signorina è ora di alzarsi. Forza» disse dando qualche colpetto amichevole con la mano sulla mia coscia prima di alzarsi e uscire dalla stanza, facendo finta di non aver avuto quell'istante di malinconia e tristezza che avevo notato nei suoi occhi, o almeno provandoci.

Mi girai a pancia in giù affondando la testa nel cuscino.

«Non stavo scherzando, ragazzina. Alzati» la voce roca di mio padre e fintamente minacciosa mi fece sobbalzare per poi scoppiare a ridere seguita dall'uomo che mi osservava appoggiato allo stipite della porta.

«Lo sai che ti odio?» brontolai.

«Io di più» mi fece l'occhiolino per poi andarsene.

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«Il poeta francese Rimbaud disse» si sgranchì prima di continuare «"A l'aurore, armés d'une ardente patience, nous entrerons aux splendides villes". Che significa che "All'alba, armati di ardente pazienza, entreremo nelle splendide città e...»

The Perfect Boyfriend || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora