Nella stanza più alta della seconda torre di Irmengard delle semplici lenzuola di seta bianca avvolgevano due corpi stretti in un abbraccio che sembrava destinato a non sciogliersi mai. I capelli biondi di Catherine scendevano morbidi sul petto di Alexander mentre lui, in silenzio, le accarezzava un fianco. Entrambi svegli ed immobili temevano il momento in cui si sarebbero guardati nuovamente negli occhi, il momento in cui avrebbero percepito l'uno la paura dell'altra. Così giovani eppure così provati da una vita che, se solo avessero potuto, non avrebbero mai scelto per loro stessi. Uniti nello stesso letto d'amore Alexander II il Predestinato baciava Catherine d'Oreille che era stata promessa in sposa sin da bambina al sessantaduenne nobiluomo e Arciduca di Irmengard Marvius Berell.
Erano amanti, erano superstiti, erano il reciproco antidoto ai rispettivi veleni, perché alla fine il destino che ti è stato affidato fa un po' meno paura se hai qualcuno con cui condividerlo, ed era proprio questo quello che da sempre facevano, ammazzavano l'uno i demoni dell'altra.
<< E adesso? >> Ruppe il silenzio Catherine girandosi verso di lui ma senza liberarsi dalla stretta del suo abbraccio.
<< E adesso no lo so. >> Rispose Alexander.
<< Cosa ne sarà di noi? Cosa ne sarà di me? >>
<< Di te? >> Chiese il ragazzo confuso e allo stesso tempo infastidito come per sottolineare che, tra i due, era lui quello che non sarebbe sopravvissuto ad un altro tramonto.
<< Si... di me. Ti ho pregato mille volte di scappare via insieme, di lasciarli morire tutti, ti ho egoisticamente implorato di pensare solo a noi. Ti ho supplicato di continuare a vivere, di farlo per me... ma tu hai sempre rifiutato, parlandomi del tuo dovere mi hai detto che avevi da tempo accettato il tuo destino, che, in qualche modo, l'avevi sentito tuo. Ma non io, io non l'ho accettato e non lo potrò mai accettare perché ti amo così tanto che avrei messo noi prima di tutto, ti amo così disperatamente che, senza dubbio, avrei scelto di salvare noi. Andarsene è facile, l'atrocità è dover restare. E non pensare che io lo sappia che senza di te a regalarmi qualcosa in cui sperare, in cui credere, sarà come morire ogni giorno rimanendo in vita, come spegnersi lentamente tra le braccia di un viscido vecchio che non amo e che non m'ama. Quindi si Alexander cosa ne sarà di me? >> Disse Catherine cercando lo sguardo di lui.
I suoi occhi erano così vuoti da sembrare solo disegnati, le labbra oltremodo pallide la rendevano più simile ad una bambola che ad una persona in carne ed ossa, nulla nel volto di quella ragazza sembrava essere vivo in quel preciso istante.
<< Catherine io ti amo, fortissimamente ti amo. Come puoi chiedermi di condannare a morte la mia gente solo per salvare la mia vita? Come potrei continuare a vivere con il rimorso di tutti quei baci che a causa mia non verranno mai dati? Tu non riesci ancora a vederlo ma io una scelta non ce l'ho, son morto comunque, morto da sempre. >> La strinse a sé ancora più forte.
Per qualche secondo il silenzio fu l'unica risposta che ottenne dalla ragazza poi, lentamente, le prime lacrime iniziarono ad inumidire il suo viso accompagnate da un lamento che non parve neanche umano. Era l'urlo straziato di chi stava per perdere tutto, per perdere tutto una seconda volta.
Il tempo trascorse troppo veloce tra quelle mura. Intere ore sembrarono solo una manciata di secondi e così, quando le trombe squillarono per dare il segnale che il momento era appena arrivato, i loro cuori persero un battito. Sotto l'improvviso e selvaggio schiaffo di quel suono i due si strinsero ancora più forte, ancora una volta, uniti in un bacio che racchiudeva tutta una vita.
<< Quindi è adesso, l'ultimo bacio è adesso. >> Disse lei.
<< Catherine devi promettermi che vivrai, promettermi che sarai per sempre la donna forte che ho conosciuto ed amato. Promettimi che, almeno tu, sarai la padrona della tua vita. >>
<< Non ti devo nulla, nessun giuramento, nessuna promessa. Mi sono arresa alle tue scelte come tu ti arrenderai alle mie. >> Rabbia e dolore esplodevano ovunque in quelle parole.
Alexander abbassò lo sguardo mortificato.
<< Mi dispiace, con tutto me stesso mi dispiace. Sappi solo che io ti a... >>
<< Non dirlo. Non riuserei a sentirlo, non ora, non più. >> Lo interruppe lei.
Il silenzio che li avvolse da quel momento durò fino a quando lui, guardandola per l'ultima volta e senza un vero addio, sparì dietro la porta che rapida si richiuse dividendo per sempre due giovani vite.
Dopo essere stato vestito e profumato con così tanta cura da sentirsi fuori luogo, il Predestinato si diresse verso la stanza della Regina. Bastò un delicato colpetto sulla porta affinché un'ancella la spalancasse facendolo accomodare nell'appartamento Reale. La madre se ne stava seduta immobile su una sedia vicino alla finestra con lo sguardo fisso sul mare che, riflettendo con le sue onde i raggi del sole, le proiettava strane luci sul volto. La donna aveva ormai smesso di parlare da giorni e non si nutriva da anche più tempo, era tristemente ridotta alla caricatura di se stessa, persa per sempre nei meandri più profondi del suo dolore. La vista della madre spezzò il cuore di Alexander che per la prima volta riuscì a comprendere la brutalità del fardello portato dal padre per tutti questi anni, era come se anche lui, con la sua morte imminente, si stesse inevitabilmente trascinando dietro tutte le persone che lo amavano.
Abbracciò la donna nella speranza di risvegliarla da quello stato di torpore nel quale era sprofondata ma non accade nulla, molto semplicemente la Regina continuò a fissare il mare cullata dal suo ritmico ed inesorabile movimento. Avvilito le strinse forte le mani tra le sue baciandola delicatamente sulla fronte. Prima di abbandonarla solo tre parole turbarono la quiete nella sala "madre mi dispiace" e per un attimo gli occhi della Regina brillarono come rianimati al suono della voce del figlio, poi, troppo stanchi, si arresero nuovamente al mare che insensibile li ritrascinò nelle profondità dei suoi abissi.
Nella sua stanza Attilius veniva vestito e preparato per la sua proclamazione. Era così che sarebbe dovuto accadere, questo era il volere sancito nell'accordo che pose fine al bagno di sangue. Al terzo rintocco della stessa campana un'esecuzione e una proclamazione avrebbero avuto luogo, nello stesso istante una tasta sarebbe stata mozzata e un'altra incoronata in una sorta di equilibrio immortale.
Due colpi sulla porta preannunciarono l'ingresso di Alexander II al cospetto del futuro Re Attilius. Il giovane sperava che, almeno nel suo ultimo giorno, il fratello avrebbe saputo mostrare per lui un minimo di interesse, quel minimo che sarebbe bastato a farlo sembrare un essere umano.
<< Disturbo? >> chiese Alexander
<< No, dimmi ma fa in fretta che ho ancora molte cose da fare e davvero poco tempo. >> Rispose l'altro in tono distaccato.
<< Figurati. Lo stai dicendo ad uno che verrà giustiziato tra poche ore penso che... >>
<< Oh mio Dio Alexander smettila di commiserarti, non fai altro da tutta la vita, non ho chiesto io di nascere per primo, non ho chiesto io di essere destinato a diventare Re. Mi dispiace per te ma se sei qui solo per raccontarmi, per l'ennesima volta, la storia della tua vita ti risparmio la fatica. La conosco già! >> Questa volta il tono di Attilius era palesemente seccato, addirittura infastidito.
Alexander avrebbe voluto che anche il fratello provasse, seppure solo per un secondo, quello che in quel momento stava provando lui, la completa desolazione di fronte a parole così spietatamente crudeli. Avrebbe potuto fargliela pagare, picchiarlo, mutilarlo, forse anche ucciderlo tanto lui sarebbe morto comunque eppure decise di mostrare a quell'idiota che nel mondo resisteva ancora del bene, che non tutto era irrimediabilmente perduto, così, sospirando profondamente, ritornò sui suoi passi lasciando Attilius alle sue glorie.
Il tempo che rimase, sebbene non fosse molto, lo trascorse in solitudine nella quarta torre del palazzo, poi, quando lo stomaco fu ormai sul punto di corrodersi per la tensione, le trombe reali squillarono per la seconda volta in poche ore. Era il segnale, i Bruti erano arrivati tra le mura di Irmengard dove a gran voce scomposte folle di cittadini chiedevano un Re. Era più tardi di quanto sembrasse.
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Crown of Slivers ( Concorso Fantasy di AShootingStarISee )
Fantasy" Credo davvero che alla fine del viaggio non abbia più molto senso continuare a sperare, è tutta qui la mia vita. Guardami oh Madre... Sono io, tuo figlio, il secondogenito della famiglia Behemont reggente della Terza Terra. Sono colui che non sarà...