[ You're gone but I gotta stay ]

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Alexander e Attilius erano seduti rispettivamente alla destra e alla sinistra del Trono Reale. La sala delle udienze era affollata da migliaia di persone, molte delle quali si trovavano in uno stato di palese euforia a causa dell'imminente proclamazione del nuovo Re, altre, invece, tentavano di sopire il loro entusiasmo in segno di rispetto del sacrificio del Predestinato Alexander II.

La folla che si era radunata stava ormai inziando a domandarsi cosa trattenesse i Bruti dal fare il loro ingresso alla cerimonia quando le porte della sala, senza nessun preavviso, si spalancarono lasciando entrare una folata di vento gelido ad agitare gli spessi mantelli dei presenti penetrando fino nelle ossa. Fiero, sul suo purosangue color ebano, il figlio di Hetharan il Vendicatore cavalcava senza sella scrutando incuriosito tra la folla seguito a distanza da altri mille o più Bruti. Azaroth il Fatale, era questo il suo nome. Doveva avere su per giù l'età di Attilius eppure a vederlo sembrava molto più vecchio e indubbiamente più robusto, la vita al di fuori dalle mura di Irmengard lo avevano temprato come nessun addestramento da cavaliere avrebbe mai potuto fare. Non appena il Bruto fu sicuro che tutti avessero puntato i loro occhi su lui colpì delicatamente il cavallo perché questo iniziasse a sfilare solenne ed elegante davanti ai presenti percorrendo l'immacolato tappeto rosso che dalla porta d'entrata conduceva fino ai due fratelli Behemont. Insieme ad Azaroth altri tre uomini fecero il loro ingresso nella sala, la restante moltitudine di Bruti, invece, aspettò pazientemente fuori dall'enorme stanza pronta ad intervenire ad ogni evenienza.

Il tempo sembrò perdere significato, ogni singola vita appariva pietrificata in quell'estenuante silenziosa attesa. Quando Azaroth fu ormai a pochi passi dai due fratelli con tono solenne pronunciò il giuramento di fedeltà alla Terza Terra e non alla Corona per poi aggiungere:

"Una testa per dimenticare il passato ed una testa per celebrare il futuro. Una corona ed una scure, questo è quanto stabilito da mio padre Hetharan il Vendicatore e Sirius Behemont quarantunesimo Re della Terza Terra. Che il loro volere si compia quest'oggi sotto i nostri occhi."

Non appena ebbe finito i due fratelli si alzarono dai rispettivi seggi ma, mentre Alexander fece per dirigersi verso di Attilius per scambiare con lui il formale gesto d'addio, quest'ultimo si era già accomodato sul trono che tanto agognava. Nella parte opposta della sala era stato eretto un piccolo piedistallo che non attendeva altro che Alexander vi facesse il suo arrivo. Le due postazioni non permettevano al pubblico di vedere contemporaneamente entrambi i gli eredi di casa Behemont, nel momento fatale, al terzo rintocco delle campane di Irmengard, ognuno avrebbe dovuto decidere dove rivolgere il proprio sguardo. Una corona e una scure.

Mentre il boia iniziava già ad affilare la sua lama venne, da tradizione, concesso qualche secondo ad entrambi per tenere un breve discorso celebrativo. In quell'occasione fu Attilius a cominciare:

"Oggi è un gran giorno, oggi la Terza Terra avrà il suo nuovo Re. Vi prometto che sarò un Sovrano giusto ma severo proprio come mio padre prima di me, vi prometto che sarò la risposta ad ogni vostra domanda, la vostra più grande, se non unica, fonte di salvezza. Mi dispiaccio per coloro che ancora non credono in me, loro non hanno idea di cosa sta per succedere, loro non sanno che proprio oggi io estirperò per sempre quelle ombre che, da anni, aleggiano su Irmengard. Popolo gioite perchè oggi è già qui e noi non dobbiamo più aspettare." Non una sola parola venne spesa per commemorare il fratello Alexander, non una sola parola per qualcuno che non fosse se stesso.

Un mormorio sommesso si sparse tra la folla quando Azaroth fece cenno che il tempo a disposizione di Attilius era ormai giunto al termine cedendo dunque il turno al fratello.

Alexander II guardava tra la gente, tutti quegli occhi lo fissavano e aspettavano solo che la sua anima si rivelasse su quell'altare. Il suo sguardo vagava su volti mai visti prima e che mai più avrebbe rivisto perdendosi in mille impensabili giri solo per poi posarsi su un viso che invece conosceva alla perfezione. La Regina Madre era stata fatta sedere esattamente al centro della sala, al centro tra i figli, tra la morte e la vita. Il giovane la vedeva starsene lì, tra gli altri, circondata dalle guardie reali eppure la donna riusciva a risultare assente, se ne era rimasta sulla torre e fissare le onde del mare, il suo sguardo cadeva nel nulla, non su un figlio non sull'altro, semplicemente dritto davanti a sé, dritto sul quel muro di fronte al quale l'avevano fatta sedere. La visione della madre completamente esausta, quasi disumanizzata e alienata da se stessa gli fece così male che decise di non voler indugiare oltre iniziando dunque il suo discorso di addio:

"Non c'è più molto da dire, siamo tutti qui, ad un passo dall'essere liberi." Nel frattempo il boia aveva terminato di affilare la sua scure e attendeva in silenzio che il giovane terminasse.

"Mio padre, che riposi in pace, un giorno mi disse che il popolo serve la Corona non più di quanto la Corona stessa serva il suo popolo. Siamo noi le due facce della stessa medaglia ed è per questo che senza menzogna vi dico che morire oggi, per il mio popolo, è un dolore che riesco ad accettare. Che finisca qui, che la Terza Terra possa finalmente dimenticare gli orrori del passato ed andare avanti. Perché il futuro è alle porte e passerà senza gloria se voi lo lascerete passare. Guardatemi... io muoio ora ma non importa, perché Irmengard non muore." Così concluso Alexander lentamente si inginocchiò mentre il boia in silenzio si avvicinava. Lo sguardo tornò alla madre pallidissima che ancora fissava su quel muro tutto il suo dolore, la mente corse poi alla donna che amava e che stava abbandonando, a questo punto la testa arresa si piegò in avanti per andare incontro al suo destino. A quel punto le campane suonarono... prima una, poi due e infine tre volte.

Un rumore secco tolse il fiato a tutti i presenti, l'esecuzione era terminata. Sopra il Trono Reale il corpo senza testa di Attilius colorava di un rosso purpureo il pavimento in un orribile e macabro spettacolo mortale. Il pubblico attonito rimase paralizzato in quell'attimo di puro delirio proprio mentre la corona veniva delicatamente adagiata sul capo di Alexander.

"Un accordo è un accordo." Fu Azaroth a parlare.

"Mio padre, fino al giorno della sua morte, non si stancò mai di ripetermi che la nostra gente avrebbe ottenuto la vendetta che meritava, che le profezie si sarebbero avverate, che ogni torto sarebbe stato inevitabilmente rigirato al mittente ma mi disse anche che per farlo avremmo risparmiato il primogenito della Corona. È un oltraggio inammissibile strappare un Re alla propria terra e questo, oh gente, è esattamente quello che è appena stato evitato. Oggi il debito di Irmengard è stato finalmente saldato ed un Re ha avuto salva la vita. Possa Alexander II Behemont regnare su di noi con lo stesso spirito con cui ha affrontato la morte sconfiggendola."

Mentre a sento riusciva a collegare i pensieri fra di loro Alexander poteva  sentire chiaramente il peso della corona sulla propria testa, era vivo ed era Re. Per qualche istane non provò assolutamente nulla, né gioia né dispiacere fino a quando, riacquisendo parte della lucidità perduta, spostò lo sguardo da terra alla grande vetrata che illuminava l'intera sala. Durò solo un secondo ma fu chiarissimo, dalla finestra della stanza più alta della seconda torre l'esile corpo di Catherine si librò nell'aria arrendendosi alla vita che questa volta era stata più forte di lei. In quel preciso istante Alexander riuscì a comprendere la verità nascosta dietro alle parole che gli erano state dette dalla donna che amava...

"Andarsene è facile, l'atrocità è dover restare."




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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 05, 2016 ⏰

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