Capitolo II

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Erano le sette del mattino. Le campane del Duomo suonavano, risvegliando la città. Ormai tutte le foglie erano cadute, gli alberi erano spogli. Era la stagione che possiamo definire inverno. I prati, i veicoli erano tutti brinati. I cristalli di ghiaccio ricoprivano ogni superficie ed era una sensazione a dire piacevole, anche se quel freddo mi pungeva nell'anima.

Vedevo salire all'orizzonte il sole. Era uno spettacolo. Il cielo era grigio, completamente grigio, ma al di sotto delle nuvole, e un po' all'interno, c'erano le sfumature del rosso, del giallo e del grigio . Era un emozione unica.

Il padre  si preparava per andare al lavoro, la madre era in cucina che preparava la colazione e Luke era disteso  sul letto . Stava guardando un punto fisso. Non muoveva le palpebre. Aveva gli occhi arrossati per lo stress della sera precedente, ma mi sembrava più tranquillo.

Dovevo manifestarmi in qualche modo. Decisi che mi sarei trasformato in un umano, perché dovete sapere che ero una voce, non avevo un corpo solo la parola.

"Bello vero? Cosa stai guardando?" chiesi io

Subito sembrava non ascoltarmi ma poi si rese conto che c'era realmente qualcuno nella stanza.

"Chi sei?" mi chiese Luke. Aveva un ciuffo ribelle. Era buffo. E me lo chiese con aria di sfida, quasi volesse urtarmi con un pugno. La mano in effetti era lì, li già pronta, ma appena parlai in qualche modo la rimise sotto la coperta.

"Non è importante che tu lo sappia. Sono un amico, si diciamo un amico. Ora hai bisogno di me, o in parte no, ma sono sicuro che ne avrai di più tra un paio di anni" iniziai io. Ebbene ragazzo qual è il motivo che ti affligge?"

"Come sei entrato?"

"Che ragazzo curioso" pensai.

"Dalla finestra!"

Poteva essere una spiegazione plausibile dal momento che la finestra era realmente aperta. Per far in modo che non mi chiedesse altro parlai io.

"Bella la tua camera"

Così dicendo mi misi ad osservarla attentamente: c'era una scrivania, con sopra un computer. Era spento. Al centro c'era un letto a una piazza e mezza. Le pareti erano decorate con quadri e note musicali. C'era, vicino alla finestra, un poster di Mozart.

"Ti piace la musica, vero?"

"Si, molto. Penso che sia la cosa più bella del mondo. Ma ai miei genitori non importa. Loro vogliono che io diventi un politico, come mio fratello Guido. Devo scegliere la mia scuola.. Ed ecco..."

"E ragazzo, adesso non raccontarmi queste cose le so già." Mi affrettai a bloccarlo, non volevo che ritornasse a urlare o a piangere.
"Quanti anni hai?" gli chiesi

"Quattordici"

"Bene". Guardai l'ora erano le sette e mezza. Luke doveva prepararsi per andare a scuola.

"Risolveremo questo problema,  ma ora vai a prepararti perché è tardi"

"Non ho voglia di andare a scuola. "

Mentre lui diceva quello, la madre bussò alla porta.

"Luke, sei sveglio, muoviti che devi andare a scuola"

"Si, mamma, ora vengo"

"Perfetto, muoviti solo che io devo andare al lavoro e accompagnare Guido alla stazione"

Guido, infatti, faceva l'università. Stava studiando per laurearsi in scienze politiche.

In questo momento non mi sembrava che ci fosse niente di anomalo. Luke rispondeva alla mamma, era arrabbiato, ma le voleva bene. Non era di certo colpa sua.

Mentre Luke andò a preparaesi io osservai attentamente ogni angolo della casa. In nessuna delle pareti c'era un quadro musicale, solo nella stanza di Luke ce ne erano. Neanche una nota. Neanche uno strumento musicale. Niente di niente.

Pensai che sarebbe stato difficile, molto difficile far cambiare idea ai genitori di Luke.

Aspettando Mozart [AGGIORNATO DAL PRIMO CAPITOLO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora