Capitolo 4: Lettera dall'oltretomba

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Una promessa è un contratto da mantenere

Il calore che si era accumulato durante la giornata, veniva ora disperso nell'aria notturna e questo rendeva la notte dell'estate Ivoriana non eccessivamente fredda anche su latitudini estreme.
Ron vestiva solo quel leggero cappotto color ramarro e la camicia sbottonata. Il berretto calato sul volto lo teneva seminascosto dalle telecamere delle vie periferiche. Era un ricercato ora, e doveva stare attento. Strinse le esili mani, e ripensò al vecchio London.
"Come ha fatto mia madre a innamorarsi di quel vecchio stronzo?"
Svoltò in un angolo semibuio. Era ormai vicino alla base camuffata del Quinto Porto. Si avvicinò ad una delle tubature di scolo, la cui immonda puzza di zolfo e di merda di Cedonte respingeva anche il più arduo speleologo. Sollevò l'umida grata rugginosa e il fetore invase le narici; era insopportabile, ma per fortuna Kaleb aveva avuto la brillante idea di nascondere, in un'alcova, delle mascherine al profumo di rosa, in modo da rendere piacevole la traversata delle fogne di Glowstor.
Afferrò la maschera, se la mise intorno al capo levandosi il berretto. Si sistemò i capelli e si guardò nello schermo del suo Datapad portatile, per cercare eventuali segni di colluttazione. Esmeralda non lo avrebbe mai perdonato per aver fatto a botte.
"Pestato e spintonato da un vecchio settantenne. Che vergogna."
Chiuse la grata, gettando un' ultima occhiata al vicolo. Non c'era nessuno, solo cassoni della spazzatura e qualche topocanguro che razzolava tra il sudicio.
L'ombra della grata calò, facendo sembrare che Ron fosse stato rinchiuso in una cella.
Dentro le fogne, l'umidità e i liquami rendevano l'atmosfera ancora più calda. Ron si tolse il cappotto e mise l'altra mano in tasca, cercando la moneta di rame che la madre Sarah gli aveva regalato prima di morire.
"Quanto vorrei che tu fossi qui con me mamma. Tu mi sapresti aiutare."
Ricordava con affetto Sarah, una madre che sapeva essere dolce, risoluta e dura allo stesso tempo. Una donna che aveva una mano calda per riscaldare il bambino dal freddo e una mando fredda per educarlo nel modo giusto. Lei sarebbe stata capace di convincere il vecchio London a unirsi a loro.
"Te l'ho promesso mamma, salverò l'umanità dalla schiavitù. Io mantengo sempre le promesse."
Continuò a camminare lungo i bordi delle fognature, dalla quale ogni tanto spuntava la bocca di qualche sauro marino, che con ferocia azzannava i piccoli topi canguro che sguazzavano nei liquami alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare.
Arrivò davanti all'entrata, coperta da assi d'acciaio disposte in modo piuttosto disordinato e inchiodate al muro fognario. Un cartello di pericolo biologico distraeva i coraggiosi avventurieri delle fogne a entrare in quel posto, Ron toccò appena il cartello e lo sollevò. Sotto vi era una maniglia.
La tirò e le assi di acciaio scivolarono lungo i bordi del muro, rivelando un piccolo passaggio ad imbuto che conduceva in profondità, verso una vecchia porta ovale risalente ai primi anni della fondazione di Glowstor. Quando le fogne dovevano ancora essere svuotate manualmente, senza l'ausilio di automi programmati.
La mansione di svuotatura spettava ai netturbini fognari, che stazionavano in quei piccoli rifugi sotterranei chiamati Alcoves, per diversi giorni. Il loro lavoro consisteva nello spostarsi come nomadi di rifugio in rifugio per pulire le diverse zone delle fogne dao residui solidi.
Ma la crescita del commercio di avorio, dovuto alla produzione di proiettili anti magnetici, aveva portato grande ricchezza alla colonia di Ivor. Questo aveva stimolato lo sviluppo tecnologico, e ora la mansione dei netturbini delle fogne spettava ai Manutentori, grandi robot cubici che aspiravano i liquami da una bocca, li pulivano, setacciavano e disintossicavano, per poi risputare acqua dalla bocca posteriore.
La scomparsa del lavoro umano, aveva portato anche alla scomparsa degli antichi bordi lungo i letti fognari, che venivano usati dai netturbini per spostarsi. Ora quesi marciapiedi erano stati sostituiti da binari, molto più stretti e molto più difficili da attraversare. E questo era un male per i ribelli di Ivor. Infatti non tutti potevano farsi vedere all'esterno, dati i loro precedenti penali, e il loro unico modo per spostarsi era lungo quegli antichi marciapiedi. Muoversi risultava molto più difficile. Kaleb, il tecnologo del gruppo, aveva proposto di usare i Manutentori per spostarsi, ma tutti gli automi, anche quelli più infimi come i pulitori di fogne, avevano non solo un chip di riconoscimento in grado di rintracciarli, ma erano anche corredati di microcamere ad alta risoluzione. Dunque quel metodo era stato abbandonato ancor prima che venisse testato, ma Kaleb non si arrendeva e quando Ron varcò la soglia di quella porta ovale, lo vide intento a studiare i circuiti dei droni netturbini.
- Come procede Kaleb?-
- Tutto apposto Ron.- Il saldatore scoppiettò, mentre la voce metallica del ragazzo indiano filtrava da oltre la maschera di ferro.
- Sto provando a ricreare una falsa copia di questi chip. Forse potremmo trovare un modo di muoverci attraverso i grandi tunnel. Sarebbe fantastico poter raggiungere le altre città.-
I Grandi Tunnel erano lunghissime gallerie completamente piene d liquami. Portavano da una città all'altra, solo i Manutentori potevano percorrerle, scorrendo su dei binari subacquei grazie alla propulsione di eliche d'acciaio alimentate da un motore atomico. Sfruttare quei tunnel sarebbe stato un buon modo di espandere la loro cellula ribelle, ma era praticamente impossibile. Ma Kaleb lavorava per rendere possibili le cose impossibili.
Si alzò la visiera della maschera, mettendo in mostra la sua carne mulatta e imperlata di sudore, i suoi baffetti brizzolati, il suo viso affilato e gli occhi verdi come muschio che scrutavano Ron da testa a piedi.
- E tu capo dove sei stato?-
In realtà Ron non era il capo, ma una specie di responsabile. Quello che si occupava un po' di tutto. Solo Kaleb si ostinava a chiamarlo così.
- A giro. A bere qualcosa.-
Kaleb, come tutti gli altri quattordici membri, non sapeva della sua missione.
Il tecnologo si levò la maschera, rivelando la sua capigliatura nera come la pece che disegnava intorno alla sua nuca un caschetto ordinato.
- Beh, anche io ho finito adesso e penso di andarmi a fare un goccio di Nitro.- Lo guardò male.
- Qui nella nostra tana, dove abbiamo tutti gli alcolici.- Continuò a fissarlo.
- Ok Kaleb. Cosa vuoi?-
- Dove sei stato veramente? Non pensare di mentire ad un Rawagien.-
I coloni di Rawagin, nello spazio di New Nevada erano conosciuti per la loro astuzia, la loro intuizione il loro senso degli affari. Quasi tutti divenivano ottimi brooker o impresari, tranne Kaleb che aveva deciso di intraprendere un'altra strada scappando dal proprio pianeta, il cui unico ricordo era un sacro amuleto rubato dal portagioie della madre. Un amuleto molto antico che portava al collo e che raffigurava un elefante azzurro con quattro braccia, e che ora Ron osservava per non incrociare gli occhi indagatori del ragazzo.
"Stasera gli elefanti ce l'hanno con me."
- Ero a cercare di convincere un mio amico ad unirsi a noi.-
- E questo tuo amico...-
- Io so chi è!-
Esmeralda entrò nella stanza con il suo datapad in mano. Ron era sorpreso di vederla ancora sveglia a quell'ora della notte.
- Tesoro mio.-
- Non chiamarmi così Ronald!- La ragazza, spalle larghe, viso rotondo, nasino all'insù, grandi occhi blu penetrante e capelli biondo platinati, lo fissava in collera. Raggiungeva a malapena il petto di Ron, ma in quel momento il ragazzino si fece piccolo piccolo nella sua camicia.
- Quanto pensavi di tenercelo nascosto?- E tirò un ceffone.
Kaleb si fece da parte. Quando Esmeralda si alterava, era piuttosto facile ricevere malrovesci anche se non si era in colpa.
- Cosa vuoi dire?- Ron si massaggiò la guancia.
- Di quest'uomo.- Indicò un file che aveva sul datapad, che ritraeva in bella vista la foto di London Andgraab e accanto tutti i suoi dati e la sua biografia.
- Di questo London Andgraab che potrebbe aiutarci. Perché non ce ne hai parlato?- Alla rabbia si sostituì un senso di inutilità. La ragazza si mise a sedere.
- Avremmo potuto aiutarti.-
- Nessuno poteva aiutarmi.- Si mise accanto a lei, carezzandole la schiena dolcemente. - Era una cosa che dovevo fare da solo.- Si chinò e la baciò sulla guancia.
- Noi siamo un gruppo Ron. E' inutile che continui a predicare la ribellione, se pensi di poter fare tutto da solo.-
- Per questo ero andato da lui.- Indicò la foto di Andgraab.
- Un vecchio?-
- Un vecchio che la sa lunga.-
Esmeralda lo guardò negli occhi, sapeva che di Ron poteva fidarsi, e il suo sguardo non lo tradiva. I bellissimi occhi castani del giovanotto, che l'avevano affascinata fin da subito, facevano da placebo per i suoi sentimenti tristi. Lo abbracciò e lo baciò sulla guancia.
- Scusa. Mi sarei dovuta fidare di te.-
- Scusami tu. Avrei dovuto dirtelo.-
Si tennero per mano.
- Ehm... Solo se volete, potreste dire anche a noi cosa intendete.- Disse Kaleb.

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