Capitolo 2

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Una volta usciti dal Red Fire siamo entrati in altri tre negozi, il che ci ha impegnati per un paio d'ore circa.

"L'unico ad averti dato qualche speranza è stato il primo negozio. Gli altri ti guardavano dalla testa ai piedi come fossi una barbona in un centro benessere." dice James con voce schifata verso i proprietari di quei negozi.

"Già, ma nel caso dovrebbero chiamarmi dovrò sottostare a ciò che dicono." mi volto verso di lui con una scrollata di spalle.

Detto questo entriamo in macchina per dirigerci di nuovo a casa. Spero che mio padre non faccia altre scenate come quella di ieri sera altrimenti non so se riuscirò a trattenermi dal piangere; non mi va che una persona mi gridi in faccia perché la scena termina sempre con me che piango per il nervosismo chiusa in camera mia, e io odio piangere, l'ho odiato nel momento in cui era l'unica cosa che facevo durante le giornate buie di qualche anno fa. Mi sono ripromessa che mai più avrei permesso a qualcuno di farmi piangere, tanto meno mio padre con quel carattere di merda che si ritrova.

"A che ora hai il primo corso?" chiedo a James mentre lo vedo prendere le chiavi dalla tasca interna del giubbotto.

"Alle 15 ho appuntamento con un mio amico al bar all'angolo prima di andare all'università, quindi vado via qualche minuto prima, perché?" mi chiede entrando in casa. Nel salotto non c'è nessuno; la TV è spenta e non si sentono rumori provenienti dalla cucina. A quanto pare pranzeremo da soli oggi..

"Semplice curiosità, fratellone." gli sorrido e poi vado in cucina per cercare di organizzare un pranzo veloce ma buono. Sento i suoi passi dietro di me e mi volto per poi vederlo appoggiato al tavolo.

"Se parliamo di te non ti tratta mai di semplice curiosità." cerca di imitare il mio tono sulle ultime due parole alzando il lato sinistro delle labbra in un sorriso davvero stupido, fallendo miseramente.

"Dio, smettila di fare quella cosa con la bocca. Sei inquietante!" scoppio a ridere andando davanti a lui per coprirgli la bocca con una mano e toccandomi la pancia con l'altra cercando di alleviare il dolore per le troppe risate.

Lui in tutta risposta mi lecca la mano da cima a fondo come farebbe un bambino con un perfetto lecca lecca. Emetto un lamento di disgusto e poi mi pulisco su di lui.

"Fai davvero schifo Niall!" uso il suo primo nome sapendo benissimo che effetto ha su di lui.

"Non avresti dovuto piccola stronza, non avresti dovuto." comincia a camminare a passi lenti verso di me, e se avessi la possibilità di guardare la scena da fuori direi che lui è un serial killer e io la sua preda preferita.

Prima che lui riesca a prendermi comincio a scappare nella direzione opposta trovandomi in salotto dietro al divano. Lui fa in fretta a raggiungermi e con uno scatto veloce fa un salto prendendomi al volo dalla felpa che indosso facendoci cadere entrambi. 

"Ti stanno bene i capelli così Niall." e scoppio a ridere di nuovo sapendo benissimo che la posizione in cui ci troviamo non mi aiuta per niente. Infilo la mano tra i suoi capelli e glie li scompiglio ancora di più; tanto vale giocarsela.

"Sai invece a te cosa starebbe bene?" mi domanda con quel sorrisetto furbo di chi la sa lunga. "Una bella calotta calva!" mi scoppia a ridere in faccia facendomi finire sputi di saliva su tutto il viso.

"James sei davvero disgustoso!" lo insulto togliendomelo di dosso e pulendomi la faccia su di lui come ho fatto prima con la mano. Detto questo mi dirigo di nuovo in cucina con la sua fantastica risata in sottofondo.

"E comunque ti voglio bene." urlo affinché mi possa sentire, e un veloce "lo so" mi fa capire che ha sentito eccome.

Non può sul serio passarla liscia, insomma, mi ha leccato la mano e mi ha sputato in faccia la sua disgustosa saliva, e una persona non può cavarsela così. Decido quindi che una divertente vendetta sia la scelta giusta da prendere ora come ora; apro la dispensa e ne tirò fuori un pacco di farina e poi successivamente il frigo per prendere un uovo.

"James aiutami!" grido affinché mi senta, faccio un rumore assordante sbattendo un utensile di legno contro il retro di una padella per far credere a quell'ingenuo del mio fratellone che mi sono fatta male. Adesso sarò io a ridere. Lo sento correre nella mia direzione e io nel frattempo mi nascondo dietro la porta per sorprenderlo.

"Chris, che succede?!" il tono allarmato quasi mi fa scoppiare in una fragorosa risata facendomi scoprire ma metto una mano davanti alla bocca costringendomi a trattenermi. Lui si guarda intorno con un'aria confusa non trovandomi in cucina. Io mi avvicino in modo silenzioso ma veloce; gli spacco l'uovo in testa e gli scaravento la farina nello stesso posto e rimango lì per godermi la sua aria a dir poco sconvolta. Gli occhi per poco non gli escono dalle orbite, il viso rosso dalla rabbia, i pugni stretti lungo i fianchi e per finire i capelli che sembrano ci sia appena esplosa una pasticceria sopra. Pagherei oro per vedere questa scena ancora e ancora e ancora.
Ma il divertimento non dura molto perché lui, dopo un primo momento di shock, si gira verso di me con una tale lentezza da mettere i brividi. Ho già detto che lui sembra un killer e io la sua preda? Bene, perché è quella l'idea che adesso ho di lui.

"Christina Grace Horan, sei finita in un mare di guai." la sua voce gelida, e giuro che se non lo conoscessi così bene direi che sta per uccidermi. Ho quasi paura, quasi, però poi ricordo che lui è Niall James Horan e che non farebbe male neanche ad una mosca, dico sul serio. Una volta l'ha intrappolata sul piano della cucina in un bicchiere per poi lasciarla libera fuori dalla finestra affermando che la vita è preziosa anche quando si parla di un insignificante insetto di merda, quale la mosca.

"Oh andiamo James, sappiamo entrambi che quello che hai in testa è un ottimo balsamo per i tuoi già favolosi capelli!" la butto sul ridere perché proprio non riesco a trattenere il ghigno che si forma sul mio viso, e sono sicura che somiglia tanto a quello che ha fatto lui poco prima di avermi leccato la mano.

"Ah sì? Beh allora non ti dispiacerà aver un po' di questo balsamo anche sui tuoi già favolosi capelli." mi sorride in modo sinistro usando le stesse parole che ho usato io contro di lui. Brutto stronzo, è in queste situazioni che si capisce che siamo fratelli.

"Non oseresti!" dico spalancando gli occhi e alzando una mano fra di noi per cercare di avere quanto più spazio possibile fra i nostri corpi. Inutile dire che in un millesimo di secondo me lo trovo di nuovo addosso che strofina la testa ovunque riesca ad avere un contatto con me, ovvero spalle, guancia, seno e stomaco. Sembra quasi un contorsionista. Mi arrendo non riuscendo più ad allontanarlo quindi cerco solo di non farmi sporcare ulteriormente.

Tutto cambia nel momento in cui entra mio padre con un'aria afflitta e con una sola frase riesce a fermare le nostri azioni.

"Dobbiamo parlare."

Illusion |H.S.|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora