Si era seduta sul letto, sfinita da un'altra giornata di lavoro. Non ne poteva più. Non era sdraiata, era seduta. La schiena le faceva male ma poco le importava, era troppo impegnata, a piangere. Perché? Boh. Tutto e niente. Se ci pensate queste due parole hanno un significato davvero davvero simile. Ora vi farò una domanda "Cosa c'è che non va?" le risposte saranno due.
Tutto, non va tutto. Come a dire che non c'è niente che vada per il verso giusto nel nostro tutto.
Niente, non va niente. Come a dire che tutto stia andando male, e quindi, del nostro tutto, non vada niente.
Sono due parole che rappresentano gli opposti, ma che usati in certi contesti, sono uguali. Per questo piangeva. Perché il suo tutto, era se stessa, non aveva altro, e nel suo tutto, non stava andando niente. Per questo piangeva, per tutto e niente.
Dio, che casino. Lei era un casino, ciò che la circondava era un casino. Tutto era un casino. Bah. Odiava tutti, tutti. Nessuno escluso, nemmeno se stessa, nemmeno le persone che in realtà amava di più un tempo. Odiava, perché probabilmente era la cosa più semplice da fare, perché diciamocelo, odiare è molto ma molto più facile di amare, farsi amare. L'odio si sopporta più facilmente, ci fa da scudo. Beh, lei aveva uno scudo potentissimo.
Così, per colpa dello scudo, aveva visto la vita scivolarle fuori dagli occhi. Aveva perso il controllo di se stessa. Ora -si disse- devo riprendermi.
Si era decisa. Forse. Avrebbe fatto di tutto pur di avere il controllo su qualcosa, qualcosa che voleva davvero.
Passavano i giorni lei piangeva, si disperava. Era persa. Ma voleva combattere. Voleva vincere. Non si sarebbe arresa. Assolutamente no. Non riusciva più a fare qualcosa che volesse davvero, che le piacesse, che le desse sollievo, e respiro. Okay, forse qualcosa c'era. Non volevo arrivare a questa parte della storia, proprio no. Purtroppo è inevitabile.
Ricordo ancora, quando stavo rincasando dopo una passeggiata di rilfessione quella sera. Quando vidi un'ambulanza, ai pressi del grattacielo dove abito, o meglio, dove ho abitato. C'erano paramedici ovunque. Mi avvicinai per vedere cosa fosse successo.
"Sesso?"iniziò a chiedere un'agente di polizia ad un paramedico.
"Donna"
"Età?"
"20"
"Capelli?"
"Neri."
Mi avvicinai.. perché nessuno mi allontanava?
Una donna, con una pistola in mano, un foro all'altezza del cuore, e parecchio tumefatta, giaceva in una posizione innaturale e contorta, con un sorriso inquetante e soddisfatto sul volto. Era familiare... che fosse una delle troppe persone che abitano lì? Magari l'ho solo incrociata una volta."Occhi?" proseguì il poliziotto. Non ci avevo ancora guardato, sinceramente. Li fissai. Erani inquetanti. Tropoo. Sapevano di "Morte. Questa donna ha gli occhi color morte" completò la frase il paramedico.
Mi vennero i brividi solo a pensarci.
Perché nessuno mi allontanava?
Alzai lo sguardo, ma davanti a me vidi solo una vetrata ed il mio riflesso. Mi guardai, ripensai agli occhi di quella donna, e guardai i miei. Allora capii, non mi allontanavano, perché erano miei, quegli occhi color morte.