Sono stanca, molto stanca.
Apro gli occhi ma vedo solo il buio, allora provo con la bocca ma c'e qualcosa che non va, sono bloccata. Anzi, peggio, immobilizzata.
Sono seduta su una sedia con le braccia legate dietro la schiena.
Provo a gridare ma la voce è attutita dalla stoffa.
Il buio gira, da un momento all'altro sarei caduta a terra se non la smetteva subito.
<<ciao bambina>>
Quella voce.. me la sono immaginata? Oh oh quà qualcuno sta impazzendo.
Inizio a ridere finchè la benda si leva via dagli occhi magicamente.
La luce è forte, voglio il buio!
<<cosa c'è di tanto divertente?>>
Mi prese il mento e me lo alzò non troppo delicatamente.
Socchiusi gli occhi quel tanto che bastava per vedere i contorni di un viso.
Vertigine. Vacillo, ho la nausea.
Voglio dormire.
<<non puoi dormire bambina>>
Oddio mi legge nella mente. Un mostro. Un mostro telepatico.
Rido, sarebbe simpatico, magari ha un occhio solo.
<<okay, non ho tutto il tempo del mondo. Forse ho esagerato con la droga, vediamo se con l'acqua ti riprendi>>
Mi lascia il viso, ho la testa troppo pesante, forse dovrei rasarmi per alleggerirla, intanto la poso un attimo sulla spalla.
Buio. Freddo. Bagnato.
Apro gli occhi di scatto, ho la faccia bagnata, sta gocciolando. Mi sto sciogliendo. Grido.
Dolore. Ho la guancia in fiamme e la testa girata a sinistra, mi fanno male le braccia, sono stanca. Buio.

<<bambina, svegliati bambina>>
Apro gli occhi, sento puzza di vomito, quella voce.. la sua voce.
Non so come ha fatto ad entrare in casa, ma per ora poco importa. Sono legata su una cazzo di sedia  e davanti ho il mio peggior incubo.
<<fallo>>
Mi guarda sorpreso, poi scoppia in una risata sgradevole quanto il suo aspetto.
Esce un coltello dalla tasca dei jeans e inizia a giocarci come se stesse pensando a qualcosa di importante.
<<fare cosa bambina?>>
<<uccidimi pure, puoi metterti l'anima in pace se ti pregherò un altra volta. Per me sei solo un vecchio fuori di te..>>
Mi interruppe con uno schiaffo in pieno viso. In bocca iniziai a sentire sapore di ruggine, così ne approfittai e gli sputai il sangue sulle scarpe.
<<non mi fai più paura>> riuscì a dire prima di essere presa per la gola.
<<oh, no bambina, io non voglio che tu abbia paura. Io voglio rovinarti come tu hai fatto con me>>
Iniziava a mancarmi sempre di più l'aria ma non mi arresi, riuscì a fare una risata strozzata e lui mi lasciò andare. Cominciai a boccheggiare in cerca di quanta più aria possibile.
<<non puoi rovinare qualcosa che è già distrutto>>
<<oh, bambina mia. Tu non sai cosa significa essere distrutti, la tua vita è andata avanti, ti sei trasferita e conosciuto nuova gente non sei stata rinchiusa in un cella per dieci lunghissimi anni>>
Sapevo che dovevo stare zitta, ero sul filo di un rasoio, un passo falso e mi uccideva. Ma non era più nella mia natura subire senza fare niente, preferivo mille volte la morte che mostrarmi debole un altra volta di fronte a lui. Perciò saltai.
<<se fossi stata io il giudice ti avrei dato l'ergastolo, in una cella isolata, almeno saresti stato solo con la tua pazzia e non quì a rompere i coglioni a me>>
La sua espressione divenne di fuoco, sul collo gli si gonfiò una vena. Alzò il coltello in aria e io chiusi gli occhi felice di non rivederlo mai più, ma il colpo non arrivò mai.
Suonarono al campanello.
<<Dana so che sei li dentro! Apri subito è da due giorni che sei rinchiusa in casa, ricordati che ho la copia delle tue chiavi perciò conto fino a cinque>>
<<a quanto pare la fortuna non ti ha ancora abbandonata. La tua amica si chiama Cindy giusto?>>
Non risposi ma ebbi un brutto presentimento in cui me lo confermò quando sorrise. Poi scese i gradini che portano al garage.
Restai un attimo senza parole e m'invase il panico.
<<Cindy! Apriti da sola, veloce, e ridammi quelle cazzo di chiavi>>
Entrò e sentì che stava andando nell'altra stanza.
<<sono nel sottoscala, vieni>>
<<che ci fai li sotto?>>
Quando girò l'angolo aveva le chiavi che faceva ciondolare su un dito, ma appena mi vide si bloccò e solo dopo qualche istante venne a liberarmi.
Poi mi abbracciò e mi esaminò tutto il viso mentre mi trascinava in bagno a prendere il disinfettante.
La cosa strana è che non parlò, dovrei esserne felice, ma la cosa mi mise solamente più a disagio.
Dopo che Cindy se ne andò scesi in garage e notai che la piccola finestra che dava sul retro della casa era socchiusa.
La sigillai e gli misi davanti una scatola pesante con un vaso di vetro sopra, così se provavano ad aprirla il vaso sarebbe caduto avvertendomi che stavano cercando di entrare.
Mi feci una doccia levandomi di dosso tutto il vomito e sangue e guardai l'ora nel cellulare, ma la cosa che mi scioccò era il giorno. Ero rientrata dall'ospedale il venticinque agosto e oggi era il ventisette.
Mi assalì il panico a pensare a cosa avrebbe potuto farmi mentre ero senza sensi. Per fortuna il suo scopo è distruggermi.
Bè che si faccia pure sotto!
Uscì di casa che erano le sette di sera e andai in palestra, per mia fortuna era quasi vuota e passai inosservata.
Almeno finchè non entrai, tessa era dietro la sua scrivania come sempre e appena mi vide diventò bianca, così la salutai solo con un cenno e tirai dritto alla sala da box.
<< finalmente! Pensavo fossi morta>>
Lanciai un gridolino e mi girai a guardarlo malissimo, ma lui non se ne accorse perchè era troppo impegnato a guardarmi i lividi sullo zigomo destro e poi mi posò le dita sul labbro gonfio.
Il suo tocco era delicatissimo, al punto che faceva impressione tanta dolcezza da un  uomo come lui.
<<chi è stato?>>
Distolsi lo sguardo e feci un passo indietro mettendo più spazio possibile.
<<sono caduta dalle scale>>
Risposi, ma sapevo che Vincent non era così stupido.
<<è la scusa più vecchia del mondo e lo sai>>
Avevo una voglia matta di dirgli la veritá, ma non potevo per tutti i possibili motivi del mondo tra qui che non lo conoscevo per niente.
Ma solo averci pensato mi fece venire una paura matta.
<<sai, la seconda volta che ci siamo incontrati mi hai detto che tu non mentivi, e io ci ho creduto, mi stai dicendo che di te non ci si può fidare?>>
Volevo gridare per la frustazione, chiedergli perdono per aver mentito, ma soprattutto volevo uscire da quella conversazione.
Guardai i guanti che mi chiamavano e riflettei seriamente a cosa rispondere. Ma alla fine vinse la mia testardaggine.
<<già, è quello che sto dicendo>>

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