PROLOGO

114 12 3
                                    

Al tempo dell'Imperatore Abrahel, il bosco di Cariaam era situato al centro delle terre di Dreeman. Era un luogo pressoché perfetto: ospitale, magico e in un precario, quanto delicato, equilibrio tra distruzione e creazione. Esseri straordinari lo popolavano e la magia scorreva dalla Madre Terra alla Natura e ad ognuno dei suoi abitanti, umani e non. Almeno finché anche la pace regnò in tutto il continente.

Dalle Cronache di Barlaam


Il primo elemento visibile entrando nella radura, nascosta al centro del bosco di Cariaam, era la luce. Una luce forte e bianca che filtrava attraverso i rami intricati e le foglie scintillanti delle querce, mosse dalla brezza primaverile. Essa lambiva i petali dei fiori, la superficie delle pietre ancora inumidite dalla rugiada del mattino, e l'erba, fresca come l'aria che si respirava.

Un mago dalla tonaca nera si avvicinò a quel luogo incontaminato, recitando una litania che pareva non aver fine. Tra le mani reggeva un bozzolo, racchiudente una piccola sfera luminosa. Aveva il passo stanco, come se avesse camminato a lungo. Le parole gli uscivano dalla bocca con sempre maggior fatica e nuove rughe apparvero sul suo volto provato: la sua energia vitale stava fluendo all'essere di sua creazione perché non morisse.

Solo grazie alla forza di volontà raggiunse il centro della radura, il punto più luminoso. Si accasciò in ginocchio sul prato e avvicinò il bozzolo al terreno, nella speranza che attecchisse come prestabilito.

Dopo qualche istante di lacerante attesa, il legame tra creatura e creatore si interruppe. L'uomo poté tornare a respirare in modo regolare e si allontanò di qualche metro dal punto di innesto. Dovendo recuperare le forze, indispensabili per erigere le barriere di protezione, pose le mani a terra, da cui avrebbe assorbito l'energia, e ripeté a mente l'incantesimo necessario. Odiava sin dal profondo sé stesso, sia per quanto era stato costretto a creare, sia per la magia che stava per praticare pur di non morire.

L'intera area attorno a lui avvizzì finché non scomparve ogni forma di vita. Il vento portò via i neri resti, mentre il mago recuperava il suo aspetto originale: ricci capelli neri, pelle ambrata e occhi color del muschio, su un viso sofferente e disgustato dalle conseguenze delle sue scelte sbagliate.

Carico di potere, si avvicinò al bozzolo e lo osservò pulsare: aveva iniziato a nutrirsi della Natura circostante, portandola a perire in modo lento. In pochi mesi avrebbe raggiunto la forma finale. Per non aggiungere dolore al dolore, non aveva osato calcolare il raggio di distruzione che avrebbe potuto generare. Sperò solo non arrivasse fino all'area abitata del maniero o ad uno dei villaggi circostanti.

Mentre il mago preparava le barriere, l'aria si riscaldò e portò con sé l'odore dell'erba in decomposizione. Ogni suono scomparve per chilometri: l'equilibrio era stato alterato in modo irreparabile e presto ne avrebbero scoperto le conseguenze.

A terra, una volta uscito dalla protezione più ristretta, lasciò il proprio segno, in modo tale che solo lui potesse attraversarla fino al momento della completa maturazione della sua creatura. Niente e nessuno doveva avvicinarlesi.

"Addio, Caterina" pensò, volgendo le spalle alla radura.

Una fitta di dolore gli attraversò il petto. Si sorresse al tronco di un albero, trattenendo a stento le lacrime amare che spingevano con forza per liberarsi.

Ormai non poteva modificare il passato, ma solo emendare le sue colpe nel prossimo futuro. Ringraziò la sorte che sua sorella fosse morta anni prima e non potesse vedere quanto era accaduto a causa delle sue idee, sempre che il suo spirito non aleggiasse ancora attraverso quelle terre.

SoullessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora