The Burden (Interlude)

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Non avevo la minima idea di quando mi fossero spuntate le piume di pece, forse era passato un secolo, forse un secondo, ma non faceva troppa differenza; una volta che ci hai fatto l'abitudine è come se ce le avessi da sempre... trascinare il corpo era ormai diventato ordinario e schifosamente facile. Una corona ormai incrinata e arrugginita si ergeva sulla mia testa con fierezza da estinto: un cimelio abbandonato e orfano di famiglia. Infine cosa mi rimaneva di concreto?
Gli atrigli? Si erano consumati a furia di rimanere aggrappato alla mia verità e per quanto riguarda le ali... erano rimaste spezzate in ogni legamento; il peso si accumulava ogni giorno su questo manto rovinato; piume o pece non importa più, ormai sono quasi faccia a terra. Dicono che l'uomo ambisca a ciò che non riesce a realizzare e che pur di riuscire ad ottenerlo rimarrebbe appeso a una certezza sottile come un filo di ragnatela; a me non restava che camminare per la strada opposta, vagando con occhi spenti ed insignificanti, attendendo che qualcosa succeda e che quel qualcosa venga ignorato dal mio mancato soffio vitale. Qualcuno peró, dicasi Dio o fato, decise per me una strada maggiormente lastricata lasciandomi l'ultimo dono del corvo: gli occhi. Era come se ti ordinassero di uccidere una persona a te cara e di guardare mentre lo fai: STRAZIANTE. Perchè era toccato a me quel dono? Perchè non ho perso questo insieme agli altri? Perchè ero costretto a vedere tutti quei sorrisi e quella felicità alla quale non avevo più accesso? L'unico sorriso che mi rimaneva era quello mosso dalla follia. Ad essere crudele non è solo il corvo...

-selezionare il lettore musicale
-indossare gli auricolari
-alzare il volume al massimo

Seguendo questi movimenti ormai meccanici inizavo l'ennesima mattinata. Guardandomi allo specchio dopo aver selezionato un brano notai un leggero bagliore digitale provenire dalle pupille e schioccando la lingua procedetti a mettermi le scarpe per uscire di casa; nella mia testa si generò un pensiero talmente usato da essere logoro:
"Che rottura"
Oggi ricominciava l'anno scolastico. Il liceo al quale mi ero iscritto e verso il quale procedevo era nella città in cui abitavo perciò lo raggiungevo a piedi; l'avevo scelto solamente per quel motivo e ci andavo praticamente per non stare in casa e per ammazzare il tempo in un modo o nell'altro. Normalmente si va in un istituto del genere per assicurarsi un futuro nel quale mantenersi e fare successo, ma del futuro non è che mi importi molto.
Passando per il parco cittadino una fresca brezza mi accarezzò il viso, ormai era già autunno inoltrato e solo dopo essermi tolto un auricolare mi accorsi dello scricchiolio delle foglie sotto i miei piedi. Il freddo, gli alberi spogli, la fioca luce del sole che cominciava a subire la stagione secca. Qualcuno potrebbe pensare a uno scenario triste se descritto così; ma il mio "dono" mi impone di osservare ogni minimo dettaglio e interpretarlo in modi diversi, senza mancare una singola sfumatura di significato. Tutto era tinto di colori assonnati e vari, mischiati in maniera caotica ma con criterio, come la tela di un pittore alle prime armi: distratto ma fortunato. La sola immagine di tale artista scaldò quel che rimaneva del mio cuore con le sue goffe pennellate. Il pensiero che tale passaggio fosse applicabile anche al genere umano mi fece un ribrezzo tale da dissolvere la mia immaginazione e riportare gli occhi a terra, inchiodati sulla strada.

Storia Di Un Corvo A Cui Spuntarono Piume BiancheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora