• Capitolo tre •

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Buio.
Tutto quello che Abigail poteva vedere era il buio, l'oscurità, le tenebre.
Quando lentamente aprì i suoi occhioni color nebbia, la situazione non migliorò.

All'inizio non realizzò immediatamente che cosa fosse successo, le sembrò di essere nel suo letto, in camera con il suo caldo e soffice pigiama a cuoricini.
Ma appena si mosse leggermente, sentì delle robuste corde sfregarle dolorosamente le caviglie nude e i polsi e fu lì che le crollò il mondo addosso.

Come se fosse un fiume in piena, una valanga di ricordi le affollarono la mente: la festa, la strada deserta, l'auto, la paura, l'uomo e infine il rapimento.

Abigail sopraffatta dal panico e dal terrore tentò di urlare, ma qualcosa di appiccicoso e resistente le teneva le carnose e rosee labbra ben serrate tra di loro: nastro adesivo.
Il suo piccolo cuoricino batteva sempre più veloce, tanto che la ragazza ebbe timore di entrare in iper ventilazione.
Iniziò, così, a scalciare a dimenarsi.

Tentò perfino di mettersi seduta, ma ciò provocò un urto e una forte fitta quando la testa di Abigail entrò in collisione con uno strato duro e terribilmente spesso.
Non le ci volle molto a capire di essere nel bagagliaio di un'auto, ne ebbe la piena conferma quando sentì lo stridio di gomme sulla ghiaia.
Completamente svuotata di ogni emozione la giovane donna lasciò che delle calde lacrime le rotolassero giù per le guance.

Il gracile corpo fu scosso da violenti brividi al sol pensiero di ciò che quell'uomo volesse farle.
Forse era un pazzo, sadico, psicopatico scappato dall'ospedale psichiatrico che si divertiva a torturare le persone, o magari era solo un uomo disperato che aveva bisogno di soldi, pronto a commettere atti folli pur di averli o, peggio dei precedenti, era un maniaco che l'avrebbe violentata per tutta la notte per poi ucciderla e abbandonare il suo corpicino nudo e sgualcito in un campo.

D'un tratto la corsa della macchina si arrestò e il motore si spense.
Abigail rimase ferma immobile con gli occhi che saettavano da una parte all'altra.
Dei tonfi decisi sulla ghiaia risuonarono nitidi nella notte silenziosa e si fermarono proprio davanti al bagagliaio, aprendolo.
Una luce accecante investì la ragazza in pieno viso che fu costretta a battere ripetute volte le lunghe e nere ciglia.

La forte luce bianca passò poi in rassegna il suo corpo soffermandosi un momento di troppo sulle gambe e sul seno.

In un secondo momento una grossa mano, indubbiamente maschile, afferrò Abigail per un debole braccio e la tirò su, mettendola a sedere con le gambe a penzoloni.
Una gelida folata di vento si abbatté con prepotenza sulla sua pelle scoperta facendole battere i denti e venire la pelle d'oca.
Pochi minuti più tardi si accorse che la luce che l'aveva accecata, alcuni attimi prima, proveniva da un telefonino.

L'uomo senza darle tempo per escogitare una via di fuga, la prese per i fianchi e le fece toccare terra con i piedi nudi.
Probabilmente le aveva tolto anche le scarpe oltre che la giacca e la borsa.

Con una leggera spinta l'individuo la spronò ad avanzare verso una casa in legno a due piani, né troppo grande né troppo piccola.
Un senso di vuoto le attorcigliò lo stomaco, era come se sapesse che una volta entrata lì dentro non ne sarebbe uscita mai più.
La ragazza quindi iniziò ad agitarsi a ribellarsi, l'uomo però strinse di più la presa sul suo braccio scavando con le sottili e lunghe dita nella pelle morbida e delicata.

Un un suono incomprensibile, probabilmente una supplica di aiuto, tentò disperatamente di lasciare le labbra della ragazza, ma non ebbe l'effetto sperato perché la persona dietro di lei ringhiò sonoramente mentre continuava a spingerla.
La ragazza non ne volle proprio sapere di continuare ad avanzare e puntò i talloni nella ghiaia, sbucciandoseli.

A Maniac Stalker || Harry StylesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora