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"Cosa?" Sgrana gli occhi togliendomi quello che forse era il quinto bicchiere che bevevo. "Mi stai dicendo che ti sei fatta 4 ore di treno da Boston a New York tutta sola in piena notte?"
"Si." Deglutisco il poco liquido che mi era rimasto in bocca.
"Sei forse pazza?!" Esclama lui anche se più che preoccupato mi sembrava divertito.
"No." Mi limito a fare spallucce ed ignorare il riccio.
Mi fissa, come se quella risposta non gli fosse bastata.
"Hai mai pensato di andare via e non tornare mai più? Scappare e far perdere ogni tua traccia, andare in un posto lontano e ricominciare a vivere, una vita nuova, solo tua, viverla davvero. Ci hai mai pensato?" Lo fisso quasi con le lacrime agli occhi.
"Sai, chi scappa da tutti, ha solo bisogno di essere fermato da qualcuno." Mi tira una pacca sulla spalla e prende qualche dollaro dal portafoglio gettandolo sul bancone.
"Hai un posto dove stare?" Si passa una mano tra i capelli.
Lo fisso per un attimo e muovo la testa in segno di negazione, dopo di che seguo il riccio dentro la sua auto.

"Benvenuta nella mia umile dimora." Dice lui entrando subito dopo di me lanciando le chiavi dell'auto sul tavolino di vetro in mezzo alla stanza.
Quello che vedo è a dir poco strabiliante. Un divano di velluto nero alla mia destra tra il tavolino e la tv. In fondo alla stanza c'è un piano forte nero che rende tutto ciò di classe. Una scalinata a chiocciola invade il resto dello spazio rimasto a disposizione.
"Sei ricco?" Mi esce spontanea la domanda. "Scusa, non volevo essere così rude." Mi metto la mano davanti alla bocca per la vergogna.
"Tranquilla." Ride. "Comunque si, abbastanza." Mi sorride.
Dondolo sui piedi continuando ad osservare il resto della casa.
"Mi prometti una cosa?" Mi ferma il riccio prima di mettere i piedi sul primo scalino che mi avrebbe portato al piano superiore.
"Certo." Mi volto verso di lui.
"Domani torna a casa." Ha le labbra serrate e io lo fisso stranita.
"D'accordo." Sussurro.
"Comunque io mi chiamo Harry." Mi porge la mano.
"Io sono Catastrophe." Gliela stringo sorridendo.
É il primo che non mi ha chiesto il perché del mio nome così bizzarro, questa cosa mi ha stranita.
Dopo pochi minuti Harry mi mostra la mia stanza, è tutta bianca con un muro nero e le lenzuola che richiamano tutte le sue sfumature.
"Grazie per quello che stai facendo per me." Gli sorriso e gli do la buonanotte, appena poggio la guancia sul cuscino mi addormento.

"Buongiorno cara." Sento la sua voce profonda entrarmi dentro, mi strofino gli occhi e dopo qualche sbadiglio riesco a tirarmi su.
Il riccio è davanti a me con un vassoio, sopra ci sono due brioches e una spremuta d'arancia.
"Spero siano di tuo gradimento." Mi sorride.
"Harry, non dovevi scomodarti." Mi nascondo tra le lenzuola.
"Mangia, ci aspetta un lungo viaggio." Mi lascia il cibo e scompare.
Decido di chiamare mia madre, in totale avevo più di cento chiamate perse da parte della mia famiglia. Allora si sono accorti della mia mancanza?
"Mamma?" Sussurro quasi con timore.
"Dio santo Catastrophe! Stai bene? Dove sei? Che fine hai fatto?"
Mi ha fatto così tante domande, non riuscivo a parlare che la sua voce mi sorpassava.
Restai al telefono con lei per dieci minuti pieni, non riuscivo a calmarla.
"Harry." Richiamo la sua attenzione una volta arrivata al piano di sotto.
È appoggiato al pianoforte, in piedi, suona qualche nota a caso in modo scorretto e malinconico. Non si è neanche accorto della mia presenza.
"Tutto bene?" Chiedo intimorita avvicinandomi di più a lui.
Si volta di scatto, quasi spaventato, mi sorride e prende le chiavi della sua auto.
"Andiamo."

Catastrophe.{h.s}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora