Capitolo 9

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E così ancora una volta mi ritrovai incastrata in qualcosa che non mi piaceva per niente.
- Sembri un ananas- Ale si appoggiò alla parete del camerino per non cadere, letteralmente piegato in due dalle risate.
-Okay ho capito niente tubino giallo, ma smettila di ridere come un deficiente- irritata, richiusi la tendina e scartai un altro abito.
Mi girava la testa, ero esausta. Non ero tagliata per i negozi e tanto meno per le boutique. Avrei dovuto comprare solo un appartamento, una giornata tranquilla, si era trasformata in un vero e proprio inferno.
Sistemai per l'ennesima volta la scollatura e scostai la tenda.
-Ale sono stufa, se ti piace questo bene, altrimenti lo compro lo stesso e me ne ritorno a casa- sbuffai per poi accorgermi che non mi degnava della minima attenzione.
-No, non mi piace- commentò annoiato fissando qualche giochino sul suo cellulare
-Ma se nemmeno l'hai guardato! -
bloccò lo schermo e alzò lo sguardo. Mi squadró per poi alzare gli occhi al cielo
- Visto lo sapevo che faceva schifo. Sembra che tu faccia di tutto per renderti orribile, sei un insulto a tutte le donne di classe-
- Non ti sopporto! - rientrai nel camerino e mi tolsi anche quel vestito. - Sul serio ti odio, perché sei sempre così fastidioso?-non mi resi conto di star parlando a voce alta. Delle piccole bozze di lacrime iniziarono a formarsi, le asciugai in fretta maledicendomi mentalmente
- Eppure dovresti aver imparato ormai-

-Già, lo pensavo anch'io-
Mi girai di scatto ed incontrai i suoi occhi. Teneva tra le mani la stoffa della tenda lasciando solamente una piccola apertura, quel tanto che bastava per guardarmi. Ritrovai in fretta un po ' di stabilità nella voce
- Chiudi immediatamente!-
Non si fece ingannare
- Pensavo ormai avessi capito quando scherzo e quando sono serio-
-

Non vedi che sono senza vestiti!- una donna già avanti con gli anni si fermò a guardarci.

- Tutto a posto- Ale le rivolse uno dei suoi sorrisi migliori prima di entrare nel camerino e isolarci dagli altri clienti.
- Oh avanti...- mi attaccai alla parete di cartongesso con tutto il corpo. Alzai la testa verso l'alto e lasciai scorrere le lacrime - Perché proprio tu, con sette miliardi di persone, perché tu?- potevo sentire il suo petto alzarsi ed abbassarsi regolarmente ad ogni respiro tanto eravamo vicini. Non osavo guardarlo, sapevo che sarebbe stata la peggiore delle torture.

- Chiamalo destino- rise leggermente per poi passare la sua mano tra i miei capelli, fin dietro la nuca. - Bella perché riesco solo a farti piangere?- la sua voce si era inclinata in un tono talmente serio da costringermi a guardarlo. Per la prima volta pensai che fosse bello, anzi magnifico. Passai in rassegna ogni centimetro del suo viso e non me ne vergognai, lo studiai affondo cercando di capire che cosa mi stesse affascinando. E poi capii perché non trovavo la fonte di quella improvvisa bellezza e perché non l'avessi mai vista prima: non avevo mai visto il vero Alessandro, solo delle maschere.
-

Bella, dimmi perché continui a non voler lasciare il passato? Ti attacchi ossessivamente al mio ruolo di cattivo perché altrimenti dovresti arrendersi a qualcosa di cui hai paura. Che cosa ti spaventa Bella?-

Feci fatica a raccogliere i miei pensieri in una frase di senso compiuto -Non lo so-
- Io sì- piegò gli angoli della bocca a formare un sorriso
-Non puoi sapere qualcosa di me che io non so-
-Ti sorprenderesti di sapere quante cose conosco di te che tu ignori-
Istintivamente posai lo sguardo sulle sue labbra.
- Non lo fare-
-Cosa?- chiese confuso
-Giocare con le mie debolezze. Ho sempre cercato di nasconderle, ma tu le hai sempre trovate. Sai i miei punti deboli, ma io so i tuoi e non li sfrutto solo perché sono buona-
-Tu non sai niente-
-Davvero? Ragazzino viziato cresciuto all'ombra di un padre che non l'ha mai amato come un figlio. Devo andare avanti?-
Il suo sorriso lasciò il posto a un ghigno infastidito, la vicinanza tra noi mi permetteva di sentire i suoi muscoli contrarsi, era innervosito. Ci fu un lungo contatto visivo carico di tensione. Scrolló la testa e uscí dal camerino, si voltò solo una volta e mi fulminó
-Ho giocato con te in passato, hai ragione, ma adesso sto cercando di rimediare. Più mi avvicino e più mi mandi via, forse dovrei imparare la lezione ed andarmene, ma non è così che smetterai di provare ciò che provi Bella, non è fuggendo che tutto si risolverà.- sputó fuori quelle parole lentamente, lasciandomi tutto il tempo di far crescere il mio dolore. Era veleno che piano piano scorreva e sapevo che quando sarebbe arrivato al cuore io sarei crollata, non volevo che accadesse davanti a lui.
- Io per te provo solo odio, non ti ho mai perdonato- la mia voce non traballó nemmeno per un secondo, ma il mio sguardo non incontrò mai il suo.
Lo vidi allontanarsi da me, varcare la soglia e uscire in strada confondendosi tra la folla.

Tornai a casa con un taxi dopo aver comprato un vestito a caso in un piccolo negozietto alla mano. I pochi scatoloni che contenevano le mie cose erano impilati uno sopra l'altro a formare una torre instabile e carica di tristezza, un po' come me. Mi fiondai nel mio letto nuovo ancora avvolto nella plastica, non mi importava più di niente, avrei voluto piangere fino a prosciugarmi. Raccogliere il mio dolore e gettarlo nell'oceano, ma non si poteva. Avrei dovuto sopportare e lasciare che facesse il suo corso, me l'ero cercata e adesso ne pagavo le conseguenze. Chiusi gli occhi e mi addormentai di malavoglia, avevo perso di nuovo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 15, 2016 ⏰

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