Capitolo I

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''Sono una di quelle che al destino ci crede, ci siamo conosciuti una volta e siamo diventati nemici. Adesso ci rispettiamo un sacco.''

La sveglia sta suonando ed è il 12 novembre. Questa mattina, aprendo le finestre come è mio solito fare, ho avvertito nell'aria nonostante fosse gelida, un profumo di primavera con tanto calore sul viso, da quel raggio di sole che stava per scaldare l'intero paese e dare il via ad una bella giornata. «Vera, la colazione è pronta!», sentii urlare mia madre in lontananza.

Mi diressi verso la cucina sapendo già di trovare la mia solita colazione, che sa di ''buon risveglio, buona mattina, buona vita''.
La mattina, io, mi sveglio con l'idea di voler guarire, guarire dalle piccole ferite che mi provoco da sola, la notte stessa. Abbiamo tutti qualcosa di dannato addosso, ed io voglio trovarlo. Abbiamo una ''malattia'' che non ammala niente, ma che ci rende tremendamente instabili. Così, questa mattina mi son svegliata con l'idea di voler guarire, di voler sorridere, per non doverci cadere dentro, di nuovo. Dopo una notte alle prese con l'ansia e l'insonnia. Abbiamo tutti bisogno di una giornata perfetta e credo che dovrebbe esserci un sorriso, appena svegli, neanche fuori dalle coperte, che già sorridi. Poi una passeggiata, un caffè al bar, qualche carezza, qualche scherzo. Ritrovandoti a metà mattinata, a gironzolare per la stanza, felice. Con la voglia di fare cambiamenti, di appendere un quadro nuovo o di spostare anche un solo mobile, osservando poi la stanza con aria compiaciuta, pensando: «Ora si che va meglio!».  A pranzo, sguardi cari, nessun rimorso, nessun rancore. Il pomeriggio ci si veste bene e si va in giro, a zonzo, per ore, senza disturbare il mondo, senza disturbare neanche sé stessi. Poi si arriva alla sera, orario di cena e qualche titubanza sul ''cosa mangiamo?''. Così dopo aver messo a dormire chiunque ne abbia bisogno ancora, prendersi tra le braccia la persona che ami, sorridergli e dirgli che è stata una bella giornata. 

Fa bene dirselo, ogni tanto. Poter passare anche un solo giorno così, che se ce la facessi, almeno una volta nella vita, magari mi considererei fortunata. Un giorno così, anche uno solo, mi basterebbe.

La sera, non ho mai preteso così tanto, se mi va bene esco a bere una birra o un caffè al solito bar del paese, in alternativa invece, ho sempre il mio letto che mi aspetta per sdraiarmici su e far partire una puntata di qualche serie TV.

D'altronde, non sono mai stata il tipo di ragazza da far festa ad ogni occasione, ma non mi sono mai dispiaciute, lo ammetto. Per qualche anno consecutivo, il fine settimana le mie amiche non facevano che dirmi: «Vera, stasera ci sono ospiti speciali, non puoi assolutamente mancare alla serata.», così come tutti gli altri giorni, per convincermi ad andarci. Andando di questo passo, per un motivo ed un altro, non sono mai mancata a nessun evento, organizzati da quelle persone, quelle che poi incontri anche al bar e saluti giusto perché la sera prima li hai visti ballare a ritmo di musica hip-hop, ma coi passetti dei Chipmunks. Che alla fine neanche sai come si chiamano e ti limiti a dirgli: «Ehi bella serata ieri››, con tanto di pollice all'insù.

Con il passare del tempo ho iniziato a sentirmi totalmente estranea da questo mondo, da questa generazione. Iniziavo man mano a distaccarmi dalle persone, le stesse che si definivano amici ma non facevano altro che deludermi, parlarmi alle spalle e giudicarmi. Per motivi validi, voi penserete. Il motivo ero io, che non assumevo il loro stesso comportamento, che non ragionavo come loro e che già dopo un'ora desideravo soltanto starmene a casa, nella mia stanza, stesa sul letto, con le mie tranquille abitudini. Ma al mondo intero non va per niente giù la questione che tu non sia uguale a loro, e per questo motivo, giusto, secondo i loro ragionamenti, tu sei costretta a rimanere sola, in disparte con le tue "strane" abitudini, così definite dai campioni del mondo. Ormai siamo la generazione interrotta, quella che non arriva più al finale, ma va di replay in replay pur di non sentirsi ripetere che devi andare avanti. La generazione interrotta, dei precariati, dei sovversivi, dei disarmati, dei disobbedienti e dei treni in ritardo. Abbiamo avuto il futuro in mano e ce lo hanno strappato, dicendoci: «Non sai come si usa, posalo subito!››, l'hanno usato per noi e stiamo ancora qui, a chiedere quale prezzo sia quello giusto per non pagare colpe altrui.

STRONGER THAN FATEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora