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2: He


"Lo incontrai un pomeriggio di novembre, circa due anni fa.
Stavo aspettando l'autobus alla fermata, faceva un freddo cane e pioveva a dirotto.
Ero tranquillamentre perso a contemplare il paesaggio quando vidi una figura avvicinarsi correndo;
non ci feci molto caso e continuai ad ascoltare la musica che mi rimbombava nelle orecchie.
Dopo poco, la figura che prima vedevo in lontananza, era arrivata accanto a me e si era seduta, cercando di placare il suo respiro pesante.
Era un ragazzino, forse della mia etá o con qualche anno in meno, e, preso dalla curiosità, lo guardai per un secondo; era il classico figlio di papá, ha presente, capelli neri tagliati corti ed in perfetto ordine, vestiti firmati - in quel momento completamente zuppi- , un visino privo di lividi o graffi e dai tratti delicati, e, per completare il tutto, due luccicanti occhi da cerbiatto che probabilmente non avevano mai visto il dolore, quello vero.
Mi infastidiva, come tutti quelli come lui.
Il ragazzo ebbe un sussulto e solo allora sembrò accorgersi di me.
Si giró a guardarmi e per un attimo i nostri sguardi s' incrociarono... sará anche stato un figlio di papà viziato ed abituato ad aver tutto, ma aveva degli occhi stupendi, non potevo negarlo: emanavano una dolcezza unica e mi ci persi dentro, sembravano volermi scavare all'interno e scoprire ogni piccola cosa che nascondevo al mondo.
Tornai a guardare la strada davanti a me, leggermente a disagio; quel ragazzo non smetteva di fissarmi in silenzio e ciò mi rendeva nervoso.
E quando ero nervoso solo una cosa poteva calmarmi.
Il fumo.
Così presi una sigaretta e l' accesi, aspirando a pieni polmoni la nicotina che mi fece subito calmare, era l'unico modo che conoscevo per togliermi lo stress.
Rimasimo circa dieci minuti in silenzio, la pioggia non accennava a smettere di cadere e il freddo si stava facendo sempre piú pungente, tanto da gelarti le ossa.
Per tutto il tempo io non avevo smesso di osservare la strada attraverso le nuvolette di fumo che mi uscivano dalla bocca e salivano fino agli occhi, il ragazzo, invece, continuava imperterrito a fissarmi: sentivo il suo sguardo penetrante sulla schiena.
Mi tolsi le cuffiette e mi girai a guardarlo, fulminandolo con lo sguardo.
Odiavo le persone che mi fissavano e le odio tutt'ora.
Gli chiesi che cosa volesse e lui mi rispose semplicemente scrollando la testa e sorridendo leggermente.
La cosa mi stupì e non poco: di solito metto in soggezione le persone, ma lui aveva sorriso.
《Anche tu aspetti l'autobus?》
Aveva una voce abbastanza acuta e sottile, ma che infondeva un leggero senso di pace; mi girai ad osservarlo e lui sorrise dolcemente.
Era davvero strano.
Non gli risposi: era ovvio che volesse iniziare una conversazione, ma io non ho mai sopportato il semplice atto di 'fare conversazione': andava contro la mia natura.
Mi pose altre domande, ma ciò che ottenne fu solo silenzio eppure non si dava per vinto.
《Okay, ho capito. Tu non mi parli perchè sono uno sconosciuto, vero? Quindi se ti dico qualcosa di me poi tu mi parlerai.
Bene... il mio nome è Lu Han, sono cinese, ma mio padre è venuto qui a Seul per lavoro e così ci siamo trasferiti...》
Pensai subito che mi avesse scambiato per uno psicologo a cui raccontare tutta la sua vita, ma a me non ne importava proprio nulla: come poteva essere se non meravigliosa, ricca e perfetta?
Continuò a parlare, ma io non lo ascoltai.
《Ora sai chi sono. Mi dici il tuo nome?》chiese sorridendo.
《No.》 Risposi freddamente.
《Dai! Io ti ho raccontato tutto di me!》Era una persona tenace, questa sua caratteristica mi colpì particolarmente.
Alzai il viso al cielo e sbuffai.
《Sei tu che l'hai fatto, io non te l'ho mai chiesto.》
Sperai con tutto il cuore che dopo questa risposta la smettesse d'importunarmi, ma, sfortunatamente, non fu così.
Rimase un attimo in silenzio e poi, sfoggiando il suo miglior sorriso, mi guardò.
《Ma io lo chiedo a te.》
Sospirai sconfitto, mi avrebbe portato all'esasperazione, così decisi di rispondergli...solo per farlo stare zitto, non perchè quel suo sorriso m' aveva disarmato.
《Oh Sehun.》
《Mi piace il tuo nome, Hunnie.》
Giuro... mi sembrò un bambino dell'età mentale di cinque anni.
《Ragazzino, non prenderti tutte queste confidenze e ora stattene zitto, mi fai venire il mal di testa.》sputai acido.
《Hey! Non sono un ragazzino, ho ventitrè anni!》La sua reazione fu sorprendente: s' offese e cercò di farmi male colpendomi il braccio con piccoli pugni."
Sehun smise un attimo di raccontare e sorrise, ripensando a quel momento.
" 《La smetti?》 Chiesi indifferente.
《No.》 Mi rispose facendo la linguaccia: ma dico... come si pemetteva?
Mi stavo trattenendo dal picchiarlo lì, seduta stante.
《Quando ci mette l'autobus ad arrivare?》mi domandai tra me e me sussurrando, sfortunatamente, abbastanza forte da farmi sentire dal ragazzo.
《Che c'è? Vuoi andare via? Ti sto antipatico, Hunnie?》
Parlava a rafica e faceva domande su domande, il mio cervello non poteva reggere e la testa iniziò a pulsare.
《Mi fai venire il mal di testa, te l'ho giá detto.》ribadii.
Lui incrociò le braccia al petto e piegò le labbra in un broncio.
《Uffa, sei così noioso! Ma quanti anni hai? Quaranta?》
Iniziai davvero a prendere in considerazione l'opzione di star parlando con un pazzo evaso da un manicomio.
《Ti sembro un vecchio di quarant'anni?》chiesi, innervosito, prendendo un' altra sigaretta dal pacchetto.
《Non intendevo questo. Avrai all'incirca la mia età, ma ti comporti come uno di quei noiosi vecchietti che sanno solo lamentarsi ed essere seri...》
《E tu sembri uno di quei bambinetti viziati, abituati ad avere tutto ed invadenti.》
Dopo la mia affermazione rimase in silenzio, poi si guardó le mani posate sulle ginocchia e sospirò.
Ero così felice di averlo messo a tacere.
《Non dovresti fumare, ti fa male.》
Maledizione.
《Non dovresti stare zitto? Ti converrebbe.》risposi espirando altro fumo.
《Non so cosa ci trovi a rovinarti la vita cosí...》 mi disse scrollando la testa.
《Non è stata e non sará mai una sigaretta a rovinarmi la vita: nel mondo ci sono mali peggiori. Ma che ne puoi sapere tu?》
Mi guardò intensamente per alcuni minuti e potei riconoscere nel suo sguardo il riflesso del mio.
In quel momento tutta la spensieratezza era sparita e rimaneva solo vuoto.
《Secondo te non so che cos' è il dolore, vero?》mi domandò assotigliando lo sguardo.
Non risposi, come potevo?
Non lo conoscevo, non sapevo nulla della sua vita: avevo dato per scontato che fosse perfetta.
《Mi vedi solo come un ragazzino, tutti, appena mi vedono, pensano le stesse cose: 'bambino viziato troppo cresciuto ed oltremodo invadente.' Forse è davvero così e tutti hanno ragione. Ma io... io non voglio creare problemi a nessuno, voglio solo essere accettato ed avere degli amici, ma a quanto pare è impossibile: per quanto ci provi... non cambia nulla. Sembra che dovrò rimanere qui da solo per sempre.》mi disse.
Lo guardai intensamente e, per la prima volta nella mia esistenza, pensai che forse quei figli di papá non sono sempre felici come si pensa, ma, a volte, sono proprio loro, quelli che hanno tutto, a non possedere qualcosa di fondamentale.
I suoi occhi erano diventati lucidi e su una guancia scivolava, solitaria, una piccola lacrima, traboccante di tristezza.
La mia mente non ragionó più e la mia mano si mosse automatica verso la sua guancia arrossata, come richiamata da quella goccia, e l'asciugò.
Lu Han iniziò a tremare, forse per il freddo, forse per quel contatto inaspettato che aveva scosso anche me.
Non ci pensai due volte: mi tolsi la felpa e la posai sulle sue spalle, senza dire una parola.
Mi chiese se avessi freddo, ma risposi di no, benchè stessi congelando.
Il pullman arrivó subito dopo e lui si alzò, interrompendo quello strano contatto.
Io rimasi seduto dov'ero e lo guardai avviarsi verso l'autobus.
《Non vieni?》chiese con la voce che tremava.
《Ormai è tardi, tornerò a casa.》risposi alzandomi e facendo per andarmene, in bocca avevo ancora la sigaretta accesa.
《Grazie...》
Mi girai a guardarlo, stava per salire sul pullman.
《Per cosa?》chiesi sorpreso: davvero poche persone mi hanno detto 'grazie' nella mia vita.
《Per tutto... per avermi ascoltato.》rispose guardando in basso, le guancie erano adorabilmente arrossate.
《Di niente. Sono diventato una specie di psicologo, no?》e sorrisi.
Sorrisi.
《Hai ragione. Ci vediamo in giro, Hunnie.》e sorrise.
Sorrise.
《Ciao, ragazzino.》risposi, le mie parole coperte dal rumore del mezzo che partiva.
Guardai l'autobus allontanarsi, non pioveva più.
Buttai la sigaretta che era ancora a metá, improvvisamente non avevo più voglia di fumare e m'incamminai verso casa.

Non le sembra strano?
Non ricordiamo periodi estesi della nostra vita, il nostro cervello immagazzina solo le nozioni più importanti e la nostra memoria è molto selettiva su che momenti della nostra esistenza farci ricordare, eppure mi ricordo ogni singola parola, ogni singola emozione e ogni singolo gesto di quel giorno.
Come se la mia mente, ogni secondo di ogni giorno, facesse un rewind e schiacciasse 'play' su quello strano incontro."
Sulle labbra di Sehun vi era un sorriso, un meraviglioso e genuino sorriso, che brillava di felici ricordi ormai passati, ma mai oscurati.
"Quindi è così che vi siete conosciuti."
"Giá... è così che ci siamo conosciuti."




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