Il Cottage Sperduto Nel Nulla
terza settimana
Dopo il mio sciopero della fame, il menù era decisamente migliorato. Anche se la maggior parte delle pietanze consisteva in roba pronta e surgelata, senz'altro era più commestibile dei suoi intrugli disgustosi.
Inoltre, negli ultimi giorni era stato particolarmente delicato, rendendo la mia prigionia un po' meno insopportabile. La sensazione di pienezza che provavo quando entrava dentro il mio corpo veniva sempre colmata da un'enorme vuoto che scavava sempre più a fondo nella mia anima. Però non era più accostata dal dolore. Anche le notti si erano fatte più tranquille: aveva lasciato le cinghie morbide perciò riuscivo a rannicchiarmi; questo mi dava un enorme conforto e rendeva la paura meno soffocante.
Quel giorno, il diciottesimo per essere precisi, riuscii a sorridere di nuovo.
Fu solo un momento, fugace ma... intenso.
* * *
Era il giorno della doccia. Il secondo dal mio arrivo al Cottage Sperduto Nel Nulla. Mi presi la libertà di fare con calma e di rimanere sotto l'acqua corrente a lungo, per diversi minuti, lasciando colare l'ansia e l'agitazione accumulata nei giorni, liberandomi di quella sensazione di sporco che mi sentivo addosso, che mi sentivo dentro.
Ovviamente, il bagno era stato accuratamente privato di ogni oggetto che potesse essere utilizzato come arma.
Dopo che mi fui asciugato e vestito –mi concesse di indossare un pigiama lungo– mi legò i polsi dietro la schiena, si sedette su una sedia di fronte al lavandino e mi fece mettere a cavalcioni su di lui. Aveva un rasoio nuovo, per me. Solitamente faccio la barba prima della doccia, ma in quel caso dovetti fare un eccezione.
Raccolse un po' di schiuma tra le dita e la spalmò delicatamente sul mio viso, massaggiando lentamente le guance e il collo. Si pulì le mani su un asciugamano e immerse il rasoio nell'acqua accumulata nel lavandino. Poi, con movimenti soffici ma decisi, iniziò a radermi. I suoi occhi seguivano ogni gesto, attenti ai dettagli. Le sue labbra screpolate erano serrate per la concentrazione e si lasciavano solo quando, di tanto in tanto, la punta della lingua le accarezzava lentamente lasciando un sottile velo lucido che svaniva qualche istante più tardi. Quando si rilassava, mentre ripuliva la lametta nell'acqua, il suo sguardo si ammorbidiva e le piccole increspature sulla fronte svanivano, rivelando il viso di un uomo che non poteva avere più di trent'anni.
Sorrisi, pensando che in altre circostanze avrei probabilmente flirtato con lui. Almeno –mi dissi per tenere a bada l'agitazione- ero stato rapito dall'uomo più bello che avessi mai visto...
* * *
Man mano che i giorni passavano mi abituavo sempre di più ai lenti ritmi del Cottage-Sperduto-Nel-Nulla. Il mio rapitore arrivava puntale per la colazione, poi per il pranzo e infine per la cena. Alcune volte si era soffermato per raccontarmi di come avesse cacciato un cinghiale con una balestra, o di come si era divertito in un parco, o di quella volta che era andato a pesca ma gli si era conficcato l'amo nel piede.
Mi parlava, tutto emozionato, di come si era procurato questa o quella cicatrice, sorridendo ai ricordi più buffi e corrucciandosi ai ricordi più amari. I peletti neri della barba risaltavano le sue labbra rosse e carnose, disegnate con estrema perfezione, che si muovevano in una dolce danza increspandosi e arricciandosi in smorfie divertenti. Mentre raccontava, i suoi occhi saettavano di qua di là, come se rivivessero le scene daccapo. Mi incantavo spesso su quei brillanti zaffiro, che talvolta si fermavano ad osservarmi con fare interrogativo quando l'uomo si accorgeva che non prestavo attenzione alle sue parole: sorrideva e mi faceva una carezza sul braccio, quasi impercettibile ma sufficiente per scatenare un'onda di brividi che si diffondeva inarrestabile in tutto il mio corpo.
Allora distoglievo lo sguardo, imbarazzato e confuso. E lui riprendeva il suo racconto nascondendo sotto i baffi un ghignetto malizioso.
Cosa mi sta succedendo? –continuavo a chiedermi.
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Innamorato di te che mi hai rapito
Short Story"Se vuoi il mio corpo non devi violentarmi; puoi averlo senza farmi male". Una mezza verità, perché il dolore più grande è quello che ti distrugge dentro, che ti spezza anima e mente, e piano piano ti trascina nell'abisso. Ma come un velo che scivol...