Capitolo 5

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Sei anni dopo...
Questi anni sono stati i piú dolorosi di tutta la mia vita, con risate forzate e pura infelicitá. Nonostante le persone a me care, Erik e Hannah, nessuno é riuscito a far si che il mio dolore scomparisse, perché proviene dall'anima e questa nessuno puó guarirla, solo me stessa.

Ormai ogni giorno é diventato una routine, mi sveglio, mi faccio la doccia, mi vesto ed esco di casa. Arrivo in studio molto presto, rimango quasi tutta la giornata, perché so che a casa non c'é nessuno che mi aspetta. Devo ammettere che il mio lavoro mi ha aiutato molto. Inizio i miei appuntamenti. A fine giornata mentre sono sulla soglia della porta, si presenta un signore non in lista, che mi vuole urgentemente parlare. I suoi occhi mi sono familiari, mi ricordano Albert. Scaccio quel pensiero, penso sia frutto della mia fantasia. Lo faccio accomodare e si presenta:" Dottoressa sono Andrew, lei deve aiutarmi. Non posso farcela, mia moglie, dice che é colpa mia, ma non é cosí, lei mi crede?!". In quel momento lo guardo con occhi spalancati, pensavo fosse un pazzo, ma quando inizia a raccontarmi il perché di quella frase, capisco tutto.
Mi dice che sua figlia é morta per colpa sua, perché quella sera avrebbe dovuta essere con lui. In tutti questi anni di lavoro non mi é mai successo di avere un caso come questo. Lo faccio calmare e inizia a formulare frasi di senso compiuto e capisco la sua disperazione. "Mia figlia aveva diciotto anni, avevamo un rapporto bellissimo. Oltre ad essere suo padre ero un suo amico, un fratello che non ha mai avuto. Quando io e mia moglie ci siamo sposati volevamo subito un figlio ma purtroppo per problemi di infertilità, siamo dovuti ricorrere all'inseminazione artificiale. La mia bambina é arrivata dopo dieci anni di sofferenza e delusioni. L'abbiamo chiamata Hope, la nostra speranza. Quella sera mi aveva chiamato per essere accompagnata da una sua amica, e io a causa del mio lavoro non sono riuscito a liberarmi, sa com'é noi avvocati abbiamo poco tempo per stare con la famiglia". Il mio cuore per un momento ha cessato di battere, il mio viso impallidisce e Andrew se ne accorge. In quell'attimo i ruoli si invertono, é lui a dover aiutare me, ma riesco a riprendermi all'istante. Troppe coincidenze, lo sguardo, la professione, la figlia tanti attesa, ció mi spaventa." Quella sera visto che io avevo impegni lavorativi, Hope ha chiamato un suo amico e mentre viaggiavano in macchina, un camion andando in senso opposto li ha presi in pieno e hanno perso entrambi la vita. Si immagini quando mi arriva la chiamata dei carabinieri, il sangue mi si gela nelle vene.
Il mio presentimento é subito negativo senza neanche sapere di che entitá é l'incidente. Chiudo lo studio e mi reco in ospedale. All'ingresso vedo mia moglie che invece di venirmi incontro abbracciandomi , accusandomi urlando e piangendo dandomi la colpa dell'accaduto. Mi resta impressa l'espressione dei medici quando uscendo dalla sala operatoria accertano la morte della mia piccola Hope. Rimango stordito, ma devo affrontare la realtá. Mia moglie non mi aiuta, anzi mi ritiene responsabile di tutto ció".

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