Capitolo 5

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Prendere sonno risultava un'impresa sempre più complicata, mentre fuori dalla finestra il cielo iniziava a schiarirsi leggermente, segnando l'arrivo di una nuova giornata.

Bene, un giorno in meno.

Spostai lo sguardo sul quadrante dell'orologio posto al fianco del mio letto, sospirando alla vista dell'ora.

03:58

Avevo passato la notte ad osservare il lento scorrimento dei minuti, immersa in mille pensieri che mi affogavano il cervello.

Decisi di alzarmi, sarebbe stato inutile continuare a stare a letto senza concludere nulla.

Mi diressi sul terrazzo, lasciando che l'assordante silenzio di quell'alba milanese mi riempisse le orecchie.

Lo scatto della serratura della porta di casa mi fece sobbalzare e non ci pensai due volte a dirigermi verso l'ingresso.

"Marco?" Lo chiamai quasi confusa, scrutando con attenzione la sua sagoma ombrata.

Si fermò davanti alla porta continuando a rivolgermi le spalle e nessuno dei due si mosse per qualche minuto.

"Che ci fai qui a quest'ora?" Incalzai incoraggiata dal silenzio persistente.

Marco si girò a guardarmi con un sorriso enorme stampato sul volto, rimanendo impassibile alla mia espressione confusa. Si passò una mano tra i capelli, si guardò attorno più volte, poi proseguì con nonchalance.

"Sbaglio o volevi vendicarti della signora Frizzi? Eccomi qui."

Spalancai gli occhi incredula, guardandolo totalmente in estasi, mentre mentalmente cercavo di trovare il motivo della sua sconfinata pazzia.

"Che hai in mente?" Chiesi in uno stato di euforia permanente, andando verso di lui.

"Hai della vernice spray, no?" Intravidi la sua espressione da psicopatico nel buio della stanza.

04:12

Sentii ancora una volta il freddo pungente sulla mia faccia accaldata.
Indossai il cappuccio e feci cenno a Marco di seguirmi.
Ogni due passi mi assicuravo che nessuno si trovasse nel nostro stesso luogo e che Marco fosse ancora dietro di me.
Mi resi conto di quanto la stradina che conduceva al piccolo complesso dove abitavo fosse grande senza tutte le persone che la affollavano durante le ore della mattina e del tardo pomeriggio.
Quasi iniziava a piacermi.

Mi piazzai davanti ad una smart grigia e la guardai con aria di sfida, come se quella piccola utilitaria potesse lanciarmi a sua volta uno sguardo indispettito.

"Bhe... eccoci qui!" Sussurrò Marco affincandomi e incrociando le braccia al petto "sono sicuro che la signora Frizzi non sarà contentadi ritrovarsi una bella smart fucsia al suo risveglio" concluse con faccia soddisfatta.

Tolsi il tappo alla bomboletta e quasi ignorai la sua precedente affermazione.

Mi concentrai sul parabrezza lucido mentre il piccolo angioletto che c'era in me continuava a cercare di fermarmi.
Ma in fondo mi bastò pensare all'espressione acida della mia anziana vicina per scacciare qualsiasi buona intenzione.

Fu un attimo.
Una chiazza rosa acceso comparve nel bel mezzo del vetro di quella macchina odiosa quanto la sua proprietaria e non ci volle molto per farne comparire altre, fino a formare un'omogenea coperta a dir poco chic.

In men che non si dica, la piccola auto assunse un nuovo colore e io mi sentii tremendamente bene a commettere quell'atto vandalico spudorato.

"Pazzesco, è identica alla mia macchina..." giurai di sentir dire da un Marco assonnato alle mie spalle, ma ancora una volta non gli diedi ascolto, impegnata com'ero a completare l'opera verniciando i pneumatici.

Io e Marco rimanemmo parecchio tempo a fissare orgogliosi quel piccolo gioiellino fosforescente che, nel buio, spiccava tra tutte le altre macchine, come se anche a lui non dispiacesse quel nuovo look.

Mi girai a guardare il mio compagno d'avventura.
Il suo profilo era leggermente illuminato dal chiarore mattutino emanato dal cielo, che fino a poco prima non lasciava trasparire alcuna luce e che in quel momento fu capace di far brillare la sua bellezza.
La sottile e silenziosa luce del sole che iniziava a sorgere rendeva quel momento ancora più strano e insolito.
Ne ero certa. In quella strada, in quel momento, di soli ce n'erano due. E il più luminoso si trovava accanto a me.

I miei pensieri totalmente fuori luogo furono interrotti dalla mano di Marco sulla mia spalla.

"Non riuscirò mai ad essere in aeroporto alle 10 se rimango ancora qui!" Rise sempre facendo attenzione a non alzare il tono della voce.

"Tranquillo e scusami per averti... "disturbato"... io... anzi, grazie davvero per quello che stai facendo per me... tu non sei tenuto a-"

Non mi fece finire la frase che mi strinse a se in un abbraccio quasi fraterno, un abbraccio che diceva a gran voce "io sono qui".

Non ci furono altre parole, finito l'abbraccio si diresse verso la sua auto e infilò con gesto sicuro la chiave nella serratura dello sportello del guidatore, senza riuscire a portare a termine l'azione.

Un sorrisetto imbarazzato si impadronì delle sue labbra e prima che si potessero cercare spiegazioni di ogni genere, accostò la fronte al finestrino in cerca di un segno di riconoscimento.

"Oh merda..." fu l'unica cosa che disse senza prestare attenzione al tono di voce, quasi lo urlò.

Si diresse velocemente verso l'auto appena verniciata e, con successo, provò ad inserire la chiave nella serratura.
Mentre tentavo in tutti i modi di non scoppiare a ridere, lui mascherò in maniera evidente tutta la rabbia che aveva in quel momento entrando in macchina e facendomi un cenno con la mano prima di mettere in moto e avviarsi verso l'uscita della strada, con la sua favolosa macchina sobria e indiscreta.

~SPAZIO AUTRICE~
Eccoci qui!
Dopo 3 guerre mondiali, 2 apocalissi e 845388938473628294737272 puntate de il Segreto... sono tornata con un nuovo, brutto e piccolo capitolo.
Vi prego, non venite con i forconi infuocati a protestare davanti alla porta di casa mia, sono una brava ragazza in fondo!
(Ma perdonatemi comunque un botto per la mastodontica assenza)

Se il capitolo vi è piaciuto ricordate di cliccare sulla stellina ☆ e... perché no!? Commentate!

Sciauu**

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 28, 2016 ⏰

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