5. Heroes?

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Dopo un attimo interminabile sento i loro sguardi addosso e mi blocco di colpo, intimidita al massimo. Ma non è l'unico motivo: il dolore al costato si è d'un tratto fatto più intenso. Il sangue mi affluisce alle guance così prepotentemente che mi pizzicano, provocandomi un forte fastidio.
I loro occhi sono come delle calamite e mi fissano incuriositi, come se per loro fossi una specie di fenomeno da baraccone o una specie di reliquia scoperta dopo anni di ricerche.
Sono ancora allacciati, comunque. Sembrano accorgersene anche loro nello stesso momento, perché in un attimo si districano, sedendosi davanti al mio letto ad osservarmi senza pudore. Sbattono forte le ciglia e aumentano il mio imbarazzo, con quegli occhi magnetici.
Di solito non lo farei, ma nonostante questo mi permetto di osservarli uno ad uno, attentamente.
Il ragazzo rappresenta il solito ragazzone dalla bellezza scultorea, quasi offensiva, dai tratti spigolosi e ben definiti. Mi riserva un mezzo sorriso perfetto e due occhi color cielo, trasparenti e furbi al tempo stesso. I capelli biondi e mossi gli incorniciano il viso, il genere di pettinatura che lo farebbe sembrare uno di quei ragazzi della mia vecchia scuola, definiti emo, se solo non avesse un viso tanto solare. Lo vedo aggrottare impercettibilmente le sopracciglia, come se cercasse di capire cosa sono.
Vorrei dirgli che nemmeno io lo so, ma sono troppo occupata ad osservare le due ragazze sedute accanto a lui. Sono certa di non aver mai visto una cosa del genere in vita mia.

Sono esattamente identiche, ma in qualche modo opposte. È una di quelle cose che se te la raccontano, non ci credi, perché hai bisogno di vederle con i tuoi occhi.
Penso siano gemelle. Entrambe mi sorridono, intuendo il motivo della mia sorpresa. Hanno un viso ovale, piccolo, le fronti coperte da una frangetta corta, occhi grandi ed espressivi. La pelle color pesca, perfetta.
Ma non sono questi, i dettagli sconvolgenti. Una di loro solleva le sopracciglia, bianche tanto quanto i suoi capelli lisci, lunghi fino alle spalle e mi punta addosso i suoi occhi color ossidiana, un nero che stona tantissimo con quei suoi capelli perlacei. Accanto a lei, la gemella assottiglia lo sguardo, di un grigio così chiaro da confondersi con il bianco della cornea. Trasalisco appena, provando un brivido addosso. I suoi capelli sono neri quanto gli occhi della sorella.

- Voi...? - le indico piano, accigliandomi come davanti ad una visione.

Si vede che cercano di non scoppiarmi a ridere in faccia. Una di loro si avvicina, quella dai capelli perlacei, e si siede sul letto vicino a me, prendendomi una mano tra le sue.
- Ciao. - dice.
- Mh... ciao. - la mia risposta assume un tono più interrogativo di quanto mi aspetti mentre aggrotto la fronte, spostando lo sguardo tra i loro volti.
Il ragazzone fa un sospiro e si alza da terra, mettendosi le mani sui fianchi.

- Ti chiami Maya, vero? - mi fa un sorrisone, al quale non posso fare a meno di ricambiare, un po' incerta. Annuisco.
- Qui sembrate tutti sapere chi sono io, quando io non ho idea di niente. - mormoro, arricciando il naso.
- Tranquilla, dolcezza. Ci siamo passati tutti. - si avvicina, sedendosi proprio accanto a me.

- Mi chiamo Felix. La guastafeste, lì - e indica la gemella dai capelli neri e dagli occhi inquietanti, che gli fa una linguaccia - è Lyra. E lei...

Non fa in tempo a presentare l'altra che lei lo interrompe, fissando i suoi occhi sui miei.
- Io sono Aryl. È un piacere conoscerti, Maya.
Sorrido appena e la guardo.
- Piccoletta, l'unico che devi stare a sentire sono io. - e mi fa un occhiolino, dandomi un buffetto sulla guancia, che mi fa arrossire ancora di più. I contatti fisici mi rendono irrequieta, nonostante ad Orlando fossi abituata ad essere accarezzata sul viso, sui capelli e pattata sulla nuca da chiunque, perché chiunque era più alto di me, lì. Almeno questa è una cosa che non cambierà mai, dovrei aggrapparmici come ad una certezza, forse l'unica ormai.

- Piantala, Felix! - dicono le gemelle all'unisono.

- Piantatela voi, con quella vostra vocina e la vostra impertinenza. - sbotta, guardandole in cagnesco. - Sempre a ficcare il naso nelle faccende che non vi riguardano. Non siete voi, qui, le rappresentanti.

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