Non so esattamente cosa aspettarmi da quegli sguardi puntati tutti sul mio viso. Per quanto mi riguarda potrebbero benissimo non prendermi sul serio, come di solito fa la maggior parte della gente appena mi osserva aprire bocca per la prima volta. Ed è una cosa prettamente di apparenza, questo mi è stato chiaro fin dall'inizio. La mia statura, il mio sembrare esile come una bambina di dodici anni, la mia voce e il mio viso piccolo sono sempre state le caratteristiche che mi hanno contraddistinto da tutti quanti i miei coetanei come la piccola del gruppo, quella da proteggere, da osservare con attenzione perché altrimenti mi sarei potuta fare del male anche solo inciampando. Che sia vero, questo non lo nego. Non sono mai stata un esempio di portamento o di femminilità. Ma, diamine, ora che ho scoperto ciò che sono davvero, ciò che voglio essere, ciò che voglio fare, è tutto diverso. Almeno, per me lo è. E tanto basta.
Per cui non riesco a fare a meno di trasalire quando tutti i presenti, meno uno, si lasciano andare in un sorriso soddisfatto. Quello più orgoglioso lo vedo nel viso di Rogers, come se avesse aspettato in tutto questo tempo che io ritrovassi pian piano delle parti del mio animo che avevo volutamente deciso di eliminare come una sciocca e con rammarico abbasso lo sguardo al suo collo chiazzato di viola. La forma delle mie dita sottili è chiaramente impressa sulla sua pelle olivastra, tanto che provo un moto di vergogna per ciò che ho fatto, per come ho perso il controllo davanti a colui che probabilmente deciderà della mia vita scolastica d'ora in poi.
Arrossisco involontariamente, sentendo tutto il viso scosso da una vampa talmente calda che potrebbe stendermi da un momento all'altro. I loro sguardi curiosi e quasi fieri mi scombussolano, quasi quanto quei sorrisi rivolti a me, solo a me. Perché, poi?- Perché finalmente ce l'hai fatta. – mi risponde Rogers venendomi vicino e poggiando un palmo sulla mia spalla. Non sembra risentito o arrabbiato per ciò che gli ho fatto, come invece mi sarei aspettata e questo mi destabilizza, come le parole che registro solo dopo parecchi secondi da che le ha pronunciate.
- Ce l'ho fatta a fare cosa? – inclino il viso di lato, totalmente accigliata, notando poi di sfuggita gli altri avvicinarsi. Felix con il suo sorriso a trentadue denti, Lexie con quell'aria di sufficienza sotto la quale però scorgo qualcosa come curiosità o addirittura interesse e infine la donna dai capelli rosso fuoco, un colore persino più intenso di quello di Sarah, un colore che è un pugno nell'occhio, solitamente, ma che su di lei s'incastra alla perfezione, rendendola una specie di divinità dall'aura autorevole e assurdamente bella. Il suo sorriso è accennato, ma non riesco a captare il significato del suo sguardo.
Rogers, al contrario, mostra miriadi di fossette agli angoli della bocca, rughe a quelli degli occhi e sospira rumorosamente, prima di parlare.
- A ricordare. – mi guarda con quei suoi occhi metallici. – Pensavo che l'azione di Gillian sarebbe stata troppo drastica per te, troppo invasiva, ma Jo aveva ragione. Con te la cautela non funziona. Avevi bisogno di una rottura radicale per poter ricordare tutto ciò che hai perso. E ora ce l'hai fatta.
I presenti gli scoccano un'occhiata perplessa, colti di sorpresa dal suo entusiasmo, ma io non posso fare altro che trattenere il respiro alle sue parole. Jo davvero mi crede così forte da resistere ad ogni tipo d'urto? Davvero ha parlato così di me a Rogers? La cosa mi sciocca nel profondo. Ho sempre pensato che mi credesse troppo debole, troppo fragile, che per questo fosse contraria alla mia decisione di dimenticare tutto quanto. Non le avrei dato torto, se così fosse stato, io stessa mi sento codarda a ripensare a come ho agito, insabbiando ogni cosa per un perdono che perdono non era, perché non c'era più nulla da perdonare.
Lo guardo, facendo respiri profondi per tranquillizzare il mio cuore, anche se non serve perché, con mia sorpresa, si stabilizza da solo, quasi guidato da una forza esterna.- Ebbene, Angus, non pensi di dovermi qualcosa? – lo incalza con un sorriso sornione e il sopracciglio alzato la moglie, distogliendo la sua attenzione dal mio viso, mentre assume un'espressione che mi fa sorridere d'istinto. Colpevole e piena di nonchalance allo stesso tempo, come quando ne combinavo una delle mie a Jo e lei mi rimproverava.
- Non so di cosa tu stia parlando... - borbotta infatti, grattandosi poi la nuca con la stessa mano che pochi attimi prima teneva sulla mia spalla e fa per andarsene, voltando le spalle a me e a Kade, che fino ad ora è sempre rimasto al mio fianco, immobile. La sua espressione impassibile e lo sguardo in tralice che lancia all'improvviso a Rogers, come anche i suoi tratti duri e rigidi dovrebbero farmi arretrare, indicarmi con un grosso lampeggiante che è pericoloso come un serpente o un ghepardo, ma più ci provano, più non so per quale motivo non riesco a recepire i segnali, anzi, una curiosità innata per ciò che potrebbe stare dietro a quella maschera di impassibilità mi invade e mi attrae, se possibile, ancora di più verso la sua aura.
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Holocene
Paranormal"Se penserai a qualcosa di grande, ti verrà in mente lei. Se penserai a qualcosa di assurdo, ti verrà in mente lei. La incrocerai dove neanche te la aspetti, a guardare le cose con occhi attenti e penserai, sicuro, che potrà essere tutto, ma di cert...