Capitolo 2

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Alle 7.00 spaccate suona quella maledetta sveglia con il suo fastidioso 'drin'.
La spengo con tutta la forza che ho, ma non ne vuole sapere.
Siccome ho esaurito la pazienza, apro la finestra e la getto con tanta soddisfazione. Non mi sono curata molto di come sono presa a quest'ora finché sento qualcuno dire in tono divertito
«piano così ammazzerai qualcuno.» e poi aggiunge «pensi di venire a scuola così?»
Chi cazzo è fuori a sta ora??
Mi giro e trovo un ricciolino con una felpa rossa, pantaloncini blu da calcio dall'altra parte della strada.
E con noncuranza gli rispondo acida
«e chi diavolo è che va a correre alle 7.00 del mattino??»
Il ragazzo ancora più divertito risponde
«io naturalmente»
«allora divertiti»
Detto questo rientro e prima ancora di chiudere la finestra lo sento ridere. Tra me e me dico "troppa gente disagiata"
Dopo 30 minuti scendo e trovo papà con il solito giornale in mano a destre e una tazza di caffè in quella sinistra. Appena mi vede mi sorride
«buongiorno tesoro, pronta per oggi??»
La signora rosa, nostra cameriera da giorni ormai, mi sorride e mi porge la mia colazione composta da un piattino di insalata con della carne accompagnato il tutto da una mela è un bicchiere di succo.
«buongiorno papà, certo prontissima!»
Glielo dico con una smorfia sul viso. Ma ti pare che io debba andare in un posto dove trovo solo branchi di scimmie?! Ma fatemi un favore!

Arrivo in questo edificio lugubre chiamato scuola in sella alla mia Kawasaki.
Anticipo di 5 minuti ahahah figuriamoci se mi metto a correre per essere in orario. Entro con tutta la mia sciallezza è una donna sulla quarantina tirata in tutte le maniere si avvicina a me
«ragazzina, forza in classe»
Guardò il foglio che ho in mano e glielo porgo. 'Questa mi sembra appena uscita da una tomba porca miseria, ma almeno è viva??'
La sua voce stridula mi fa ritornare alla realtà.
«ah tu sei la ragazza nuova, prego cara ti accompagno in classe. Appena finiscono le lezioni passa in ufficio che ti dò l'orario»
Le sorrido e annuisco.
Mi accompagna ad una porta marrone, che fantasia! Bussa, entra, tutti si alzano e io rimango fuori, finché con il suo tono autoritario e stridulo annuncia
«vieni Sara» e rivolgendosi agli altri «lei sarà la vostra nuova compagna»
Prende e se ne va. Il signore davanti a quel rettangolo marroncino chiamato cattedra mi sembra che sorrida e mi fa cenno con la mano di sedermi.
Trovo un banco in ultima fila "isolato" vicino alla finestra.
L'uomo sui 50 anni comincia a presentarsi dicendo di chiamarsi Prof Prandin, è alto, magro, capelli castani cortissimi, occhi marroni è un filo di barba. È simpatico dai.
Parla almeno per due ore su cosa faremo quest'anno e bla bla bla, altre cavolate che io non ascolto. Siccome il prof è nuovo come me, per conoscerci un po' meglio ci fa delle domande su di noi. Non è contento se sa solo il nome e cognome? Ovviamente no! Deve sapere altro, è un prof non un consulente di non so che cosa. Arriva il mio turno ovviamente.
«signorina Mongomery, da quello che so lei arriva da San Francisco, per quale motivo si è trasferita qui a Chicago?»
Farsi una spaghettata di cavoli suoi no eh?
Lo guardò storto
«sono qui a Chicago perché mio padre ha avuto una promozione di lavoro»
«ho sentito che fa l'avvocato. So anche che prendeva lezioni a casa e non è mai andata a scuola, perché?»
«si, fa l'avvocato. Prof senta i miei all'epoca presero questa decisione e non so per quale motivo ma se ha intenzione di farmi l'interrogatorio si risparmi»
Prima che il prof dica qualcosa quell aggeggio chiamato campanella che suona ogni ora, segna la fine del lezione. Raccolgo la mia roba e mi dirigo all'uscita dell'aula.
Mi presento in ufficio della preside. Attaccato alla porta c'è una targhetta con scritto 'Samantha Payne'.
Busso, mi fa entrare, cerca tra una pile di carte e mi porge quello stupido orario e "scappo" da sto posto. Salgo in moto, esco dal parcheggio e un deficente per poco non mi viene addosso. Abbassa il finestrino, mi fa un sorrisetto e aggiunge
«scusa non ti ho visto» e parte.
Mongolo guarda la strada la prossima volta, voglio urlargli ma ormai è troppo lontano. L'ho sempre detto, i ragazzi non hanno il cervello per determinate cose. Pensano solo alle feste, sport, ragazze e sesso.
Appena arrivo nel vialetto di casa tolgo il casco, prendo la borsa e mi avvio alla porta.
«ero sicuro che fossi tu prima»
Mi giro e trovo il ricciolino appoggiato alla sua Audi A3 con un ghigno in volto
«ero certa che quel deficente alla guida fossi tu»
Dico in tono freddo, prendo ed entro. Appoggio la borsa accanto al divano, accendo la grande TV al plasma e metto nella mia serie preferita: Pretty Little Liars.
La loro storia mi intriga troppo; nel frattempo mi preparo una bella insalatona. Finito di mangiare riordino la cucina e salgo le scale. Mi soffermo su quella porta, appoggio la mano sulla maniglia ma la tirò via come se bruciasse.
' quando sei pronta' mi ripeto. Lancio sul letto la borsa e decido di mettermi qualcosa di più comodo. Una semplice maglietta blu a maniche lunghe e un pantaloncino bianco. Rimarrò da sola fino a sta sera e questa casa è talmente grande che ti deprime. Non so cosa fare, a quest'ora se ci fosse Michela, la signora anziana che mi insegnava fino a poco tempo fa, saremo sedute in giardino o semplicemente in cucina con una fumante tazza di thé, ma lei non c'è . Decido quindi di prendere il mio album da disegno, le matite: HB, 2H, BB ecc..; colori a tempera, pennarelli, carboncino e tutto l'occorrente necessario. Mi sistemo sorta la finestra dove c'è una panca bianca con tantissimi cuscini neri morbidosi, oltre ad essere comoda, entra tantissima luce ed è bellissimo. Prendo la mia matita, mi fermo al centro del foglio e mi blocco. Non riesco a focalizzare qualsiasi cosa per riuscire a buttarlo nero su bianco. Ad un certo punto la mia mano comincia a disegnare linee perfette, ombreggiature, ecc... Finché non riesco a focalizzare cos'ho disegnato. Lancio l'album a terra esterrefatta.

Una parte di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora