Pancakes

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Un timido raggio di sole si intrufolò tra le persiane della stanza al secondo piano del piccolo cottage sul limitare dell'oceano. Tracciò un polveroso percorso luminoso, colpendo i grossi tomi aperti sulla scrivania, i calamai pieni di inchiostri di vari colori, le piume d'oca ben temperate, le cornici delle foto (i cui occupanti sonnecchiavano cullati dal rumore delle onde), i dieci morbidi peluche che riposavano accanto ad altrettanti libri nel grande letto, dove solo una testa rossa si intravedeva tra il groviglio di coperte. Il raggio arrestò la sua corsa proprio sul cuscino, illuminando di dorata gloria il rosso di quella chioma scompigliata.
Quando si aprirono, anche due grandi occhi turchesi vennero investiti da cotanto fulgore. Ma la proprietaria dei suddetti non ne apprezzò la fulgente bellezza.
"Ma porc...!" imprecò tra i denti Victoire, portando una mano a coprire gli occhi. Si era dimenticata di chiudere bene le imposte la sera precedente! Con un grugnito assai poco femminile si mise a sedere, facendo cadere due dei volumi che stava studiando prima di addormentarsi. "Oh, perfetto!" mugugnò, lanciando le gambe al di là del bordo del letto e rimanendo seduta in quella posizione per un minuto abbondante, lottando contro le palpebre che minacciavano di richiudersi.
Nascondendo un enorme sbadiglio dietro una mano curata, Victoire si alzò stancamente e raccolse i volumi caduti, facendosi andare il sangue alla testa. Per un attimo vide nero e dovette appoggiarsi alla scrivania per non cadere. Passato il giramento di testa, si diresse a passi sonnolenti verso la porta della sua stanza, con il chiaro intento di raggiungere il bagno.
Ma non appena la sua mano si appoggiò sulla maniglia e si aprì uno spiraglio sul corridoio ricoperto da una morbida moquette bordeaux, la sua mente elaborò un'informazione che fece passare in secondo piano la precedente destinazione.
Nell'aria c'era odore di pancakes.
Ora, se qualcuno di voi signori non sapesse che cosa sono i pancakes, l'arcano è presto svelato: si tratta di un dolce mattutino, simile alle francesi crêpes, ma dal diametro più piccolo e formato dal sovrapporsi di tanti deliziosi dischi spruzzati di zucchero a velo, da accompagnarsi con una qual si voglia confettura, del miele od un americanissimo sciroppo d'acero.
Victoire li adorava, ma quando aveva proposto a maman di prepararli a colazione, lei aveva storto il naso, decantando le qualità di croissant e yogurt bianco.
Quindi, quel delizioso profumo di pancakes la incuriosì non poco.
Che maman avesse deciso di farle una sorpresa per il suo diciassettesimo compleanno? Per una data così importante si poteva certo fare uno strappo alla regola, si disse. Scese le scale di corsa, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro, già pregustando il delizioso spuntino.
Però...
Giunta in prossimità della cucina, ancora non sentiva nessuna di quelle romantiche canzoncine francesi che maman amava tanto canticchiare mentre si affaccendava ai fornelli.
Corrucciò le belle sopracciglia. Che fosse venuta Nonna Molly? Ma no, quando cucinava lei amava il sottofondo della radio, mentre dalla cucina provenivano soltanto rumori di stoviglie.
Avanzò di un altro passo, più cauta. Poteva essere zia Ginny? Scartò anche quell'ipotesi: sapeva che lei e zia Hermione erano alla Tana, occupate a prepararle quella festa a sorpresa, di cui aveva sentito bisbigliare qualche tempo prima.
Ma allora chi poteva essere?
Suo padre sicuramente no: maman non gli permetteva di avvicinarsi ai fornelli, a causa di qualcosa che aveva a che fare con la loro luna di miele ed un soufflé esplosivo...
Dominique o Louis? Sarebbe stato alquanto strano: l'unica che si dilettava di tanto in tanto in cucina era lei.
Fu a quel punto che se ne rese conto: a parte l'acciottolio delle padelle, la casa era silenziosa. Troppo. Solitamente, quando tutta la famiglia era riunita per la colazione, il piccolo cottage era tutto fuorché silenzioso. Dov'erano le canzoncine di maman e la voce calda di papà? Ed i litigi tra Dominique e Louis per i cereali?
Il suo corpo si irrigidì per la tensione, mentre a fior di labbra pronunciava: "Accio bacchetta..."
Un altro passo ancora e cominciò a sentire dei passi in cucina. Passi estranei, che non appartenevano alla sua quotidianità.
Deglutì. Ancora un passo.
Ora era davanti alla porta a vetri della cucina ed intravedeva la sagoma sfocata di qualcuno, un uomo, un intruso, che andava avanti ed indietro dalla tavola ai fornelli.
Si accorse di stare tremando per la tensione. Strinse più forte la bacchetta tra le dita improvvisamente sudate ed appoggiò l'altra mano sulla maniglia della porta.
Vedeva già i titoli sul Profeta: 'Giovane strega scomparsa nel difendere la propria casa il giorno in cui raggiunge la maggiore età', 'Così giovane e così coraggiosa, dicono i familiari'...
Prese un gran respiro, intimandosi di restare calma. Poi, contò fino a tre ed aprì all'improvviso la porta, con un tale impeto che questa si schiantò contro il muro, quasi coprendo l'incantesimo urlato da Victoire.
"Petrificus Totalus!"
L'estraneo, voltatosi a guardarla, si irrigidì immediatamente e cadde di lato, mentre il piatto che teneva in mano si ruppe in mille pezzi che giunsero anche vicino ai piedi nudi di Victoire.
Con il cuore che ancora batteva all'impazzata per l'adrenalina, Victoire distolse l'attenzione dalla porcellana frantumata e si concentrò sull'identità dell'intruso. Le bastò intravedere il colore dei capelli per rimanere a bocca aperta per lo stupore.
"Teddy?!" esclamò. "Oh, Santo Cielo! Relascio!" Lo aiutò a rimettersi in piedi. "Tutto bene? Mi dispiace tanto!"
Teddy si toccò una spalla con una smorfia dolorante. "Beh, almeno sappiamo che in caso di pericolo hai i riflessi pronti." disse, guardandola con un sorrisetto.
Per qualche motivo, la sua espressione serena la irritò. "È colpa tua: entrare così senza dire niente! Mi hai spaventata a morte!" si giustificò, imbronciandosi. "Credevo fossi un ladro o un feticista di padelle o... Perché stai ridendo?" chiese, scontrosa.
"Niente, mi è piaciuta l'idea del feticista." ridacchiò Teddy, con le spalle che sussultavano.
Victoire si sforzò di piegare verso il basso gli angoli delle labbra, ma quelli disubbidirono alla sua volontà e si ritrovò a ricambiare il sorrisetto del ragazzo. Pensò all'ironia della sorte: era da più di un anno che si sforzava di evitarlo come la peste ed ora, eccolo lì, in piedi di fronte a lei, sgattaiolato chissà come nella sua cucina per preparare... Lo sguardo di Victoire si posò su cosa aveva contenuto il piatto prima di infrangersi a terra. "... pancakes?" mormorò sorpresa, fissando Teddy con uno sguardo perso. Lui non rideva più e sembrava imbarazzato. "Che cosa ci fai qui, Teddy?" sussurrò.
Il ragazzo si strinse nelle spalle, senza guardarla negli occhi. "Preparo la colazione."
"Perché?"
"Perché volevo farti una sorpresa..."
Lo vide combattere contro il rossore che gli colorava le guance e fissare ostinatamente le piastrelle del pavimento. Seppur in teoria avrebbe dovuto avercela ancora con lui, le fece una tenerezza infinita e si ritrovò a sorridere. "Beh, di certo la sorpresa ti è riuscita..." commentò, con un tono divertito.
Teddy sollevò lo sguardo e fece un piccolo sorriso obliquo. "Dammi un quarto d'ora ed anche la tua colazione sarà riuscita."
Victoire si ricordò solo in quell'istante di essere scesa in pigiama, senza essersi pettinata né lavata i denti. Arrossì imbarazzata. "Sì, io vado a darmi una sistemata: chissà che mostro che sono...!" esclamò, uscendo dalla cucina con una risatina nervosa.
Salì le scale di corsa e si chiuse in bagno, correndo immediatamente a specchiarsi. Sospirò disperata: era un disastro! I capelli erano tutti scarmigliati, il pigiama era quello di taglio maschile, molto comodo per dormire, ma assolutamente poco seducente, per non parlare delle occhiaie che le erano venute per aver studiato fino a tardi!
Si lavò con cura e tentò di dare ai suoi capelli una piega decente, ma quella mattina sembrava che ogni ciocca fosse dotata di vita propria... Si infilò svelta in camera da letto, dove rimase per cinque minuti davanti all'armadio, fissando i suoi vestiti, elucubrando i migliori accostamenti.
Sapeva che era inutile mettersi in tiro per catturare l'attenzione di Teddy (non l'avrebbe guardata in quel modo nemmeno se si fosse messa a danzare nuda di fronte a lui), ma gli insegnamenti di maman erano radicati troppo a fondo per poter essere elusi.
Cinque minuti dopo varcava la soglia della sua camera, con indosso un jeans ed una camicetta ed i capelli raccolti in una coda, per tagliare la testa al toro. Nell'aria c'era di nuovo quel delizioso odore di pancakes e lei chiuse gli occhi, lasciandosi guidare dall'olfatto.
Entrò in cucina e stavolta non si spaventò nel vedere Teddy affaccendato ai fornelli. Anzi. Una piacevole sensazione di calore le inondò il petto. "Buongiorno." lo salutò, come se soltanto pochi minuti prima non lo avesse scambiato per un intruso e pietrificato. Come se non fossero passati trecentosettantanove giorni (ebbene, sì: li aveva contati) dall'ultima volta che si erano parlati.
Lui le lanciò un'occhiata da sopra la spalla e, con un sorrisino, le resse il gioco. "Buongiorno. Dormito bene?"
"Abbastanza." Si sedette al tavolo, minuziosamente apparecchiato ed ingentilito da un bel mazzo di fiori multicolori. "Wow. Hai pensato proprio a tutto!" commentò, colpita.
Teddy si strinse nelle spalle e solo allora Victoire notò che stava indossando il grembiule rosa di sua madre. Si morse le labbra per non ridere.
Ma quando Teddy si voltò per porgerle i pancakes, le sfuggì ugualmente una risatina.
Lui si corrucciò. "Beh? Che c'è?" domandò, confuso.
Scosse la testa, ridacchiando ancora. "No, niente. È che hai messo il grembiule di mia madre..."
Teddy fissò il grembiule rosa confetto, ornato da graziosi volant sulle spalline. Ed il rossore che gli infiammò le guance contagiò anche le radici dei capelli. Tirò su col naso, tentando di aggrapparsi all'ultimo briciolo di dignità rimasta. "È l'unico che ho trovato."
Victoire si morse il labbro inferiore. "Stai bene." disse, ma gli occhi tradivano la risata contenuta a stento. "Sul serio!"
"Ah, smettila!" la rimproverò Teddy, ma anche lui aveva un tono divertito. Le porse il piatto dove troneggiava una torre di pancakes, sormontati da una candelina accesa. "Tieni. Tanti auguri."
Di nuovo il calore la pervase e le fu impossibile impedirsi di sorridere gioiosa. "Grazie, Teddy. Non dovevi." Prese il piatto e rimirò i dolci. "Sono meravigliosi."
"Non esagerare!" si schernì lui, sedendosi sulla sedia vicina dopo essersi tolto il grembiule. "So che ti piacciono e allora..." lasciò cadere la frase, fissando Victoire con uno sguardo intenso che lei non seppe decifrare. Poi si appoggiò allo schienale ed incrociò le braccia al petto. "Che aspetti? Spegni quella candelina, no?"
Victoire spostò lo sguardo sulla piccola fiamma che bruciava. Chiuse gli occhi, ma non espresse nessun desiderio: ciò che desiderava di più non aveva possibilità di avverarsi, quindi era inutile continuare a crogiolarsi in una vana speranza. Soffiò e guardò Teddy. Le stava sorridendo. Anche lei sorrise.
In fondo, si disse, poteva anche andare bene così: stargli vicino, senza oltrepassare la linea, beandosi soltanto della sua compagnia. Perché, e ora che gli era di nuovo di fronte se ne rendeva dolorosamente conto, quell'anno senza di lui era stato un inferno.
"Hai espresso un desiderio?"
"No." rispose sinceramente, con solo un accenno di tristezza nella voce. "Ma in ogni caso non te l'avrei detto: lo sai che se li dici ad alta voce non si avverano!" esclamò, addentando un pezzetto di pancake. Gli occhi le brillarono. "Mmm... Sono deliziosi, Teddy!" si complimentò, prendendone subito un altro boccone.
"Davvero? Fammi assaggiare!" disse Teddy, allungando una forchetta verso il piatto dei dolci.
Ma Victoire fu lesta ad allontanarlo dalla sua portata. "Ah, no! Questi sono miei: fattene degli altri!"
"Ma... Ma..." boccheggiò Teddy. "Sei un'ingorda! Dammeli subito!" ordinò, tentando di arpionare i dolci con la forchetta.
"Assolutamente no!" replicò Victoire, schivando ogni affondo.
"Dai, un pezzetto!"
"No!"
"Ma, insomma, li ho fatti io!"
"Sono un regalo: non si chiedono indietro!"
"Golosastra dei miei stivali!" esclamò scherzosamente Teddy, alzandosi in piedi e prendendo Victoire per un polso.
Lei lo fissò ad occhi spalancati. Com'era cresciuto dall'ultima volta! Torreggiava su di lei, ancora seduta, e le sue spalle si erano irrobustite da quella volta che avevano danzato abbracciati. Il ricordo la fece arrossire.
Anche Teddy si rese conto della vicinanza ed arrossì. "Scusa, io...!" Le lasciò in fretta il polso e fece un balzo all'indietro, andando maldestramente a sbattere con il fianco contro l'angolo del tavolo. Il suo grido di dolore spezzò la tensione che si era creata.
Victoire scoppiò a ridere. "Sei proprio un imbranato!"
"Non è vero!" protestò Teddy, massaggiandosi la parte dolorante con il viso imbronciato.
Lei si limitò a sorridere di più, contagiando anche lui.
Victoire posò di nuovo il piatto sul tavolo, più vicino a Teddy. "Dai, prendi. Ma solo perché ti sei fatto male."
"Oh, la ringrazio infinitamente della cortesia, signorina!" commentò sarcastico, addentando finalmente la sua creazione. "Mm... Sono buoni davvero!" esclamò, sorridendole ampiamente.
"Già!" concordò Victoire, mangiandone un altro pezzetto. "Dovresti fare un corso da pasticciere, invece che seguire quello per Auror!" scherzò. "Piuttosto, come va? Il corso, intendo."
Teddy tormentò con la forchetta l'ultimo strato di pacakes. "Bene. Ethan ed io abbiamo già fatto qualche operazione sul campo e nel dipartimento tutti hanno qualche aneddoto su mamma o papà da riferirmi..." parlò con una voce strana, un po' triste. Tirò su col naso ed incrociò nuovamente lo sguardo di Victoire. "E tu? Come sta andando il sesto anno?"
"Bene, anche se nell'ultimo periodo sono un po' calata in Trasfigurazione e la McGranitt mi sta col fiato sul collo: dice che devo avere almeno Eccellente per poter fare la Guaritrice."
"Ah! Non sapevo che avessi scelto di entrare al San Mungo!" disse Teddy, sorpreso.
Lei si strinse nelle spalle, imbarazzata. "Beh, sai che sono un topo da biblioteca, no? Mi ci vedi nei panni di un Auror?" Rise. "Probabilmente finirei per farmi Schiantare prima di poter alzare la bacchetta!"
"A giudicare da come mi hai pietrificato prima, non direi proprio." sorrise lui.
Victoire si mordicchiò un labbro, imbarazzata. "Scusami ancora." Giocherellò a punzecchiare con la forchetta l'ultimo pancake rimasto. "Ma come mai sei venuto? Insomma, so che i miei non sono in casa perché mi stanno preparando una festa a sorpresa a casa dei nonni... Potevamo vederci lì, no?"
Teddy scostò lo sguardo. "Non pensavo di essere invitato." rivelò, dopo qualche attimo di silenzio.
"Perché no?" chiese Victoire, innocentemente.
Lui le rivolse uno sguardo serio, che la fece tremare interiormente. "Perché mi hai evitato per tutto questo tempo?"
"N-Non ti ho evitato!" mentì, colta di sorpresa.
Teddy le lanciò un'occhiata eloquente. Poi sospirò. "Senti, mi dispiace per averti trattato male quella sera al Ballo. Mi hai colto di sorpresa ed ho reagito in modo eccessivo." La vide rimanere a bocca aperta per lo stupore. "Avrei voluto chiederti scusa prima, ma ogni volta che ti scorgevo, sparivi subito. E poi è finito l'ultimo anno e ho cominciato il corso e non ho più avuto modo di vederti." Abbassò lo sguardo, arrossendo lievemente. "Mi sei mancata..." confessò.
Victoire sentì il cuore accelerare i battiti e le guance ardere di felicità. "Anche tu..." mormorò, fissandosi timidamente le mani.
Teddy la guardò sorpreso e le sorrise quando la vide lanciargli un'occhiatina di sottecchi. "Sono perdonato, allora? Amici come prima?"
Amici? Erano mai stati amici?, si domandò Victoire. "Certo. Amici." rispose con un sorriso, perché, in fondo, stargli vicino era l'unica cosa che importava.
"Okay. Allora, da amico, posso farti una domanda?" chiese Teddy, guardandola nuovamente con una strana espressione. Si schiarì la voce, forse in imbarazzo. "Sei... Sei uscita con Haggard?"
Victoire sbatté le palpebre, incredula. "Con Haggard? Ma sei impazzito?"
Teddy sospirò di sollievo. "Meno male! Ah, lo sapevo che quel cretino lo diceva solo per dare aria alla bocca! Non sai quanto mi ha fatto arrabbiare, poi, quando ha detto che mi aveva fregato la ragaz-" si bloccò, arrossendo. Farfugliò qualcosa che lei non comprese, troppo occupata a tenere a bada il proprio rossore. "Beh, insomma, sono contento che non sei uscita con quel deficiente. E, uhm, conoscerò il tuo vero ragazzo alla festa di oggi pomeriggio?" chiese, fingendo di trovare interessante il soffitto.
Lei rimase a bocca aperta. Teddy Lupin le stava veramente chiedendo se si vedeva con qualcuno? Senza essere vista si pizzicò un braccio. No, non stava sognando. "Non ho un ragazzo, Teddy." rispose ancora stupita.
"Davvero?" esclamò lui, lasciandosi scappare un sorriso che prontamente nascose. "Cioè, volevo dire: mi dispiace." disse con un tono di voce che era tutto tranne che dispiaciuto. Si alzò in piedi con grande energia. "Beh, ti avevo portato un regalo, ma, visto che sono invitato alla tua festa, te lo darò più tardi." Sorrise un sorriso che non gli aveva mai visto sul volto, se non quando si trovava nelle vicinanze di Grace Sommers. "Allora, ci vediamo dopo, okay?" esclamò, avviandosi verso il contenitore della Metropolvere e prendendone una bella manciata.
"Sì, d'accordo." rispose Victoire, perplessa dal suo comportamento.
"Ah, e se hai bisogno per Trasfigurazione, ti posso dare una mano io!" Teddy sorrise ancora più luminosamente e venne risucchiato dalle fiamme verdi, dopo aver pronunciato l'indirizzo della casa dello zio Harry.
La cucina tornò silenziosa.
Victoire fissò confusa i resti del suo pancake. Che cosa diamine era appena successo?, si chiese. Sperò che Tiana avesse la risposta, perché lei non ci aveva capito granché...

10 spintarelle per Teddy Lupin e Victoire WeasleyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora