Mentre sepolto in un profondo sonno
Colà posava il travagliato Ulisse,
Minerva al popol de' Feaci e all'alta
Lor città s'avvïò. Questi da prima
Ne' vasti d'Iperèa fecondi piani
Far dimora solean, presso i Ciclopi,
Gente di cuor superbo, e a' suoi vicini
Tanto molesta più quanto più forte.
Quindi Nausitoo, somigliante a un dio,
Di tal sede levolli, e in una terra,
Che dagli uomini industri il mar divide,
Gli allogò, nella Scheria; e qui condusse
Alla cittade una muraglia intorno.
Le case fabbricò, divise i campi,
E agl'Immortali i sacri templi eresse.
Colpito dalla Parca, ai foschi regni
Era già sceso, e Alcinoo, che i beati
Numi assennato avean, reggea lo scettro.L'occhicilestra dea, che sempre fissa
Nel ritorno d'Ulisse avea la mente,
Tenne verso la reggia, e alla secreta
Dedalea stanza si rivolse, dove
Giovinetta dormìa, che le immortali
D'indole somigliava e di fattezze,
Nausica, del re figlia; ed alla porta,
Che rinchiusa era, e risplendea nel buio.
Giacean due, l'una quinci e l'altra quindi,
Pudìche ancelle, cui le Grazie istesse
Di non vulgar beltà la faccia ornâro.La dea, che gli occhi in azzurrino tinge,
Quasi fiato leggier di picciol vento,
S'avvicinò della fanciulla al letto,
E sul capo le stette, e, preso il volto
Della figlia del prode in mar Dimante
Molto a lei cara, e ugual d'etade a lei,
Cotali le drizzò voci nel sonno:
"Deh, Nausica, perché te così lenta
La genitrice partorì? Neglette
Lasci giacerti le leggiadre vesti.
Benché delle tue nozze il dì s'appressi,
Quando le membra tue cinger dovrai
Delle vesti leggiadre, e a quelli offrirne,
Che scorgeranti dello sposo ai tetti.
Così fama s'acquista, e ne gioisce
Col genitor la veneranda madre.
Dunque i bei panni, come il cielo imbianchi,
Vadasi a por nell'onda: io nell'impresa,
Onde trarla più ratto a fin tu possa,
Compagna ti sarò. Vergine, io credo
Non rimarrai gran pezza; e già di questo,
Tra cui nascesti tu, popol Feace
I migliori ti ambiscono. Su via,
Spuntato appena in orïente il Sole,
Trova l'inclito padre e de' gagliardi
Muli il richiedi, e del polito carro,
Che i pepli, gli scheggiali e i prezïosi
Manti conduca: poiché sì distanno
Dalla città i lavacri, che del cocchio
Valerti e non del piede, a te s'addice".Finiti ch'ebbe tali accenti, e messo
Consiglio tal della fanciulla in petto,
La dea, che guarda con azzurre luci,
All'Olimpo tornò, tornò alla ferma
De' sempiterni dèi sede tranquilla,
Che né i venti commuovono, né bagna
La pioggia mai, né mai la neve ingombra;
Ma un seren puro vi si spande sopra
Da nube alcuna non offeso, e un vivo
Candido lume la circonda, in cui
Si giocondan mai sempre i dii beati.L'Aurora intanto d'in su l'aureo trono
Comparve in orïente, e alla sopita
Vergine dal bel peplo i lumi aperse.
La giovinetta s'ammirò del sogno,
E al padre per narrarlo, ed alla madre
Corse, e trovolli nel palagio entrambi.
La madre assisa al focolare, e cinta
Dalle sue fanti, e con la destra al fuso
Lane di fina porpora torcea.
Ma nel caro suo padre, in quel che al grande
Concilio andava, ove attendeanlo i capi
De' Feacesi, s'abbatte Nausica,
E stringendosi a lui: "Babbo mio dolce,
Non vuoi tu farmi apparecchiar", gli disse,
"L'eccelso carro dalle lievi ruote,
Acciocché le neglette io rechi al fiume
Vesti oscurate, e nitide le torni?
Troppo a te si convien, che tra i soprani
Nelle consulte ragionando siedi,
Seder con monde vestimenta in dosso.
Cinque in casa ti vedi amati figli,
Due già nel maritaggio, e tre cui ride
Celibe fior di giovinezza in volto.
Questi al ballo ir vorrìan con panni sempre
Giunti dalle lavande allora allora.
E tai cose a me son pur tutte in cura".Tacquesi a tanto; ché toccar le nozze
Sue giovanili non s'ardìa col padre.
Ma ei comprese il tutto, e sì rispose:
"Né di questo io potrei, né d'altro, o figlia,
Non soddisfarti. Va: l'alto, impalcato
Carro veloce appresteranti i servi.
Disse; e gli ordini diede, e pronti i servi".
La mular biga dalle lievi ruote
Trasser fuori, e allestîro, e i forti muli
Vi miser sotto, e gli accoppiâro. Intanto
Venìa Nausica con le belle vesti,
Che sulla biga lucida depose.
Cibi graditi e di sapor diversi
La madre collocava in gran paniere
E nel capace sen d'otre caprigno
Vino infondea soave: indi alla figlia,
Ch'era sul cocchio, perché dopo il bagno
Sé con le ancelle, che seguìanla, ungesse,
Porse in ampolla d'or liquida oliva.
Nausica in man le rilucenti briglie
Prese, prese la sferza, e diè di questa
Sovra il tergo ai quadrupedi robusti,
Che si moveano strepitando, e i passi
Senza posa allungavano, portando
Le vesti, e la fanciulla, e non lei sola,
Quando ai fianchi di lei sedean le ancelle.