Le sue mani la sfioravano, le bruciavano la pelle al tocco. Era una sofferenza.
«Stai buona» le ripeteva mentre le strappava via la tunica.
Avrebbe voluto piangere, ma le lacrime non scendevano. Le aveva già consumate tutte. Non ricordava più l'ultima volta che aveva avuto la forza di piangere.
La gettò sul suo letto con violenza. Si sentiva nuda, lo era. Ma la nudità fisica non la metteva più in imbarazzo dopo tanti anni. Era lo sguardo di Felix a denudarla, a sconvolgerla, a tormentarla.
Se fosse stato qualsiasi altro uomo, lei si sarebbe sentita più sicura e soprattutto più forte. Avrebbe saputo reggere il suo sguardo. Con Felix non riusciva a non far trapelare terrore e angoscia. Riusciva a pugnalarla solo fissandola; quando la toccava, Euphemia moriva.
Se solo non avesse tardato, avrebbe evitato tutta questa vergogna e sarebbe, invece, a chiacchierare con Tullia.
Il ragazzo iniziò a baciarle il collo, a toccarla ovunque con foga. Stava toccando la sua anima sporcandola con le sue dita sudicie.
Euphemia cercò di spingerlo via, ma era troppo forte per lei.
«Non ribellarti, rendimela facile per una volta» la guardò negli occhi sorridendo maliziosamente.
Lei non rispose, aveva già detto tutto con gli occhi. E Felix la adorava anche per questo. Nonostante non potesse averla vinta, Euphemia continua a sfidarlo, ancora e ancora. Trovava divertente affogare le sue speranze; ancor di più scoparla.
Felix le diede uno schiaffo che risuonò nella stanza. Euphemia sentiva la guancia pulsare e bruciare.
Voltò la testa alla sua destra e osservò la libertà a pochi passi: le sarebbe bastato vincere la forza di Felix e saltare giù dalla finestra.
Gli occhi scuri del ragazzo seguivano quelli di Euphemia che guardava fuori.
«Ancora non l'hai capito che sei un oggetto? Resterai quella che sei per sempre» le disse stringendole il polso. Sul suo volto si formò un sorriso malizioso e cattivo.
A quelle parole Euphemia chiuse gli occhi e si abbandonò tra le lenzuola, mentre Felix si divertì con il suo corpo.
Un oggetto: ecco cos'era. Non glielo avevano più ricordato da quando fu schiavizzata la prima volta. Il mercante di schiavi, il cui nome non ricordava, le disse che non sarebbe più stata una persona, che le sarebbe convenuto dimenticare la vecchia vita in modo da rassegnarsi alla sua nuova condizione e che avrebbe dovuto servire in ogni capriccio i suoi padroni. Aveva 7 anni.
Guardò gli oggetti presenti nella stanza. Si immaginò posta tra la sedia e la lucerna di bronzo. O magari chiusa nell'armadio tra le tuniche e le toghe di Felix.
Era un oggetto.
Quando Felix ebbe finito, uscì non degnandola di uno sguardo. La lasciò sola e nuda.
Euphemia non si era mai sentita più vuota, non aveva la forza di alzarsi. Non riusciva a dar vita ad un sol pensiero, non riusciva a muoversi. Era paralizzata.
Chiuse gli occhi, cercò di pensare a qualcosa che non fosse lui: fragole rosse, un vestito porpora, il sole.
Il ghigno di Felix si fece strada tra i vari pensieri. Spalancò gli occhi, si fece coraggio e si alzò dal letto.
Il sole ormai era quasi tramontato e la finestra lasciava entrare la luce rosea. Indossò la tunica e corse, veloce. Uscì di casa, respirò affannosamente e, una volta ripreso fiato, iniziò a camminare. Si diresse alle thermae sperando non fosse troppo tardi.
Entrò nella struttura ancora aperta e andò nello spogliatoio. Avanzò nuda verso il calidarium. Era sola in un'immensa vasca d'acqua bollente.
Strofinò con forza la pelle, la graffiò. Voleva eliminare qualsiasi traccia del contatto con Felix. Si sarebbe strappata le pelle se necessario.
Passò alla seconda vasca, il tepidarium, e poi all'ultima, il frigidarium.
L'acqua però non riusciva a togliere lo sporco. Sentiva la pelle appiccicosa, sentiva che il suo odore le si era impregnato nelle cellule. Non avrebbe cancellato lo scempio né l'avrebbe purificata.
Cercò di ingannare la mente, di far credere a sé stessa che era pulita, candida.
Immerse la testa sott'acqua, i capelli le galleggiavano intorno nascondendo il suo viso. Trattene il respiro più che poté. Pensò che così i suoi tormenti sarebbero potuti finire. Quando l'ossigeno fu terminato e sentì i suoi sensi abbandonarla, scattò verso l'alto e con la bocca spalancata iniziò a riempire i polmoni avidamente.«Dove sei stata?! Ti ho cercata ovunque!» la voce preoccupata di Tullia sovrastò la sua inquietudine.
Euphemia entrò in cucina dove l'amica aveva fatto ciò che spettava a lei. Il fuoco del forno illuminava la stanza.
«Volevo fare un bagno» si giustificò. Le sorrise per non alimentare la sua ansia.
«E non potevi avvisare? Un "Tullia, vado alle thermae" sarebbe bastato!» le urlò contro. Euphemia abbassò la testa fissando i piedi del tavolo.
«Pensavo ti fosse successo qualcosa, che..» le lacrime iniziarono a scendere copiose sulle sue guance diventate rosse «pensavo mi avresti lasciata sola!»
Euphemia si gettò sulla ragazza e la strinse forte a sé.
«Mai! Avrei dovuto dirtelo, mi spiace. Ma ora calmati» la rassicurò raccogliendo tutte le forze che le erano rimaste in corpo.
«Stanno aspettando, muovetevi» le rimproverò Marcus entrando nella stanza.
«Ora asciugati la faccia e cominciamo» le sorrise accarezzandole il viso. La ragazza bionda ricambiò il sorriso e iniziò a preparare i vassoi con Marcus, che non si interessò del perché la giovane avesse pianto.
Cosa le era passato per la testa? Non avrebbe potuto abbandonare Tullia, era troppo fragile per sopravvivere sola. Non resisteva un paio d'ore senza di lei; figuriamoci tutta la vita!
Ma se Euphemia proteggeva Tullia, chi avrebbe protetto lei?
Lucius Manlius alzò la coppa ed Euphemia gli si avvicinò versandogli il vino.
«So che Tullia ha fatto le tue mansioni» iniziò «e so che sei stata via più del dovuto oggi»
Euphemia strinse la brocca di vino. Non sapeva cosa dire. Qualsiasi cosa l'avrebbe portata a una punizione.
«Cosa avevi da fare?» chiese con aria minacciosa. Euphemia era paralizzata, fissava il vino presente nella brocca.
Lucius Manlius bevve lentamente aspettando una risposta che non arrivò. Gli altri presenti posero il loro sguardo su di lei. Tullia con gli occhi la incitava a dire qualcosa, Sabina Pulchra provava pietà.
«L'ho mandata io al mercato, doveva comprarmi delle cose» disse Felix giustificandola.
Euphemia alzò lo sguardo che rimase fisso su Felix. Non riusciva a capire perché l'avesse difesa.
«E non sapevi dirlo?» le chiese Lucius Manlius.
«Mi dispiace» sussurrò. Quelle furono le uniche parole che riuscì a dire, era troppo scossa.
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Euphemia
Historical FictionNonostante Roma fiorì durante l'impero di Augusto, la sua decadenza sociale viveva ancora tra le sue strade ed Euphemia ne fu testimone e vittima. La libertà non poteva appartenerle; non le era concesso amare, non sarebbe potuta essere felice. Trop...