Il sole stava tramontando dietro le colline della tenuta dove ero ospite, colorando i campi di un incantevole tonalità arancio dorata. Baciati dai raggi del tramonto, i fiori e gli alberi assumevano tonalità sempre più scure man mano che la sera avanzava. Quando una piccola parte di luna apparve timida in cielo, qualcuno bussò alla mia stanza.
Mi allontanai dalla finestra, ancora meravigliata da quello spettacolo della natura a cui avevo appena assistito. Mi lisciai il vestito e mi sistemai i capelli.
Indossavo una semplice sottoveste bianca con un piccolo cinturino di cuoio in vita.
"Avanti"
Dissi con la voce un po' impastata. Non parlavo da ore. Mi ero aggirata per quella prigione dorata godendomi ogni lusso di quella camera da letto.
Una donna con un vestito verde pallido, un grembiule e una cuffietta candidi come la neve in Bulgaria, entrò nella stanza salutandomi con un inchino.
"Mi chiamo Jannette milady e sono qui per servirla"
Solo allora mi accorsi di un pacco fuori dalla mia stanza. Jannette lo prese ed entrò chiudendosi la porta alle spalle.
Eccitata e incredula da quanto i miei occhi vedevano restai immobile al centro della stanza non osando fare un solo respiro. Solo quando Jannette mormorò: "E' per lei milady" tornai a respirare.
Dunque non mi ero sbagliata. Quel pacco era davvero un regalo per me.
Come una bambina la mattina di Natale, attraversai la stanza di corsa e presi il pacco dalle mani di Jannette. Impaziente lo appoggiai sul letto e cominciai a sciogliere il fiocco dorato.
Al suo interno trovai quello che mi sembrò l'abito più bello del mondo.
Per un attimo mi mancò il respiro. Con la mano che tremava appena per l'emozione, sfiorai il tessuto di quel capo. Le mie dita si arresero alla morbidezza del velluto.
Lo tirai fuori lentamente come se temessi di romperlo o sporcarlo. Era un lungo abito di velluto dal colore rosso cremisi con una piccola fascia di seta bianca e rossa in grembo.
"Chi me lo manda?"
"E' un omaggio di lord Niklaus"
Mi rispose la cameriera con un sorriso. Era una ragazza giovane, aveva più o meno la mia stessa età. I capelli, nascosti dalla cuffietta che indossava erano biondi. Un biondo tipico che solo le donne inglesi possedevano.
"Lo voglio indossare subito"
Dissi passandole l'abito.
Poco tempo dopo, quando ormai la luna splendeva alta nel cielo conquistando la sua scena e vincendo la silenziosa battaglia combattuta poco prima con il sole, io ero pronta.
L'abito mi calzava a pennello.
Sembrava fatto apposta per me. Il colore cremisi si sposava con la mia carnagione pallida, risaltando le mie curve e lasciando scoperta una buona parte del mio collo. Scoprii che Jannette era molto brava a fare il suo lavoro. Si congratulò con me per il colore della mia carnagione, affermando che non c'era alcun bisogno di usare trucchi o altro, come di solito le donne inglesi amavano fare, e mi arricciò i capelli servendosi di una spazzola e di un panno umido. Mi aiutò a raccoglierli in una crocchia dietro la nuca, lasciando solo alcuni riccioli liberi di cadere sul mio collo e solleticarmi le spalle.
"Siete perfetta milady. Una vera regina"
Osservando il suo volto estasiato dallo specchio di fronte a me capii che non mentiva affatto. La ricambiai con uno dei miei sorrisi più sinceri.
"Grazie Jannette, sei la migliore dama che una signora possa desiderare"
Anche lei sembrò apprezzare quel mio complimento.
Qualcuno bussò nuovamente alla porta. Mentre continuavo a rimirarmi nello specchio, incredula alla mia sola vista, Jannette andò ad aprire. Era un inserviente che ci avvisò che il banchetto stava per cominciare.
Quando scesi la lunga scalinata in legno e arrivai nella stanza principale della tenuta, fui invasa dall'odore di cibo appena sfornato e di chiacchiere e risate che rimbalzavano per la stanza come una dolce melodia, accompagnate dal tintinnio di calici in cristallo puro.
Restai senza fiato alla vista di tutte quelle candele e del fuoco che ruggiva nell'enorme camino in marmo. La stanza sembrava sospesa nell'eterna luce di un tramonto estivo eppure, fuori dalle ampie vetrate della sala, il paesaggio che mi si presentava era notturno e immobile. Lentamente continuai ad avanzare tra la folla di nobili e membri in voga dell'elite londinese. Con frivolo compiacimento scoprii che non avevo nulla da temere al cospetto di una baronessa o duchessa inglese. Persino i loro mariti si giravano a osservare il vestito che frusciava come acqua pura sul mio corpo snello.
A un lato del salone c'era un enorme tavolo da buffet pieno zeppo di portate degne delle corte reale. Non conoscevo la metà dei nomi di quelle portate ma avevano tutte un aspetto delizioso e invitante. Mi limitai a un bicchiere di champagne francese servitomi da un cameriere che volteggiava tra i vari ospiti. Adesso capii perché quella bevanda era considerata il nettare degli dei. Era davvero squisita. Deliziava il palato con le sue bollicine che schiumavano sulla lingua e delicatamente scendevano fino allo stomaco. Era come bere la più pura delle acque. Leggera e dal gusto sofisticato.
Una cameriera si avvicinò a me pronta a riempirmi di nuovo il calice ormai vuoto. Con un sorriso declinai e le consegnai il bicchiere che lei portò via.
"Mia cara"
Disse qualcuno sfiorandomi il braccio. Mi voltai e mi trovai faccia a faccia con un uomo dai lineamenti così regali che sembravano scolpiti da uno di quei famosi scultori italiani.
L'uomo aveva lunghi capelli castani che gli ricadevano sulla giacca, dal taglio francese avrei giurato, marrone scuro esattamente come i suoi occhi. Era pallido, più pallido di qualsiasi altro uomo o donna in quella sala e mi guardava meravigliato e.. sorpreso?
Ricambiai lo sguardo e poi sorrisi, con quel mio sorriso ingenuo e spontaneo che a volte non riuscivo affatto a controllare.
"Salve"
Dissi continuando a fissare ammirata e invidiosa quel viso perfetto. Lui aprii bocca per replicare ma un sospiro profondo troncò di netto le sue parole. Lo fissai confusa.
"Perdonatemi.. mi ricordate.. qualcuno"
Mi rispose con tono sommesso accennando a un sorriso. Piegai di lato la testa curiosa. Chi era, questo qualcuno?
"Katerina permettetemi di presentare lord Elijah"
Fece Trevor, un uomo che al fianco di Elijah sembrava così banale e inutile quanto quella carta da pareti anonima e traslucida. Conoscevo già Trevor. Era stato lui a portarmi li. Ed era stato lui a dirmi che quella sera era il compleanno di uno dei membri più importanti e influenti dell'elite londinese e che io sarei stata il suo regalo. E a sentire il nome di Elijah, capii che era lui il fratello del festeggiato e uno dei proprietari di quella tenuta.
"E' un vero piacere lord Elijah"
Dissi raccogliendo la parte superiore della mia gonna e inchinandomi a lui.
Elijah mi prese la mano e la portò alle labbra, quelle labbra fredde come il ghiaccio. Senza staccare gli occhi da me rispose:
"E' un piacere fare la vostra conoscenza.. Katerina"
Lo fissai meravigliata.
Meravigliata che conoscesse addirittura il mio nome e mi trattasse come se fossi la più nobile tra le donne presenti.
Qualcosa nel mio sguardo e nella mia espressione sembrava incantarlo. Decisi che era ora di prendere la situazione in mano. Non volevo sentirmi una stupida ragazzina al cospetto di un potente e ricco nobiluomo.
Cominciai a flirtare con lui. Presi un calice di champagne da un vassoio li vicino e glielo passai con fare civettuolo. Lui lo portò alle labbra e bevve, e qualcosa nel modo in cui beveva sembrò scatenarmi una tempesta dentro. Proprio li, infondo allo stomaco.
"Allora lord Elijah"
Feci quando lui ebbe finito di bere muovendomi per la stanza. Lui mi seguii all'instante. Bene, adesso ero io ad averlo in pugno.
"Dov'è questo anfitrione di cui ho sentito tanto parlare?"
Chiesi abbandonandomi ad una risata bassa e cristallina.
"E' elegantemente in ritardo.. adora gli ingressi trionfali"
Rispose Elijah guardandosi attorno in cerca di suo fratello. Non gli dissi che sapevo che erano fratelli. Non ancora.
Poi d'un tratto, puntando una mano verso una delle tante porte della stanza disse:
"Eccolo"
Mi voltai anch'io curiosa ed eccitata. Al suo ingresso sentii l'atmosfera nella sala cambiare. Occhiate di profonda gratitudine, rispetto, ammirazione e persino paura seguirono l'uomo che lentamente si faceva largo tra gli ospiti che ancora mi impedivano di vederlo.
Poi accadde tutto così velocemente da sembrare irreale.
Quando arrivò di fronte al camino, le fiamme dorate lo incorniciarono conferendogli un'aura quasi sovrannaturale. Con sguardo fiero e altezzoso e con un portamento che avrebbe turbato il sovrano d'Inghilterra in persona, il festeggiato si rivelò ai miei occhi come un antico e oscuro dio pagano. Un glorioso angelo vendicatore sceso dal cielo a cercar vendetta.
In un istante capii, come lo capii il mio cuore che ora batteva all'impazzata come le ali di un colibrì in gabbia, che la reputazione di cui l'uomo godeva era assolutamente meritata.
Quell'uomo avrebbe potuto permettersi qualsiasi cosa, persino arrivare in ritardo al cospetto dei sovrani d'Inghilterra o addirittura declinare un loro invito a corte. Ero sicura, che difronte alla sua persona, ogni cosa gli sarebbe stata perdonata.
Aveva l'aria di uno che va, prende e porta via senza curarsi di nulla e di nessuno.
Aveva la determinazione di un conquistatore e la fierezza di un Imperatore. Non mi sarei affatto sorpresa di vederlo seduto su un trono d'oro con uomini e donne adoranti ai suoi piedi. Se si escludeva il trono, era esattamente quello che stava accadendo in quel momento nella sala.
Quando anche lui mi vide e si accorse della mia presenza, il sorriso che mi riservò mi annientò definitivamente. Sul suo volto leonino leggevo una sorpresa e una felicità che mi davano un senso di euforia ed ebbrezza incontrollata.
Era bello più di un dio. Era bello più di qualsiasi re o imperatore.
Intrappolata in quello sguardo mortale, mi sentii un uccellino fragile che fissa un affascinante quanto spietato predatore.
Mi si mozzò il respiro mentre lui continuava a sorridermi, con quelle labbra perfette e quegli zigomi che esaltavano la sua espressione tronfia e gloriosa. Aveva lunghi capelli biondi, però più corti rispetto a quelli del fratello, e per un attimo provai la bizzarra sensazione di sfiorarli con una mano. Stavo per farlo, ignara di tutto ciò che mi circondava. Per me esistevano solo quegli occhi blu come l'oceano d'estate che mi catturavano e mi spingevano in un abisso sempre più profondo.
Poi d'improvviso, la voce di Elijah al mio fianco, sembrò riportarmi bruscamente alla realtà.
"Katerina, permettetemi di presentarvi lord Niklaus"
Niklaus.
Il suo nome fu registrato dalla mia mente con rapidità sorprendente. D'un tratto realizzai che non c'era nome più adatto per una divinità come lui.
Mi inchinai senza smettere di restare incollata a quello sguardo di acciaio liquido. Lui mi sorrise ancora e prese la mano che gli porgevo. La sua stretta tanto delicata da apparire irreale mi diede le vertigini.
Quando le sue labbra marmoree sfiorarono la mia mano accaldata sentii che stavo per cedere.
"Niklaus è il nome che mi ha dato mio padre.."
Fece una piccola pausa mentre lasciava la mia mano.
"..Vi prego, chiamatemi Klaus"
La sua voce era un balsamo che mi accarezzava la pelle.
"Da dove venite Katerina?"
Mi chiese con voce gentile.
Ignorando le sensazioni che mi dava sentir pronunciare il mio nome dalla sua bocca, risposi:
"Sono nuova in città milord"
E continuammo a fissarci e a fissarci...
Fu Elijah di nuovo a rompere quella sottile e ipnotica magia che legava la mia anima a quella del mio lord.
"Katerina viene dalla Bulgaria"
"Stravè Katerina"
Disse Klaus e non potei fare a meno di sorridere colpita. A Londra non avevo mai incontrato un solo uomo che parlasse la mia lingua. Eppure lui sembrava conoscerla e parlarla alla perfezione, come se davvero fosse un mio concittadino.
"Bravissimo"
Canticchiai fissando prima lui e poi suo fratello. Entrambi si scambiarono un'occhiata complice e poi tornarono a me sempre senza smettere di sorridere.
E poi di nuovo, dopo quel breve momento in cui avevo riacquistato la mia capacità di pensare razionalmente, quell'uomo enigmatico e attraente mi spiazzò con una delle sue richieste.
"Vi dispiace fratello? Vorrei restare un po' da solo con Katerina"
Chiese Klaus voltandosi appena verso suo fratello. Dopo un attimo di esitazione, Elijah sorrise e rispose:
"Niente affatto.. buon compleanno fratello"
Sembrava sincero. D'un tratto mi sembrò che il rapporto tra i due fosse ben più profondo e viscerale di quanto davano a vedere. Sembravano uniti da un legame vecchio quanto il mondo. Una frase mi balenò alla memoria, ma sembrava un pensiero così stupido che lo accantonai all'istante: 'Sono fratelli di sangue.. condividono tutto'.
Ma ora avevo altre preoccupazioni per la testa.
La prospettiva di restare sola con Klaus mi scatenò un'eccitazione tale da sentire le mie gambe tremare sotto gli orli del mio vestito. Per fortuna nessuno dei presenti sembrò accorgersene. D'un tratto le chiacchiere e le risate degli ospiti sparirono alla mia vista. Non esisteva altro che Klaus e il tempo che entrambi avremmo trascorso insieme.
Klaus gli sorrise e poi tornò a occuparsi di me. Mi prese per mano con naturalezza e io mi lasciai trasportare come un'animale obbediente col suo padrone. Ero lusingata di camminare fianco a fianco a lui, attirando gli sguardi colpiti e invidiosi dei presenti. L'espressione di molte donne non nascondeva affatto la loro gelosia mentre osservavano con occhi da falco la mia esile mano chiusa in quella forte e fredda di Klaus.
Lui sembrava in qualche modo percepire tutti i pensieri degli ospiti e ne era pienamente soddisfatto. Continuava a camminare fissando dritto davanti a se con un sorriso divertito sulle labbra di ghiaccio.
Mi ritrovai nella penombra di una camera da letto, grande quanto la sala che ci eravamo appena lasciati alle spalle. Eravamo al primo piano della tenuta e questa sembrava essere la camera più lussuosa e impotente dell'intero complesso.
Era chiaro visto a chi apparteneva.
I raggi della luna filtravano dalle finestre aperte e una leggera brezza scuoteva le tende di lino animandole come spettri sospesi nella notte. Mi guardai attorno meravigliata mentre studiavo ogni singolo oggetto d'arredo della stanza. Alle pareti erano appesi spade e scudi che sembravano provenire da un'altra epoca. Erano così antichi che non mi azzardai nemmeno a sfiorarli. Un grosso armadio, con zampe di leone intagliate verso il basso, aveva le ante semi aperte e potei scorgere un ampio guardaroba di capi scelti e pregiati. Un'enorme specchio, adorno di un'elaborata cornice d'oro troneggiava sull'intera stanza, ed era posto proprio di fronte all'immenso letto a baldacchino, conferendo alla stanza un senso di profondità ancora maggiore.
Le tende che circondavano il letto erano pesanti drappi color cremisi, esattamente identici al vestito che indossavo quella sera. E d'un tratto ricordai.
"Non vi ho ancora ringraziato"
Klaus intento ad accendere alcune candele sparse per la stanza si fermò osservandomi con un espressione curiosamente divertita. Era chiaro che percepiva il mio nervosismo e sembrava goderne.
"Per cosa Katerina?"
Sentir pronunciare di nuovo il mio nome, in una stanza vuota e silenziosa sortii un effetto ancor più devastante sul mio corpo.
"Per il vestito milord.. è il vostro compleanno eppure siete voi ad avermi fatto un regalo"
"Oh Katerina.. la vostra sola esistenza è per me già il più bello dei regali"
Mi fissò ridacchiando come se avesse appena detto una battuta di cui non ero a conoscenza. E per una attimo ebbi davvero paura.
Ma questo non mi impedii dal dire quello che avevo pensato poco prima:
"Date l'aria di uno che riceve costantemente dei regali.. e non affatto banali"
Lo punzecchiai muovendomi per la stanza mentre accarezzavo la tastiera del letto.
Lui finii di accendere l'ultima candela e fece qualche passo verso di me.
"Certo Katerina. Ma voi siete il più pregiato"
Era come se una mano invisibile mi avesse appena accartocciato le viscere. Incapace di sostenere il suo sguardo di fuoco, portai i miei occhi a fissare uno dei tanti cuscini ordinatamente sistemati sul copriletto.
"Non vi credo"
Replicai con tono di voce basso e severo.
D'un tratto sentii una leggera brezza sfiorarmi le braccia. Alzai il capo sorpresa di ritrovarmi Klaus esattamente davanti a me. Non l'avevo sentito arrivare, ne tanto meno muoversi. Restai sbalordita e di nuovo le mie labbra si dischiusero appena.
"Dovete credermi Katerina"
Rispose con voce così profonda come se da quelle parole dipendesse della mia vita. E in quel momento capii che ciò che diceva era la verità.
Bloccata nel suo sguardo magnetico, come se fossi in un sogno, lo osservai lentamente avvicinare il suo viso al mio.
Chiusi gli occhi e voltai appena il capo, il mio naso sfiorava il suo collo.
Aveva un odore così buono e intenso da darmi alla testa. Lo respirai con tutta l'anima.
"Mi desiderate Katerina?"
Non credevo che potesse utilizzare un tono ancor più basso e seducente. Le sue parole penetrarono nella mia mente e mi lasciai cullare dalla loro musicalità.
"Si mio signore.. vi desidero con tutta me stessa"
Ammisi con una sincerità disarmante che sorprese persino me stessa.
Come se gli avessi appena dato il consenso, e in effetti era quanto avevo appena fatto, il suo capo si chinò fino a che le sue labbra sfiorarono il profilo del mio collo. Capii che in qualche modo, qualcosa del mio collo lo affascinava. Passò i seguenti minuti ad esplorarlo lentamente, come incantato, servendosi delle sue labbra marmoree e a volte persino della sua lingua. Io nel frattempo, con le mani sul suo soprabito di seta blu, rabbrividivo al minimo tocco.
"Siete incantevole Katerina. Nessuna donna in tutta l'Inghilterra eguaglia la vostra bellezza"
Le sue parole erano come vino pregiato. Conferivano al mio corpo un senso di leggerezza e felicità tipici dell'ebbrezza. E io pendevo letteralmente dalle sue labbra. Mentre mi osservava con quegli occhi che celavano misteri a me ignoti, le sue mani si arrestarono sul mio collo. Poi lentamente presero a scendere sulle mie spalle e sui miei fianchi, e con esse anche il mio vestito. Restai in sottoveste e lui mi aiutò a uscire dall'abito pregiato che mi aveva regalato e che ormai giaceva ai miei piedi. I raggi argentei della luna sfioravano la mia sottoveste bianca e questa visione sembrò incantarlo terribilmente. Vedendo il fuoco del desiderio ardere sul suo viso, capii in quel momento quanto davvero lo desideravo. Volevo essere realmente il miglior regalo che avesse mai ricevuto in tutta la sua vita. Volevo essere davvero il suo nettare pregiato.
In quel momento, con un'intensità che mi sorprese, capii che avrei fatto qualsiasi cosa pur di soddisfare quell'oscuro dio pagano.
Sempre con delicatezza disarmante, mi voltò e prese a sciogliere i lacci della mia sottoveste. Anche quella fini per terra lasciando il mio corpo completamente nudo e bagnato dai raggi di luna.
Lui lo osservò servendosi dello specchio di fronte al letto. Mi spinse con la schiena contro il suo petto e io sospirai mentre le sue mani mi avvolgevano i seni massaggiandoli come se fossero fragili oggetti di cristallo.
"Avete il corpo di una dea antica Katerina"
Mi sussurrò con le labbra incollate al mio orecchio. Io voltai la testa verso le sue labbra, perché d'un tratto tutto ciò che volevo era assaporarle con le mie.
Lui intuii le mie intenzioni e lasciò che le esplorassi con la mia bocca.
Dapprima il bacio fu il più dolce e delicato che avessi mai ricevuto in tutta la mia vita. Era un bacio timido, esitante.. un bacio che mi permetteva di assaporare e conoscere ogni centimetro di quelle labbra pallide. Poi mentre una delle sue mani abbandonò il mio seno per scendere in profondità fino al punto tra le mie cosce, la mia diventò una vera e propria urgenza. Lo baciai come se da lui dipendesse la mia fonte personale di ossigeno. E in quel momento era cosi.
Il pollice e l'indice della sua mano stuzzicavano le labbra della mia vagina conferendomi sensazioni vertiginose che dal mio stomaco giungevano sino al mio cuore.
Impaziente mi voltai verso di lui e mentre la mia bocca continuava a dipendere dalla sua, accompagnai le sua mani fin sopra il mio fondoschiena. Mentre lui lo massaggiava con tocco esperto, sentii la sua eccitazione crescere e fremere nei suoi pantaloni. E d'un tratto capii che non potevo più aspettare.
Le mie mani sciolsero i lacci della sua giacca. Lo allontanai dal mio viso giusto il tempo per sfilargliela dal petto. Non mi stupii quando mi ritrovai di fronte al suo fisico possente e scolpito. Lo fissai meravigliata prima che le mie mani prendessero a sfiorargli i pettorali fino a scendere lungo il bordo dei suoi pantaloni. Lui ricambiò il mio sguardo con una tale intensità che alimentava il mio desiderio e la mia impazienza. Con mani febbrili liberai la sua eccitazione.
Ora il suo corpo freddo e nudo era di fronte al mio in tutta la sua bellezza.
Annullai la distanza che c'era tra noi e mentre riprendevo a baciarlo, lasciai che la mia intimità sfregasse contro la sua eccitazione.
Questo sembrò spegnere ogni minima traccia di razionalità che era persistita in lui fino a quel momento.
Mi scaraventò sul letto, su quelle lenzuola di seta nera soffici e delicate come la pelle del suo proprietario. Distesa e completamente alla sue mercè lo osservai inginocchiarsi sul letto di fronte a me, con il suo pene eretto che ormai premeva contro i suoi addominali.
Si chinò lentamente inchiodandomi con quegli occhi febbrili su quei cuscini che conservavano il suo odore.
Il suo viso esprimeva un'urgenza e un desiderio che mi lasciarono letteralmente senza fiato.
Inarcò la schiena, e aiutandosi con una mano inclinò la sua eccitazione verso la mia intimità.
La sfiorò con la punta del suo pene provocandomi un ulteriore sofferenze e impazienza e poi, proprio mentre chiudevo gli occhi e sospiravo frustrata, mi penetrò in un solo colpo.
La mia vagina era ormai ben pronta ad accoglierlo e l'impatto non fu affatto doloroso come avevo creduto.
Aggrappandomi alle sue braccia dure e frementi, lo accolsi mentre cominciava a muoversi con ritmo sostenuto dentro di me.
Ogni affondo portava nel mio essere nuove vibrazioni che scuotevano ogni cellula del mio corpo. Lo sentii gemere, un piccolo gemito roco e profondo come quello di un predatore soddisfatto e quel suono rischiò di farmi raggiungere l'orgasmo immediatamente.
Ma resistetti all'impulso. Volevo prolungare quell'attimo di piacere estatico il più a lungo possibile.
Lui continuava a muoversi dentro di me, ma d'un tratto non fu più abbastanza. Volevo sentirlo fino in fondo, percepire ogni centimetro della sua eccitazione. Cosi stiracchiai le gambe e le posai sui suoi glutei scolpiti. Lo aiutai negli affondi a raggiungermi in territori profondi e inesplorati. Territori che ero felice fosse lui stesso ad esplorare.
Le mie mani restavano aggrappate alle sue braccia, come conchiglie ad una roccia.
Mi azzardai a fissare il suo viso e l'eccitazione animalesca che vi lessi fu il colpo di grazia. Anche lui sembrava non averne abbastanza di me. Con le labbra cercò le mie. Fu un bacio rovente, mentre le nostre lingue si esploravano e combattevano come i nostri corpi avvinghiati.
Poi mi lasciò respirare e la sua bocca si spostò sul mio collo.
Fremetti mentre le mie mani abbandonavano le sue braccia per aggrapparsi alla sua schiena, ai suoi capelli che erano setosi e morbidi come avevo immaginato. Le mie unghia graffiarono la sua schiena mentre lui con voce roca e spezzata sussurrò:
"Venite con me Katerina"
L'ultima cosa che ricordai, mentre affogavo nel mare del piacere scatenato dal mio orgasmo, furono i suoi denti che penetravano la mia gola.
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Memorie di Katherine Pierce
FanficInghilterra, 1492. Katerina Petrova appena esiliata dalla sua terra, la Bulgaria, giunge in Inghilterra dove ha luogo un incontro che le cambierà la vita. Incontra Klaus ed Elijah, due fratelli uniti da un legame che lei stessa non riesce a capire f...