OverPower 3.2 - Parte 1

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Giorno 0

Applausi, strette di mano e sorrisi.
Li accetto volentieri e contraccambio elargendo con parsimonia qualche pacca sulla spalla e alcuni calibrati elogi al team, dirigendomi verso la vasta sala conferenze della Centrale, illuminata da potenti fari che tra pochi minuti faranno risplendere il momento più importante della storia dell'umanità.
Non riesco a trattenere un sorriso compiaciuto al pensiero di essere l'artefice di tale evento.
Nel momento in cui metto piede sul palco, mi sommerge uno scroscio di applausi sonoro come mille tuoni, e come mille fulmini si scatenano i flash dei giornalisti invitati alla conferenza stampa.
Il team entra dietro di me e si accomoda su alcune poltroncine appositamente disposte ai margini del palco, sotto l'imponente schermo olografico. Li osservo mentre si posizionano e mi sorprendo nel rendermi conto di quanti siano: diverse decine tra uomini e donne di età varia dai venti ai sessant'anni. La stampa scriverà di un gruppo eterogeneo ma affiatato, di un'equipe cosmopolita ma unita dall'entusiasmo di realizzare un progetto quasi inimmaginabile, e farà una gran bella impressione.
I miei collaboratori interpretano la mia espressione soddisfatta come partecipazione al successo di un lavoro comune, ma a me riesce difficile sminuire in maniera tanto volgare il mio operato: il progetto si sarebbe realizzato anche se il team fosse stato diverso, ma non avrebbe potuto nascere, né svilupparsi, né concludersi con successo senza di me.
Senza Oscar Dome.
Faccio scorrere lo sguardo su di loro da destra a sinistra: nella prima fila vedo Panda, Switch, Gomma, il Rosso e Due-Tacche.
Conosco i nomi di tutti ma raramente li uso, rivolgendomi a loro con termini generici e formali, tipo "professore" o "dottoressa", che mi servono per dissimulare la mia pigrizia nel voler ricordare l'identità di ognuno. In compenso, li identifico chiaramente tramite questi simpatici nomignoli segreti che affibbio loro, ispirati spesso da qualche caratteristica fisica particolare.
L'unica che chiamo per nome è la mia sorella minore, Selene.
Selene, come la dea della Luna, un tributo donato dai nostri genitori all'universo, allo spazio cosmico e all'astronomia, loro unica e vera passione.
Selene, l'unica che possiede un soprannome pubblico e usato da tutti, fuorché da me.
La Coraggiosa, è così che la chiamano.
La Sventata, la definirei io, piuttosto.
La vedo mentre si siede gioiosa accanto a Switch, che mi pare la stia osservando con un po' troppa attenzione, cosa della quale non mi ero mai accorto prima. Comunque dubito che sia invaghito di lei: se io fossi un giovane e promettente informatico con specializzazione in software di controllo di sistemi complessi, di ventisette anni e di bell'aspetto, lancerei lo sguardo ben oltre, non soffermandomi che qualche istante su una ragazzina poco più che ventenne dal corpo ancora molto acerbo e comunque troppo bassa, troppo magra, troppo esuberante e per giunta con quella orribile mutilazione.
Come sempre, non riesco ad evitare di puntare gli occhi verso le mani di mia sorella e coglierne il dettaglio delle due falangi mancanti - le ultime del dito medio e anulare della mano sinistra - e mi domando chi mai potrebbe innamorarsi di una ragazza con un tale deficit fisico. Per quanto bene io possa volere a Selene, non riesco a non provare un senso di nauseante raccapriccio alla vista della sua menomazione, così come non posso esimermi dal domandarmi come avesse potuto pensare di cavarsela, il giorno dell'incidente, ficcando le mani tra le fauci di un rottweiler inferocito per strappargli il suo insulso cagnetto che era appena stato azzannato.
La Coraggiosa.
La Sventata.
Perdere due falangi e rovinarsi la vita per salvare uno stupido bastardino solo perché lo aveva visto nascere e crescere, ed era suo da quando era bambina!
Di tutte le imprese cosiddette eroiche che aveva compiuto, e che le erano valse il soprannome, la lotta con il combattivo rottweiler era sicuramente quella finita peggio.
Mi lascio scappare un sospiro rassegnato nel ripercorrere le altre follie di Selene: tuffarsi in un lago dalle acque limacciose per tirare a riva un bambino caduto dal molo, trascinare fuori dal laboratorio una bombola di gas che aveva preso fuoco, prima che esplodesse devastando l'edificio...
Switch sembra immensamente felice di sederle accanto, ma forse è solo contagiato dall'atmosfera dell'evento, al quale ritorno immediatamente, sfoggiando un sorriso volutamente vittorioso e ricevendone in cambio un'altra ovazione di applausi.
È il mio momento.
Mi concedo ancora un attimo per immaginare l'effetto che sto facendo alla platea di fronte a me: Oscar Dome, il brillante e famoso scienziato di neppure quarant'anni, un giovane uomo elegante e distinto dai corti capelli corvini, lo sguardo magnetico (è uno dei miei vanti) e il fisico atletico. Un connubio di fascino e successo, mi viene da pensare mentre istintivamente cerco di decifrare le sensazioni delle molte donne presenti tra il pubblico. Sorvolo su questo pensiero un po' troppo immodesto e torno a concentrarmi sul discorso che sto per fare.
La folla tace, le luci che illuminavano la sala si sono spente in una rapida dissolvenza e lo schermo olografico alle mie spalle è pronto per supportare, con una ben studiata serie di immagini, il mio tanto atteso monologo.
Sono tutti qui per me, e non sprecherò tale istante.
Attendo ancora, affinché tutti i giornalisti, gli scienziati, le importanti personalità presenti siano perfettamente in silenzio.
Non sono teso: sono perfettamente preparato.
Dopo l'immenso lavoro svolto, trovarsi in veste di oratore di fronte ad una simile platea e in una circostanza di tale sconfinata importanza conta alla fine ben poco, ma dona comunque una soddisfazione impagabile.
Ora il silenzio è totale. Temporeggio ancora pochi secondi e poi attacco con il mio discorso.
"Il giorno 15 febbraio dell'anno 2013, in una sperduta zona della Russia nei pressi dei Monti Urali, una violenta pioggia di frammenti di meteoriti si schiantò sulla Terra.
La maggior parte di voi ricorderà l'avvenimento, pur se accaduto molti anni fa. Qualcun altro, temo, era allora ancora un bambino e non può rammentarlo, ma poco importa: come saprete, la notizia rimase alla ribalta della cronaca per pochi giorni, dopo i quali finì nell'oblio e venne archiviata come un semplice evento tanto insolito quanto spettacolare.
Ai tempi, nessuno avrebbe potuto immaginare quale rilevanza - quale immensa, incommensurabile importanza - avrebbero avuto le ricerche effettuate sul materiale precipitato a terra."
Alle mie spalle, di fronte allo schermo olografico, appare volteggiando l'ormai universalmente familiare immagine in tre dimensioni del meteorite CHELY245, il più importante dal punto di vista scientifico.
"Molti di voi erano già presenti in questa stessa sala quando, dodici anni fa, annunciammo al mondo la più rivoluzionaria scoperta della storia, svelando all'umanità l'incredibile peculiarità del minerale di cui questo meteorite è composto."
Avvolgo in una carrellata visiva l'intera platea, come se mi stessi sincerando veramente che una certa percentuale di astanti fosse già comparsa una dozzina di anni prima dinanzi a quello stesso palco, cosa che certamente non potrei ricordarmi.
Nonostante nessun abitante di questo pianeta ignori ormai più le caratteristiche del materiale, mi concedo una piccola digressione per ribadirle, giudicandole assolutamente pertinenti.
"Il meteorite che potete ammirare nella trasposizione olografica e che ormai tutti conoscete molto bene è identificato con la sigla CHELY245 - dal luogo in cui è stato ritrovato, la regione di Chelyabinsk - ed è formato quasi interamente da un minerale ai tempi sconosciuto sulla Terra, battezzato come di rito con il nome dello scopritore: la domeìte."
L'applauso esplode fragoroso e unanime e non posso fare a meno di compiacermene: il minerale che ha cambiato la storia dell'Uomo porta il mio nome!
I miei collaboratori si uniscono orgogliosi agli applausi.
Mi volto un istante a sorridere e ad esigere la mia ben meritata parte di elogi, e scorgo Switch mentre fissa negli occhi mia sorella Selene con lo sguardo ammaliato di chi finge di ignorare che è il mio cognome a dare il nome al minerale, e non quello di lei, anche se naturalmente coincidono.
La folla si quieta in attesa che io prosegua.
"E come saprete... come tutto il mondo sa, ormai, da dodici anni, la particolarità della domeìte è quella di creare un ponte con altra domeìte" esclamo trattenendo per un attimo l'ormai nota, ma sempre stupefacente, informazione: "la particolarità della domeìte è quella di creare un ponte con altra domeìte superando la barriera del tempo!"
Un altro scroscio di applausi. Temo che la folla di giornalisti e scienziati arrivi al momento della rivelazione più eclatante con le mani spellate.
"Il primo ad identificare come sconosciuto il nuovo minerale presente all'interno del meteorite fu il sottoscritto, immediatamente dopo aver effettuato le dovute analisi sul reperto" - riassumo brevemente, al fine di alimentare l'aspettativa per la rivelazione cruciale - "e come molti di voi sapranno, gli studi sulla domeìte iniziarono subito dopo e durano da molti anni. Si deve al sottoscritto anche l'intuizione delle potenzialità intertemporali di questo materiale."
Nasce un mormorio di ammirazione tra la folla e lascio che si esaurisca autonomamente, prima di riprendere.
"E come tutti voi saprete, è ancora grazie al team qui presente - di cui mi onoro essere il fondatore e coordinatore - che dodici anni fa è stato possibile provare scientificamente la suddetta sconvolgente, rivoluzionaria teoria: quando attivata da una potente carica elettrica, la domeìte ha la capacità di creare un ponte temporale con altra «materia domeìtica» che si sia trovata nello stesso luogo in un qualunque momento nel tempo, attraverso il quale far fluire onde elettromagnetiche. In pratica, la domeìte permette i viaggi nel tempo!"
La platea si alza in piedi ed è un'ovazione che dura per minuti, anche se - appunto - la notizia non è certo un'anteprima.
Lo è quella che sto per annunciare, in compenso.
Quando la folla si ricompone, l'adrenalina è palpabile. Nonostante ciò che sto per rivelare sia stato in qualche modo anticipato, la consapevolezza di vivere un momento storico è impareggiabilmente entusiasmante.
Devo mio malgrado mettere fine al rumoreggiare degli astanti e proseguire il discorso: le sorprese sono appena iniziate!
"Dodici anni fa, i più importanti laboratori del mondo interruppero ogni loro esperimento in corso per dedicarsi agli studi sulla domeìte, e naturalmente noi facemmo altrettanto. Le possibilità che la mia... che la nostra scoperta spalancava erano numerosissime e affascinanti!
Così ci fu chi si dedicò allo studio di un sistema per viaggiare nel passato e chi nel futuro, oppure chi ipotizzò di poter inviare anche materia solida insieme alle onde elettromagnetiche."
Il mormorio dei presenti aumenta trepidante mentre gioco con gli attimi, alimentando la suspense.
"Ma naturalmente" - riprendo - "la domanda che tutti si ponevano era una sola: l'uomo avrebbe mai potuto viaggiare nel tempo? E se sì, quando questo avrebbe potuto realizzarsi?"
Vedo i presenti osservarsi l'un l'altro annuendo e inevitabilmente lo trovo divertente.
Sto per svelare la clamorosa notizia che sarà il coronamento del mio successo, il risultato che renderà il nome Oscar Dome immortale.
"Ebbene signori e signore, a quelle domande le risposte sono: sì, ora."
Questa volta gli applausi esplodono più fragorosi che mai, la gente si alza in piedi, i flash scattano come fuochi d'artificio illuminando il mio sorriso fiero. L'ovazione dura qualche minuto, ma ora la platea richiede che io prosegua il mio discorso, e io non attendo altro.
Ad un mio cenno, la tenda virtuale che oscura la vetrata della sala conferenze scompare, rivelando il panorama all'esterno.
"Il nostro laboratorio!" esclamo presentando la grigia e tetra centrale nucleare che domina la maggior parte della visuale. Non fa certo una bella figura, con le sue forme squadrate e le pareti in cemento, brutte come la gigantesca torre di raffreddamento che si erge imponente dietro all'edificio principale. È una piccola centrale a fissione nucleare costruita negli anni Settanta del secolo scorso, con un solo reattore. Il nocciolo, dove si svolge la reazione nucleare, è racchiuso dentro un edificio di contenimento in acciaio e cemento ed è parzialmente interrato, ma è proprio la parte scoperta quella dall'aspetto più squallido. Di fianco all'edificio del nocciolo, si distingue una palazzina rimbiancata di fresco, ed è lì che si trovano i vari laboratori, nonché la sala di controllo del reattore.
A coloro che reputano brutto il complesso della centrale, solitamente faccio notare che almeno se ne vede solo una piccola parte: in realtà, oltre al nocciolo, si trova interrata anche una discreta rete di corridoi e passaggi sotterranei che collegano la sala di controllo all'edificio del reattore, alle turbine e ai rifugi antiatomici, che sono posti ad ancora maggiore profondità.
Inutile invece cercare di difendere l'estetica dell'orribile muro di cinta sormontato da una recinzione con filo spinato.
Per antitesi, l'antico abitato di Bellbourg, situato a soli due chilometri, è un grazioso paesello dall'aria quieta e paciosa con un'inconfondibile atmosfera da Ventesimo Secolo che lo rende una meta turistica abbastanza frequentata. Alcuni dicono che lo sarebbe di più se la centrale venisse rasa al suolo, e per molti anni questa è stata una prospettiva piuttosto probabile.
Poi siamo arrivati noi.
"Alla fine del ventesimo secolo la centrale nucleare di Bellbourg venne abbandonata per un fattore di convenienza: l'adattamento tecnologico e il rinnovamento degli impianti di sicurezza sarebbero stati eccessivamente onerosi" - mi soffermo a spiegare - "ma l'immenso fabbisogno energetico richiesto dagli esperimenti sulla domeìte ha fatto sì che la sua sorte venisse
riconsiderata: a titolo di contributo alle ingenti spese necessarie per la ricerca, lo Stato ha messo a disposizione a me e al mio team l'intera struttura!"
L'applauso generale è più flebile di quelli precedenti. Devo accorciare il discorso se voglio tenere desta l'attenzione.
Mentre bevo un sorso d'acqua per rischiararmi la voce noto Due-Tacche, alle mie spalle, che si rivolge a me con un gesto discreto.
Lo ignoro.
È il responsabile della centrale nucleare e so cosa vuole in questo momento: prendere la parola al posto mio e annoiare la platea con inutili disquisizioni sulla potenza del reattore o la quantità di uranio utilizzabile.
Ne avevamo già parlato prima della conferenza ed ero stato molto chiaro con lui: non ci sarebbero stati interventi da parte della squadra, e se anche fossero stati previsti, lui ne sarebbe stato ovviamente escluso, vuoi perché la descrizione della centrale doveva necessariamente essere molto breve, vuoi perché - parliamoci chiaro - il caro Due-Tacche è impresentabile, con il suo metro e sessanta di altezza e la pancia da bevitore di birra, per non parlare della calvizie. Per quanto in questo preciso momento sia impeccabile in un completo grigio che stranamente sembra slanciarlo, è escluso che io gli passi il microfono proprio all'apice del mio discorso.
Lo ripagherò del mancato intervento offrendogli una birra.
Mi volto verso la platea e proseguo.
"In questo laboratorio io e il mio team abbiamo iniziato, svolto e portato a termine innumerevoli esperimenti legati alla domeìte, finché non abbiamo raggiunto l'obiettivo che ci eravamo prefissati: far viaggiare nel tempo un essere vivente!"
Ora sì che l'attenzione si è ridestata: il mormorio aumenta trepidante. Attivo nuovamente la tenda virtuale, oscurando così la vetrata, e accenno alle immagini che iniziano a scorrere davanti allo schermo olografico: uno simpatico scimpanzé gironzola all'interno di una stanza.
Questa parte dell'esperimento in realtà è materia di Gomma, la nostra etologa, ma non ho nessuna intenzione di cederle la parola proprio in questo momento, dopo tutto il lavoro che ho svolto in questi anni. Per impedire che anche a lei venga in mente di reclamare il suo ruolo rubandomi la scena evito persino di voltarmi, continuando a sorridere ai presenti e spiegando il ruolo del primate.
"Bingo è la nostra cavia. Il primo essere vivente che abbia mai viaggiato nel tempo, anche se naturalmente non se n'è accorto..."
La platea ridacchia alla mia battuta e io attendo che si ricomponga prima di passare alla parte seria.
"Siamo al minuto 00:00 del nostro esperimento. La potenza del reattore è stata aumentata fino al livello necessario e l'elettricità creata è stata convogliata verso la massa di domeìte che vedete dentro la gabbia. Si tratta di quelle barre appoggiate sui supporti a parete, che sono già quasi pronte per creare un ponte temporale: lo notate dalla colorazione nera che assume questo materiale quando si attiva.
L'istante che vedete ora nell'immagine olografica è diventato una porta aperta per i viaggi nel tempo: in qualunque momento della storia, portando altra domeìte allo stadio di eccitazione indotto da una potenza di almeno 1 Gigawatt, si potrà tornare indietro a quel preciso momento, nel nostro laboratorio. Per questo motivo, ci siamo dotati di una bottiglia di champagne da tenere in frigorifero, per poter dare il benvenuto ai nostri ospiti dal futuro!"
Selene mi aveva consigliato di togliere questa battuta dal discorso, ma ho fatto bene a mantenerla: la platea sta ridacchiando.
"Torniamo al nostro scimpanzé. Bingo è di fronte ad una scelta molto semplice: deve aprire una delle tre porte che gli si spalancano dinanzi, ma non ha dubbi perché è abituato ad aprire soltanto la porta dipinta di rosso. Questa infatti, nasconde una squisita banana."
Il filmato scorre, mostrando Bingo che spalanca senza esitazione la porta rossa.
"C'è da dire, tuttavia, che anche la porta gialla nasconde una banana, ma Bingo questo non lo sa: non ha mai aperto la porta gialla, accontentandosi dello spuntino offertogli da quella rossa. La porta blu, invece, presenta una sorpresa poco gradita sotto forma di una secchiata d'acqua, ma Bingo ignora anche questo.
La situazione è quindi questa: porta rossa e gialla uguale banana, porta blu uguale doccia fredda."
Il prospettino esemplificativo che appare sullo schermo mi sembra destinato più ad una mandria di analfabeti che ad una platea di giornalisti, ma pare che senza un grafico non possano venire a capo di un concetto così semplice, a quanto mi è stato detto.
"Ora Bingo va a farsi un riposino mentre noi gli prepariamo uno scherzetto" - annuncio proseguendo la mia spiegazione - "togliamo la banana da dietro la porta rossa e la mettiamo dietro quella blu. Analogamente togliamo la doccia fredda dalla porta blu e la mettiamo dietro alla rossa. Ecco che al minuto 08:48 facciamo rientrare Bingo e lui, fatalmente, si dirige verso la porta rossa, incappando nella secchiata d'acqua anziché nella banana."
L'immagine dello scimpanzé che viene investito da una cascata d'acqua è convincente senza essere cruenta e la platea reagisce in maniera composta.
"Ora Bingo verrà invitato ad andare verso la porta blu, che scoprirà essere la sua nuova strada verso il cibo. Attenzione! Notate che anche la porta gialla contiene la banana, ma Bingo ancora non l'ha mai provato: la nostra cavia per ora ha imparato che il rosso non è più affidabile e deve dirigersi verso la porta blu. Come vedete, ora ha preso la banana dietro la porta blu ed ecco il momento in cui il nostro scimpanzé diventa un eroe!"
Le immagini mostrano il primate che si accuccia a mangiare il frutto, mentre le barre di domeìte purissima contenute nella gabbia vengono ulteriormente caricate e prendono un'intensa colorazione nera.
"Allo stato attuale è ancora impossibile trasportare nel tempo il corpo di un essere vivente, ma questo non è affatto necessario, per fortuna: è sufficiente trasportarne le onde cerebrali, cioè - per così dire - il suo pensiero, la sua capacità cerebrale. Tanto, nel posto in cui vogliamo spedirlo, avrà a disposizione comunque il suo corpo, non è così? Diciamo che controllerà dal momento 10:00 il corpo che si troverà nel momento 00:00."
Scansiono brevemente con lo sguardo le persone di fronte a me e noto già nei loro occhi palesi segni di smarrimento.
"Stiamo infatti spedendo Bingo indietro nel tempo fino al momento 00:00 dell'esperimento, lo lasceremo lì qualche minuto, e poi lo riporteremo nel presente grazie ad una strumentazione di precisione che "aggancerà" la corretta finestra di tempo.
Non potremo filmare né riprendere in alcun modo cosa accadrà nella sua «seconda vita al momento 00:00» ma sarà lui stesso a dircelo, una volta tornato."
La scena madre del viaggio nel tempo si sovrappone alle mie parole. Purtroppo non è molto cinematografica: non si vedono lampi bluastri, né esplosioni, né luci accecanti, niente di niente. Il filmato indugia prima sul monitor che mostra il raggiungimento del picco di potenza prodotta dal reattore, poi sulla silhouette di Bingo, steso come per un pisolino dentro la gabbia, infine sul display dov'è visualizzato il timer dell'esperimento.
Mi volto brevemente verso il mio team e lo sguardo di Gomma mi incenerisce. Mi sembra che si sia tinta i capelli di una tonalità più rossa: evidentemente si è messa in tiro per il grande discorso, ma per il mio carattere questi atti di vanità sono intollerabili. Sono più convinto che mai a non lasciarle la parola, anche se persino mia sorella Selene sta ammiccando e gesticolando per convincermi a passare il microfono all'etologa.
Non è il momento: lo scimpanzé sta quasi per risvegliarsi. Una breve animazione accompagna ora le mie parole.
"Abbiamo visto, signori, che Bingo prediligeva la porta rossa, ma ora ha imparato che deve aprire invece la porta blu, pena una spiacevole doccia. Se Bingo non avesse viaggiato nel tempo, al suo risveglio sarebbe ancora convinto di dover aprire la porta blu per soddisfare i propri appetiti, ma vedrete che invece il nostro simpatico scimpanzé ha imparato qualcosa di diverso, e lo ha imparato nel passato!"
Mi aspettavo che il pubblico, a questo punto, reagisse palesando la propria comprensione della dinamica dell'esperimento, ma il mutismo è generalizzato, quindi trattengo un sospiro di sconforto e procedo con la spiegazione.
"Bingo è tornato all'istante 00:00 e rivive lo stesso identico momento che voi avete osservato pochi minuti fa sullo schermo olografico. Quale sarà ora la sua scelta? Di sicuro non riaprirà la porta rossa, avendo imparato che rischia una lavata. La lezione che ha imparato nel futuro è di aprire la porta blu, e lo farà. Ma c'è un problema: al momento 00:00 il rosso era sicuro, e il blu era la trappola idrica.
Immaginiamo Bingo che evita la porta rossa e si avvia deciso verso quella blu, finendo vittima di una doccia inaspettata... Cosa farà ora? Ma certo! Tenterà la porta gialla, quella che non aveva mai provato! E gli andrà bene, perché al fondo troverà una deliziosa banana."
Il display del filmato indica ora il minuto 15:00 dall'inizio dell'esperimento. È ora di mostrare la parte finale.
"Eccoci arrivati alla prova del nove! Risvegliamo Bingo e lo poniamo di fronte alle solite porte: quale sceglierà ora? Guardate!" - nel video, lo scimpanzé si lancia senza tentennamenti verso la porta gialla - "Ha scelto il giallo! Il colore che non aveva mai provato! Non in questo tempo presente, almeno: lo ha scoperto solo dopo essere tornato indietro nel tempo, e questa è la prova inconfutabile, signori!"

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