"Sei già a casa"

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"Tutto questo che significa, Luke?"
Chiesi smarrita prima di passare le dita sulla porta lilla davanti a me, con il mio nome inciso sopra.
"Significa che sei figlia di Ermes, December. E che sei mia sorella, diciamo." Disse con tono pacato, nemmeno fosse la cosa più banale e scontata del mondo.
"Diciamo che fingo di non essere traumatizzata. E diciamo che domani torno a casa."
"Ti sbagli, dolcezza; sei già a casa."
Dopo quella frase non dissi più nulla, entrai nella stanza con il mio nome e mi stesi a letto, guardando la camera completamente bianca, sembrava esser stata creata per essere personalizzata, sembrava avermi aspettato per tutto quel tempo.
Sospirai appena e mi rigirai più volte nel letto: nulla, non riuscivo proprio a prender sonno.
Dopotutto, chi riuscirebbe a dormire dopo due giorni del genere?
Le parole di Luke mi tormentavano.
Come accidenti potevo essere figlia di Ermes? Perché mia mamma non mi aveva parlato di nulla, se sapeva?
E soprattutto: sapeva?

Passai la notte a pensare alle parole di mia mamma e a quelle di Luke, tentavo di ricordare un padre nella mia infanzia, ma nemmeno un briciolo di ricordo riaffiorava, io non avevo mai avuto un padre.
Mia madre Elisabeth era sempre stata come una madre e un padre assieme, per me.
Mi aveva insegnato ad essere educata e ad esultare per le partite di baseball, mi aveva insegnato la matematica e come fare i rutti.

La mattina non si mosse nulla fino alle nove e mezza, quando qualcuno bussò alla mia porta.
"December, la colazione!" Esclamò la voce di Luke ancora impastata dal sonno.
Uscii dalla mia stanza e mi guardai attorno, ora il corridoio e le stanze erano illuminate dalla naturale luce del sole e tantissimi dettagli che non avevo notato stavano venendo fuori.
Era una casa un po' malandata, sembrava essere molto vecchia, nonostante la struttura fosse moderna.
Era una bella casa, però, le porte erano di colori diversi, il pavimento era fatto da parquet e piastrelle colorate: sembrava che ogni parte di quella casa fosse stata messa in momenti diversi da diverse persone.
Scesi le scale lentamente, cercando di far scricchiolare il legno il meno possibile; non volevo che si voltassero tutti a guardare quel che poteva essere il mio aspetto dopo una notte insonne, eppure scivolai, mancando l'ultimo gradino e facendo voltare tutti.
Qualcuno rise, e dentro di me risi anch'io.
Che schifo di inizio, December.

"Il mio genitore divino ancora non mi ha riconosciuto, per questo vi faccio compagnia nella casa di Ermes." Mi disse Ethan, un ragazzo che avevo conosciuto pochi minuti prima e che ora, con me, si stava incamminando verso il padiglione dove si teneva la colazione.
"Oh, e non hai nessun modo per chiedere di essere riconosciuto? Oppure una qualche strana dote.."
Chiesi facendolo ridere, evidentemente le mie domande suonavano banali agli occhi dei ragazzi che abitavano al Campo da più tempo.
"No, diciamo di no. Ecco, vieni! Questo è il nostro tavolo!" Mi disse indicandomi un lunghissimo tavolo da pic-nic con panche altrettanto lunghe sulle sue lunghezze.
Alcuni ragazzi si erano appena seduti ed altri si stavano accomodando in quel momento.
Sembrava tutto organizzato secondo perfetti schemi, ogni tavolo era abbinato ad una delle Case, quindi un tavolo per dio.
In alcuni tavoli c'erano solo un paio di persone, e questa cosa mi rattristava un po'.
Chissà come si sentivano soli nelle loro Case e durante i pasti.
Per qualche strana ragione, ringraziai mio 'padre' di essere il dio dell'ospitalità ai viandanti, la casa di Ermes era sempre piena di gente.

ANGOLO AUTRICE;
Premetto che so che questo capitolo fa abbastanza pena, e mi spiace, ma sono davvero immersa nello studio e dunque faccio fatica a ritagliare del tempo per aggiornare.
Spero vi piaccia ugualmente!
Baci baci e buon San Valentino! xx

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