VII Capitolo

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C'era una volta un paese dove gli uomini innamorati coglievano un fiore di campo carnoso e sensuale per darlo in omaggio alle loro compagne come pegno di amore eterno.
Questo fiore incantato era nato in una notte triste ed eterna culla dell'amore tra il giovane Shirin e la bella Ferhad. Un giorno Shirin si allontanò, il suo amore lo aspettava, ma i giorni passavano e lui non tornava, così una sera Ferhad si avventurò nel deserto nella speranza di trovarlo, ma l'unica cosa che trovò furono la stanchezza e la fatica che la fecero cadere su delle pietre aguzze. Distrutta dal dolore e dalle ferite Ferhad incominciò a piangere e le sue lacrime si mischiarono al sangue delle sue ferite e bagnarono il terreno da cui nacquero i primi tulipani. Da allora tutte le primavere questi fiori tornano a fiorire nelle terre di Persia in ricordo di questo amore infelice.*



Fu il rumore della finestra che si apriva a svegliare Federico, quella mattina. Il letto era ancora caldo, intriso dell'odore di Emma, ma lei non era più accanto a lui.
-Fuggi come i ladri?- mormorò assonnato, gettando un'occhiata alla ragazza.
Emma era già con un piede fuori, pronta a fare un salto non esattamente sicuro. Calcolava la distanza che la separava dal suolo con le labbra sottili arricciate, gli occhi verdi ridotti a due fessure.
-Dovevo scappare prima che iniziassi con le sdolcinate frasi mattutine tipiche dei film- sorrise lei, chiudendo la finestra.
Federico sbadigliò, stiracchiandosi. –Se ti sembro il tipo da frasi sdolcinate, allora non hai capito niente di me.
Emma rise, sistemandosi i corti capelli castani dietro le orecchie. Aveva gli occhi assonnati ma brillanti, i vestiti stropicciati per la notte trascorsa in un letto che non era il suo.
-Anche un altro bacio, sarebbe stato eccessivamente sdolcinato per i miei gusti.
-Non ti avrei neanche baciata: l'alito mattutino non ha esattamente l'aroma di rose- Federico si alzò, grattandosi la nuca. –Se ti lavi i denti magari.
Emma osservò la sua tuta grigia, la maglietta blu a maniche corte. –Andrò a lavarli, ma a casa mia. Usare il tuo spazzolino non mi alletta.
-Ti fai problemi per il mio spazzolino?- ironizzò lui, divertito dalla sua espressione sdegnata: il nasone storto e le labbra arricciate. –Ieri sera abbiamo scambiato tutti i fluidi possibili, mi sembra.
-Non me ne fare pentire, ti prego.
Federico scrollò le spalle. –Puoi tornare alla tua fuga, allora: fingerò di non averti visto e dispererò per la tua assenza.
-Come in un film sdolcinato- sorrise Emma. –Inizi a piacermi, sai?
-Era ora!
Emma si mise a cavalcioni sulla finestra. –Ci vediamo più tardi?
-Alle nove- annuì lui. Poi la osservò mentre si serviva della grondaia per uscire dalla stanza e agilmente si aiutava con i rampicanti per venire giù. In un attimo fu giù, ma Federico non si preoccupò di seguirla con lo sguardo mentre si avviava verso casa. Era in gamba, non aveva bisogno che il principe azzurro la tenesse d'occhio.
Dopo essersi tastato il mento pungente, Federico decise che per quella sera si sarebbe rasato.
In quel momento invece, aveva qualcosa di più importante da fare: si mise alla scrivania e aprì il blocco. Il carboncino gli sporcò subito le dita di nero, mentre con movimenti abili e sicuri tracciava il profilo sottile di Emma, che avanzava nel buio verso di lui, esattamente come la sera precedente.

Quando scese le scale, alle dieci passate, sentì la madre giocare con Alberta.
-E il volo delle colombe quando?- chiese la piccola, evidentemente entusiasta all'idea.
Simona rise. –Le colombe le lasciano volare dopo il 'Sì, lo voglio'.
-Ma sì cosa?
-Gli sposi dicono sì al matrimonio, e così stanno insieme per sempre- le spiegò la madre, paziente.
-Ma non è vero, è una bugia!
-Perché una bugia?
-Perché anche tu e papà vi siete sposati, ho visto le foto dove avevi il grande vestito bianco!- spiegò la bambina. –Ma papà non è qua.
Un silenzio imbarazzato regnò nella stanza per diversi secondi. Era impossibile dare ad Alberta una spiegazione valida senza ferirla. Aveva solo sei anni, era intelligente, ma non poteva sopportare ciò che il mondo degli adulti celava. Era troppo piccola e troppo ingenua.
-Hai ragione tesoro, non è qua- gliela diede vinta Simona.
Ma la piccola non mollava. -E allora dov'è?
-Albertina!- intervenne Federico, facendo il suo ingresso in cucina. –Fuori c'è una bella giornata, andiamo a giocare a palla?
Alberta scattò in piedi come un soldatino ubbidiente. –Certo!- E corse via, per recuperare la sua palla rosa brillante.
Federico guardò la madre, ma entrambi non dissero niente. Negli occhi scuri della donna c'era una silenziosa gratitudine per ciò che il figlio aveva fatto, il rimorso e il rimpianto per qualcosa che a Federico non interessava indagare.

La casa era buia, esattamente come il giardino circostante. Federico era più che certo che non ci fosse nessuno, anche se il cancello in ferro arrugginito poneva una significativa distanza tra lui e la proprietà.
Non era certo di trovare Emma quando aveva deciso di andare a casa sua, ma dava per scontato di vedere il nonno, che magari poteva reindirizzarlo. Quello che si trovava davanti, invece, era il vuoto più totale.
-Ragazzo, non stare lì a curiosare, non troverai nulla- disse un uomo sulla cinquantina. Aveva i capelli sale e pepe e stringeva tra le mani un grosso mazzo di fiori rossi. Il portabagagli della sua Audi ne conteneva altrettanti, pronti ad essere scaricati.
-Cercavo una persona.
-E cerchi a vuoto: io non ho mai visto nessuno in quella casa- rispose l'uomo, la voce strozzata per lo sforzo. Abbandonò il mazzo di fiori accanto la porta di casa e aprì la porta, asciugandosi il sudore sulla camicia a quadri rossi.
Una volta trasportato il primo mazzo all'interno, Federico gli chiese: -E' disabitata?
-Sto qui da due settimane, non ne ho idea- commentò, sollevando altri fiori. –Comunque non ci ho mai visto nessuno.
-Vuole che le dia una mano?- si offrì alla fine il ragazzo, impietosito dalla fatica di quell'uomo.
-Mi faresti un grande favore!- si illuminò il cinquantenne, e gli indicò il carico. –Sono per mia moglie: oggi è il suo compleanno.
-Tanti mazzi di fiori quanti sono gli anni?
-Quarantacinque mazzi di tulipani, esatto. Sono una sorpresa per quando arriva, e se mi aiuti te ne sarò eternamente grato.
Federico scrollò le spalle. –Volentieri- disse, afferrando il primo carico di fiori.

Mezz'ora dopo, Federico si avviava verso casa con un tulipano rosso in mano, la sua ricompensa per aver aiutato il signor Pietro ad organizzare la sorpresa per la moglie Roberta.
Gli venne in mente quando, circa quattro anni prima, il padre voleva organizzare una cosa del genere per Simona. Ovviamente il contributo di Alberta era stato quello di rovinare tutto nell'immediato, ma Simona era stata comunque molto felice del pensiero.
-Credevo che avessimo chiarito che non ci dovevano essere gesti romantici già stamattina.
Emma era di fronte casa sua, appoggiata al muro, in un paio di pantaloncini a scacchi rossi e neri. Aveva i capelli dietro le orecchie, le guance spruzzate di lentiggini di un bel rosa pesca.
-Dici questo?- chiese Federico, agitando il tulipano rosso mentre si avvicinava a lei. –Ma che, non è per te.
-Oh- commentò lei. –Prima mi sentivo in imbarazzo, adesso quasi delusa che non sia per me.
Federico sbuffò. –Chi vi capisce è bravo.
Le allungò il fiore ed Emma parve felice di prenderlo. Un cenno, e già stavano camminando verso il mare.
-Se non era per me, allora perché lo avevi in mano?
-Ho aiutato un uomo ad organizzare una sorpresa per la moglie- spiegò, osservando il modo in cui Emma giocherellava con i petali sottili del fiore. –Ti cercavo.
-Mi cercavi?
-Sì, pensavo di trovarti in casa.
Emma rise. –Ero davanti casa tua, ad aspettare te.
-Non c'era nessuno in casa?- indagò ancora.
-Sì, ma probabilmente il nonno dormiva- Fu sbrigativa lei. –Cosa c'entra l'uomo dei tulipani con questo?
Federico le porse la mano per aiutarla a scendere dallo scalone roccioso e, a differenza del loro primo appuntamento, lei non rifiutò l'aiuto che le veniva offerto.
-Mentre ti cercavo l'ho incontrato e vederlo tanto affaccendato mi ha impietosito, così gli ho offerto il mio aiuto.
-Che cuore nobile- rise lei. –Vedere qualcuno che si dà tanto da fare per la moglie non dovrebbe impietosirti, anzi. Se riesce ad essere romantico con la moglie dopo anni di matrimonio vuol dire che la ama davvero.
Federico si sedette sulla sabbia ghiacciata, ed Emma lo seguì a ruota, incrociando le gambe lasciate scoperte dal pantaloncino corto.
-Pensavo avessimo un anti-romanticismo condiviso- borbottò. –Sono stufo di sentir parlare di matrimonio e di amore.
Emma si stese sulla sabbia, i capelli aperti a ventaglio e ormai invasi da piccoli granelli. –E chi te ne parla oltre me?
-Alberta, mia madre... Oggi le ho sorprese a fare un discorso sull'eternità del matrimonio e Alberta si è messa a protestare che non era vero, perché i miei sono divorziati.
Emma rise. –Perspicace la pupa.
-Come darle torto?- fece spallucce. Si stese anche lui e la sabbia gelida gli invase ogni centimetro di pelle lasciata scoperta.
-A tua madre sarà dispiaciuto sentirle dire una cosa del genere.
-Forse più di quanto mi aspettassi.
Emma si mise su un fianco per poterlo guardare in viso. –Che intendi dire?
Federico la osservò con un sorriso. Aveva la sabbia ovunque: tra i capelli, sulle sopracciglia chiare, a tratti i granelli si confondevano con le lentiggini sulle sue guance.
Si scosse. –Che di solito glissa e il discorso si chiude in un imbarazzante silenzio, questa volta sembrava dispiacerle invece.
Emma mugugnò. –Hai mai pensato che a tua madre potrebbe mancare? Tuo padre intendo.
-Ma dai- rise Federico, forse più ilare del dovuto.
-No, sul serio- insisté lei. –Magari è per questo che era dispiaciuta: sotto sotto le manca e non può ammetterlo davanti una bambina di sei anni.
E in un attimo l'ipotesi non gli sembrò più così aliena: era possibile che Simona sentisse la mancanza di qualcuno, di Giancarlo nello specifico. Dopotutto non aveva mai smesso di chiamarlo, di cercarlo, e non aveva tolto le foto del matrimonio o della famiglia dalla casa. Il padre era quasi uno spettro in quella casa in cui mancava da tempo, solo che lui non se n'era mai accorto prima.
Ad Emma non la diede vinta: -Possiamo non parlare dei miei?
-Va bene- borbottò lei, ma non sembrava troppo delusa dal cambio di argomento. –Posso baciarti?
Federico rise. –Ti ha impietosito la mia situazione familiare?
-Affatto. Volevo baciarti quando ti ho visto arrivare, ma mi sembrava fuori luogo- spiegò. –Volevo baciarti anche quando ci siamo seduti, al posto di ciarlare.
-Potevi fermarmi.
-Voglio baciarti anche adesso- insisté lei. -Non te lo ha fatto intuire il mio tendere verso di te con la postura.
Federico la guardò, e poi scoppiò a ridere. –Non le guardo queste stronzate, non sperare di mandarmi messaggi criptati in futuro.
Emma sbuffò esasperata. –Mi baci o no?
-No.
-E perché?- domandò indispettita, sfoggiando la sua migliore espressione contrariata: le labbra arricciate, gli occhi verdi taglienti.
-Perché il tuo chiederlo mi ha fatto passare la voglia.
-Ah quindi volevi anche tu- brontolò lei, tirandosi su. Incrociò le braccia al petto. –Cosa stavi aspettando?
-Il momento giusto.
-Che stronzate. Non possiamo farlo e basta?
Federico rise ancora. –Avremmo potuto, ma tu me lo hai chiesto.
Emma gli tirò della sabbia sui capelli. –Coglione.
-Quante storie, possiamo sempre baciarci domani.

-Dimmi tutto- rispose il padre, dopo il secondo squillo.
Federico si stese a testa in giù sul letto. Erano le undici passate, ma non era stanco. Avrebbe trascorso con Emma almeno un'altra ora, ma aveva deciso di rientrare prima appositamente per quella telefonata. Doveva sentire il padre.
-Quanto tempo hai a disposizione?
Giancarlo rise. –Quanto ne vuoi, ma se è per una stronzata ti attacco il telefono in faccia.
-Definisci stronzata.
-Problemi sentimentali, quelle sì che sono stronzate di dimensioni elefantiache.
-Ma quando mai- borbottò Federico. –Ti ho parlato di donne un migliaio di volte.
-Di donne, non di problemi sentimentali- lo corresse il padre. –I tuoi dubbi sul fatto che lei ti ami o no non mi interessano, esattamente come non mi interessa sapere che cosa le regalerai a San Valentino. Per queste cose, chiedi a tua madre.
-Anche tu che mi dici 'Fanculo' e mi chiudi il telefono mi stai dando una risposta più soddisfacente di quelle che potrebbe darmi la mamma- ironizzò. –Se mai ti parlerò di problemi sentimentali, vieni qui e sparami.
-Sarà una delizia- mugugnò dall'altra parte della cornetta, soddisfatto nel vedere quanto lui e il figlio s'intendessero, per certe cose. –Allora, che vuoi?
-Hai anticipato il discorso: la mamma.
Ci fu un silenzio imbarazzato dall'altra parte. –Simona?- chiese Giancarlo interrogativo. –Ce l'ha ancora con te? Dove sta la novità? E' sempre incazzata con te.
-Sì, è vero, ma non c'entro io- glissò Federico. –Voglio sapere che pensi della mamma.
-Una bella donna forse troppo chiacchierona e petulante, ma lo è sempre stata del resto. All'infuori di questo ha altri lati positivi: è gentile, comprensiva... Ma perché ne stiamo parlando?
Federico arrivò al dunque, i giri di parole non facevano né per lui né per il padre, che senz'altro aveva intuito che c'era qualcosa sotto le sue domande. -Pà, ti manca?
-Federico- lo riprese con un tono severo che non gli si addiceva. –Perché me lo stai chiedendo.
-Perché non ne abbiamo mai parlato.
-Ma certo che mi manca: se ti ricordi è stata lei a lasciarmi, non io- borbottò. –E, diciamocelo, non avere qualcuno che ti lava le mutande è un gran disagio, no?- ironizzò, ma Federico non rise.
In quel momento, si rese conto che fino a quel momento aveva dato per scontato che il padre fosse felice, e forse lo era, ma non totalmente. La mancanza di Simona lo aveva sempre toccato, ma per Federico pensare che l'avesse superata era più facile che chiederglielo.
-Certo, se non le lavasse a me entrerei nel panico- disse in risposta, per evitare di prendere altre cantonate.
La conversazione scivolò nell'ironico, ma Federico non smise di pensare né a quello che gli aveva detto il padre.
E, la mattina seguente, quando trovò la madre in camera da letto intenta a pulire e sistemare il comodino di Giancarlo come se lui fosse ancora in casa, si disse che Emma aveva ragione, ma che lui non aveva intenzione di fare nulla, non erano questioni che doveva affrontare lui.

Forse pochi sanno che in realtà il fiore che rappresenta il vero amore è proprio il Tulipano; è il fiore perfetto per esprimere un'autentica dichiarazione d'amore. Una leggenda popolare, infatti, racconta che questo fiore sia nato dal sangue di un giovane che si suicidò per una delusione d'amore. Ai nostri giorni il suo significato fa riferimento a relazioni sfortunate perfette ed equilibrate.
Anche nella celebre raccolta di fiabe "Le mille e una notte" il tulipano viene associato all'amore: secondo i racconti infatti il sultano lasciava cadere un tulipano rosso ai piedi di una delle donne dell'harem per indicare loro quale fosse la prescelta
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La ragazza dei gelsominiWhere stories live. Discover now