Capitolo 11 - Lexie

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I automatically assume people won't like me, so I don't talk to them unless they approach me first. I can't become a part of a crowd because I can't get past that feeling that I don't belong.
Stephanie Kuehnert, Ballads of Suburbia

-Sai...penso che, se qualcuno avesse l'abilità di leggere nella mente e leggesse la mia, verrei rinchiuso in un manicomio.- siamo al quarto bicchiere ciascuno e Will, dopo essersene uscito con questa frase che non c'entra niente con quello di cui stiamo parlando, appoggia il suo sul bancone, ridendo di sé stesso.
-Hai ragione.- convengo. -Cioè, penso lo stesso di me. Con tutto quello che penso, se qualcuno potesse sentire quello che mi frulla per la testa, mi darebbero sicuramente della psicopatica.-
-Non penso mi batteresti. Pensi che dietro questa faccia si possa nascondere qualcosa di normale?- si passa le mani davanti al viso e spalanca gli occhi azzurri, in un'espressione buffa. Poi l'espressione cambia, e sembra avere un'idea.
-Sono un grande!- esclama. Si vede che è brillo, perché è più espansivo del solito. -Per ogni bicchiere, qualcosa di te che non hai mai detto a nessuno. E io farò lo stesso.- ghigna. -Ci stai?-
-Stai delirando.- lo prendo in giro, ma mi rendo conto di non essere messa meglio di lui, perché ci metto poco a cedere. -Ci sto.-

Uno.

-Quando ascolto la musica, mi piace immaginare di essere io a cantare, di stare su un palco, con un pubblico, oppure in un video musicale.-

-Mi piace guardare i programmi di cucina, e ogni tanto cucino qualcosa, ma solo quando non c'è nessuno in casa...poi mangio tutto io.-

Due.

-Qualche volta vorrei essere un ragazzo, trovo che sia molto più semplice!-

-Sto scrivendo un libro. Il protagonista è una specie di mio alter ego. È tutto quello che non sono, e tutto quello che vorrei essere.-

Tre.

-La gente pensa che io sia intimidita dalle persone, la realtà è che mi danno semplicemente fastidio.-

-Non mi sono più fidato di nessuno da quando la persona più vicina a me mi ha spezzato il cuore. Sono passati anni.-

Quattro.

-Ho sempre l'impressione di avere il naso sporco, sempre, anche quando non è vero.-

-Ho sempre voluto tingermi i capelli di rosso, ma non ho mai avuto il coraggio.-

Cinque.

-L'amore è il mio punto cieco: non ho mai amato nessuno in tutta la mia vita.-

-L'amore è la mia debolezza.-

Sei.

-

Mi sveglio in un letto che non è mio, in una stanza inondata di luce. Mi strofino gli occhi con le mani, mi guardo intorno: le pareti sono blu scuro, schiarite dal sole, una gigantesca libreria occupa la maggior parte della stanza. La scrivania è ingombra di fogli, scorgo un gigantesco stereo vicino alla porta. Sono sicura: non sono mai stata qui in tutta la mia vita.
Mi rendo conto di essere completamente vestita, da capo a piedi, solo le scarpe sono appoggiate ai piedi del letto. Mi giro e vedo Will steso accanto a me, addormentato, anche lui vestito; in quel momento il mio cervello fa il collegamento e tutti i ricordi della sera prima mi ritornano in mente: ecco di chi è la camera. Ma che diavolo ci faccio qui?
Il mio sguardo indugia sul mio amico; il suo viso è così rilassato, sembra sereno, gli occhi dalle lunghe ciglia sono chiusi e la bocca ha abbandonato sia l'espressione seria che quella corrucciata, ha abbandonato perfino il sorrisetto sarcastico, per assumere una piega sincera e senza pensieri. Le sopracciglia non sono inarcate né aggrottate. Guardo l'ora, è presto, ma non importa.
Gli do' una scrollata, non sono famosa per la mia delicatezza.
-Mh?- mugugna e apre gli occhi assonnati. Mi vede e si mette a ridere in modo sommesso. -Ieri ti sei dimenticata di dirmi che non reggi l'alcol.- dice calmo.
-Cosa?- aggrotto le sopracciglia e cerco di ricordare. -Eravamo tipo, al nono bicchiere. È comprensibile.- il sorrisetto non sparisce. -Solo perché tu sei una specie di alieno che rimane perfetto anche essendo imbottito di alcol, non vuol dire che lo debba essere anche io.-  mi alzo e do un'altra occhiata alla camera. -Bella stanza.-
-Grazie. Comunque, almeno ti ricordi che cosa è successo ieri sera?-
Quando me lo dice, inizialmente mi preoccupo: cosa sarà mai successo? Poi però mi ritornano in mentre alcuni spezzoni della sera prima, come dei flash. Io che bevo il sesto - o settimo? - bicchiere e non riesco a pronunciare parola, Will che mi guarda con il suo cipiglio preoccupato, io che gli vomito sulle scarpe.
-Sbaglio o ti ho vomitato addosso?- gli chiedo per avere conferma. Lui invece di rispondere mi indica le sue scarpe e vedendole sporche mi viene da ridere.
-Vedo che qualcosa ti è tornato in mente. Dimmi che ti ricordi anche dello schiaffo, ti prego.- la sua espressione è divertita e speranzosa.
Rimango impassibile. -Ti ho tirato uno schiaffo?-
Strabuzza gli occhi. -No!- esclama, alzando gli occhi al cielo. -L'hai tirato a Walker, come fai a non ricordartelo? Penso che sia stato il momento più esilarante della mia vita. E anche della sua, ovviamente. Penso che non abbia mai ricevuto qualcosa di simile ad uno schiaffo da parte di una ragazza...-
-Come diavolo sono finita a tirargli uno schiaffo?- chiedo sgranando gli occhi.
-Penso che abbia sparato un altro dei suoi insulti - sai, non mi ricordo bene, neanche io ero molto lucido - e ne avesse detto uno peggiore del solito. Oppure eri tu che eri particolarmente di cattivo umore. In ogni caso, avrei reagito, ma tu sei arrivata prima. Hai una capacità di reazione pazzesca, da ubriaca.- mi guarda aspettando una reazione da parte mia, e quando mi vede sollevare l'angolo della bocca sorride.
-Ce l'ho anche da sobria.- ribatto. -Beh, qualunque cosa abbia detto, se lo meritava.- Accendo il telefono e trovo una decina di messaggi da mia madre, che inizialmente mi chiedono a che ora torno, per poi passare a dove sei? e finire con minacce varie se non fossi tornata presto. Deglutisco e la chiamo, dire che mi beccherò una ramanzina è un eufemismo.
-Tu, dove diavolo sei?- il suo tono è preoccupato, sollevato e arrabbiato allo stesso tempo.
-A casa di Will. Sto bene.- rispondo calma.
-A casa di..? Aspetta, non avrete fatto..-
La interrompo. -Diavolo, no! Non ci sono andata a letto, se è questo che intendi.- faccio una smorfia e alzo gli occhi al cielo. Lancio un'occhiata al mio amico, che non sembra abbandonare il sorrisetto che aveva prima, anzi, al contrario.
-Va bene, okay. Ma allora perché sei lì?- chiede mamma.
-Mh- cerco di inventarmi una scusa al momento. -La festa è finita tardi e mi sono accorta di non avere le chiavi. Sicuramente già dormivate, non volevo svegliarvi. Così sono tornata a casa con Will.- lo stesso Will che mi sta guardando con un'espressione scettica. È decisamente la peggiore scusa mai sentita. Mamma, non so se solo per l'esasperazione, sembra crederci.
-D'accordo, torna a casa per pranzo. O resta lì, insomma, fai quello che vuoi.- è decisamente esasperazione.
-Va bene, dopo ti mando un messaggio. Ciao.-
Chiudo la chiamata e sbuffo. -Deve sempre pensare il peggio. Ma mi vede? Pensa veramente che andrei a letto con un ragazzo dopo una festa o cose così? Soprattutto, veramente crede che andrei a letto con il mio unico amico?-
-Non ti biasimerei se lo facessi. Ammettilo che non ti dispiacerebbe.- ghigna.
Prendo un cuscino dal letto e glielo lancio. -Cretino. Ai miei occhi hai il sex appeal di un bradipo, soprattutto se continui a fare così.- lo prendo in giro.
-Alla sorella di Walker devono piacere parecchio i bradipi allora. Peccato che sia lei che non piace a loro.- si stringe nelle spalle.
Cambio discorso improvvisamente, perché quella frase mi ha fatto venire in mente qualcosa che Will ha detto ieri sera.
-Cosa intendevi con "l'amore è la mia debolezza"?- lo colgo alla sprovvista, una cosa che so fare bene è cambiare discorso. Spalanca gli occhi, poi li socchiude, e quando ritornano come prima, il blu scuro è offuscato da quel velo di diffidenza, riservatezza e  brutti ricordi che avevo già visto troppe volte.
-È una di quelle solite frasi che agli adolescenti piace tanto dire per sentirsi persone vissute. Ero ubriaco, non pensavo.- lo dice in maniera schiva, senza far trapelare nessun sentimento. È bravo a mentire, ma io sono più brava di lui.
-Quando si è ubriaco si è incredibilmente stupido, o incredibilmente sincero. Spesso tutte e due.- gli rispondo.
-Beh, io ero solamente stupido.- taglia corto.
-Dai, pensi veramente di fregare me? Siamo troppo simili, William, non ci casco. Puoi parlarmene.- lo fisso.
-E se non volessi?-
-Sono anche io riservata, ok? Anche io ho innalzato dei muri, anche io mi nascondo, nessuno mi conosce veramente. Abbiamo questo in comune, me ne rendo conto. Abbiamo in comune anche il crudo realismo, il cinismo, alternato ai sogni ad occhi aperti. Abbiamo una propensione per il dark humor e per il sarcasmo, siamo entrambi freddi e distaccati con tutti. Stiamo zitti perché pensiamo troppo, pensiamo...sempre. Ma mi sono accorta anche di qualcos'altro. Mi sono accorta che il distacco, la freddezza, la riservatezza, il silenzio, tutto questo, nel mio caso, vale per chiunque tranne che per te. Sei come...l'eccezione che conferma la regola. Non chiedermi come né perché, ma con te parlo, con te sono sincera e non mi limito a costruire una facciata. Con te...riesco a non nascondermi.- fa per interrompermi, ma continuo prima che ci riesca. -E so che per te è lo stesso. Lo so perché, nonostante io ti conosca da poco, veramente da pochissimo, sono riuscita a capirti. Ti sei mai chiesto il motivo per cui la maggior parte del tempo sto zitta? Io osservo, penso, analizzo. Ti ho osservato, come osservo tutti, e ti ho capito. È accaduto qualcosa che non mi è mai successo prima d'ora. Ho guardato te, e ho visto me.- abbasso gli occhi; ho finito. Non mi sono mai aperta in questo modo, e soprattutto, non ho mai fatto un discorso così lungo.

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