"Devi imparare le regole del gioco. E poi devi giocare meglio di chiunque altro."
Albert Einstein.Sono completamente fradicio; il tempo relativamente bello che ha accolto me e Lexie una volta usciti, si è tramutato in un temporale poco dopo averla lasciata a casa sua. L'ironia della sorte...mi stupisce il modo in cui attraggo situazioni come queste, neanche fossi una calamita.
È iniziato sotto forma di una pioggerellina, quando ormai avevo già deciso di non tornare a casa, perché avevo voglia di camminare e pensare, per scaricare la tensione. Nel giro di dieci minuti ha iniziato a piovere fortissimo; una qualunque persona sarebbe rientrata in un attimo, ma io non l'ho fatto.
La tensione non è dovuta alla presenza di Lexie; al contrario, in un modo che mi è sconosciuto, con lei la tensione si allenta leggermente, anche se non sparisce. È dovuta al rifiuto categorico che il mio corpo e la mia mente hanno di rilassarsi. Sembro rilassato agli occhi di tutti, ma sono sempre teso come una corda di violino. Poche persone se ne accorgono, in pochi hanno la tenacia di guardarmi negli occhi per più di qualche secondo e notare l'irrequietezza; probabilmente fissandola nel modo in cui sono abituato a fissarla, metto la gente a disagio.
Sono stato abituato così, non posso farci niente: fin da bambino, ho sempre guardato tutti con un'aperta aria di sfida, sono sempre stato capace di non distogliere gli occhi da quelli degli altri, di intimorirli.
Non che fossi quel tipo di bambino che si diverte a prendere in giro gli altri, a trattarli male o addirittura a picchiarli; mi sono sempre tenuto fuori, più per disinteresse che per paura. Alcuni, compresa mia madre, direbbero che lo facevo per superiorità, ed è proprio questo che spingeva gli altri bambini - quelli violenti - a prendermi come una bella sfida, e a provocarmi. Quando si trovavano davanti un muro di ghiaccio, però, spariva tutto il divertimento. Trovo buffo il fatto che, dopotutto, adesso la situazione non sia molto diversa.
Sono sempre stato molto emotivo, sento tutto in un modo molto forte; questa cosa non è cambiata nel tempo. Provo delle emozioni molto intense, amo troppo, e odio ardentemente. È ironico, quindi, il modo in cui agli occhi degli altri io sia freddo come il ghiaccio.
Sembrerà una frase fatta, però è stata la vita a ridurmi così, e per fortuna l'ha fatto. Ero un ragazzino così fragile che ogni cosa aveva un'influenza incredibile su di me; il mio disinteresse nei confronti della violenza e dei passatempi degli altri non mi impediva di farmi coinvolgere emotivamente dalle poche persone che riuscivano a conquistare la mia fiducia. Quando quelle poche persone hanno iniziato a tradirla, quella fiducia, il ghiaccio ha cominciato a ricoprirmi, un poco alla volta. Fino ad arrivare ad ora.
Forse è questa la differenza tra me e Lexie: lei è ricoperta da un insormontabile muro di fuoco, che scotta chiunque provi ad avvicinarcisi; io invece da uno spesso strato di ghiaccio, che rende desolato tutto quello che ha intorno.È da un po' che cammino; i miei vestiti sono completamente bagnati e mi rimangono incollati al corpo, i capelli sono attaccati alla fronte e mi accorgo ora di quanto siano lunghi: devo darci un taglio. Li scosto con le mani e rimangono ritti in testa, devo essere veramente ridicolo. Ho le ciglia imperlate di pioggia, immagino sembrerebbero lacrime, se le condizioni non fossero così evidenti.
Non provo neanche a tornare verso casa; la pioggia sta facendo proprio quello che volevo facesse: lavare via la tensione.
Appena ho visto Lexie scendere le scale con un'espressione leggermente colpevole, mi si è insinuato il dubbio nella mente; quando poi è diventata pensierosa e ha negato tutto con ostinata convinzione, ne sono diventato certo. Non si impegna così tanto nel negare se non c'è veramente nessun problema: se fosse stato tutto apposto, avrebbe liquidato la situazione con disinteresse; ironicamente, è proprio quello che faccio io nella situazione contraria.
Ha visto la cartolina. E vista la sua faccia, probabilmente l'ha anche letta, o almeno l'ha letta in parte. Non avrei dovuto lasciarla lì, non avrei dovuto appenderla, perché può vederla chiunque e non voglio che accada; dopotutto, però, non molte persone entrano in camera mia, quindi è relativamente al sicuro. Quello che non è al sicuro sono io: mi faccio del male lasciandola lì, è un costante promemoria di quello che ho perso, ma sono sempre stato piuttosto masochista.
Sarò pronto a bruciare tutti quei ricordi solamente quando andrò avanti, oppure sarò in grado di andare avanti solo una volta bruciati i ricordi? Non lo so, e nel dubbio non riesco a lasciarli andare.
Ho detto la verità a Lexie, quando le ho detto che l'amore è la mia debolezza. Lo è davvero; l'amore mi rende fragile, anche se non sembra, perché pochi sono riusciti a conquistare il mio cuore.
A volte mi chiedo se qualcuno ci riuscirà mai, dopo di lei.
Lei, che è andata avanti senza dirmelo e mi ha lasciato indietro per sempre, senza neanche un barlume di rimorso.
Serro la mascella e cammino più veloce, più ferocemente, per sbollire la rabbia che per un secondo ha fatto diventare incandescente persino il ghiaccio.-
La vedo prima che lei veda me; una testa rossa circondata da un'aureola di disordinati ciuffi fiammeggianti, gonfiati dall'umidità: non so come fanno a non starle appiattiti sulla testa, visto che si è beccata la pioggia; lo noto dal fatto che la giacca è bagnata fradicia, si sarà dimenticata l'ombrello. Piove da ieri, a quanto pare il tempo di San Francisco ci sta giocando un brutto scherzo: non siamo abituati alla pioggia. A me non dispiace, ma non posso dire lo stesso di Lexie. Si presenta davanti a me con un'espressione che potrebbe gelare chiunque, nonostante io sia ancora fermamente convinto che lei abbia il fuoco negli occhi, non il ghiaccio.
-A Seattle non piove tipo...sempre? Dovresti essere abituata a questo tempo.- la accolgo con un sorriso sarcastico.
-La odio così tanto che ci ho messo poco ad abituarmi al sole. La pioggia mi fa schifo. Totalmente.- sentenzia. Le scompiglio i capelli - già scompigliati di loro - e mi dirigo verso la classe. Lei mi segue, non prima di avermi fulminato con gli occhi. Eccome se c'è, il fuoco.
-Dovresti tagliarti i capelli.- sollevo lo sguardo verso di lei con un'espressione perplessa. Se n'è accorta? Non pensavo si notasse molto.
-Fanno davvero così schifo?- mi passo una mano tra i capelli, pensieroso. -Ci avevo pensato anche io.-
Agita la mano e accenno un sorriso: è un gesto che sono solito fare io. -No, non fanno schifo.- risponde. -Solo che sono un po' lunghi, ecco tutto.-
-Potrei farmi i rasta.- dico, con l'evidente intenzione di prenderla in giro, ma fingendo un tono serio ed un'espressione pensierosa, per fare in modo che ci creda. Quando vedo la sua faccia schifata, infatti, sogghigno; immaginavo non le piacessero i rasta.
-Hai qualcosa in contrario?- le chiedo con innocenza.
-Te li taglio nel sonno, se ti fai i rasta.- mi minaccia. -Saranno gusti, ma a me fanno abbastanza schifo.- schietta come sempre.
-Tranquilla, pel di carota. Scherzavo.- la rassicuro.
-Guardate la coppietta! Hai trovato qualcuno che ti sopporti, Moore?- ghigna Chris passandoci davanti. Quel ragazzo è veramente problematico, per i miei gusti: detesta Lexie perché lei non è interessata a lui, e odia me...per partito preso, penso. Mi odia da quando ne ho ricordo, probabilmente gli danno fastidio le mie risposte taglienti; non è una novità, danno fastidio a tanti.
-In effetti stiamo organizzando il matrimonio.- gli dico con tono confidenziale, prendendolo in giro. -Stavamo giusto parlando della data. Quando sei libero? Mi piacerebbe averti come testimone. Fammi sapere!- gli dò una pacca sulla spalla mentre io e Lexie lo superiamo, lasciandolo senza parole, fumante di rabbia. La mia amica si sta sforzando di non ridere, e anche gli amici di Chris, che ovviamente non possono farlo, se no...beh, suppongo che perderebbero il titolo di "amici di Chris".
-È incredibile quanto sia difficile fare lo stronzo con te. È una partita persa, sei intoccabile.- afferma Lexie ridendo. Noto un velo di ammirazione, e sorrido anche io, stavolta sul serio.
-Lo so. Sono anche molto bravo ad avere la risposta pronta, se è per questo.- ammetto.
-E soprattutto sei modesto, non dimenticarlo.- mi fa notare, criticandomi ma senza darci troppa importanza. Mi stringo nelle spalle.
-Amica mia, la modestia può aiutare, ma la sicurezza? Quella è necessaria, se vuoi vincere il gioco.-
-Quale gioco? Sentiamo.-
-È tutto un gioco, una strategia, una scacchiera: si vince, si perde e si soffre. Io sono dell'opinione che più vai avanti, più impari le regole del gioco, e ad aggirarle. Più soffri, più impari a giocare nel modo giusto. Ma se impari troppo tardi a muovere i pezzi...beh, perdi, no?-Ed ecco la sorpresa! Pensavo fosse ora di passare dall'altra parte e raccontare un po' la storia dal punto di vista di Will. Ovviamente il suo personaggio è ben analizzato anche da Lexie, ma per conoscerlo veramente bisogna capire un po' di più il suo modo di pensare, perciò...voilá. Ditemi cosa ne pensate! Grazie a tutti quelli che seguono la storia 💘
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Where does the good go?
General Fiction❝ Era diverso da tutti, ma non molto diverso da me. ❞ Lexie è sarcastica, brillante, diversa da tutti. Parla poco ma usa le parole come un'arma; pensa troppo, ha un cupo senso dell'umorismo e una propensione a non farsi piacere nessuno. Will è svegl...