Corri.

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Chi ama si ritrova a perdonare cose che prima aveva giurato di non sopportare.
Si ritrova a perdere se stesso per poi lasciarsi ritrovare in gabbie altrui. Probabilmente mai esistite.
Arrivi a guardarti allo specchio e ad accorgerti di riuscire a vedere solo 206 ossa che ti mantengono.
In piedi.
Le radici non sai dove siano finite, non riesci a percepire fino a dove si sono radicate. Eppure sai che ci sono, devono esserci per forza. Se sei li, devono esserci. Ma non le cerchi, perché sai che potrebbe essere rischioso. Perché sai già che si tratterebbe di masochismo. Perché ti volteresti poco prima. Perché, parliamoci chiaro, una coltellata farebbe meno male.
Tieniti stretto a te e portati in salvo, non importa dove, non importa come, ma fallo. Io avrei voluto farlo e non ci sono riuscita. Ho preferito farmi inghiottire irreparabilmente da quella grande foresta che mi circondava. Sembravo un albero anch'io, con radici mai trovate, rami irreparabilmente morti, sogni di primavera. Quelle sembravan le memorie di un fiore di ciliegio in inverno. E tu corri più che puoi e non farti sopraffare da tutto il dolore che ti circonda. Abbi la forza di correre.
Mi ritrovarono cinque anni dopo in un altro corpo, solo l'anima. Non si seppe di preciso che fine feci, ma si dice che il mio albero sia ancora lì. In quella foresta di sogni e dolore. Morto, come tutti gli altri.
Il suo corpo fu la mia unica casa. Il mio unico foglio bianco. E adesso, non posso far altro che scrivere di lui, grande sognatore, che mi da la forza di affrontare ogni giorno. Dimenticandomi di quell'albero in mezzo alla foresta. Dimenticandomi delle mie radici,
dimenticandomi di
Me.

Memorie di una fragola d'invernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora