Per lei non ci furono altri giorni.
Non ci furono altri spartiti, altri fogli bianchi, non ci furono più parole, non ci furono altre memorie.
La vidi per l'ultima volta.
L'odore del mare annegava i miei polmoni.
Osservava quelle onde quasi come fosse consapevole che sarebbe stata l'ultima volta,
i suoi occhi avevano preso il suo stesso colore, a furia di guardarlo.
La riconobbi subito, l'avrei riconosciuta tra mille.
Aveva le spalle striminzite, un'enorme giacca di lana, capelli al vento.
Osservata da lì pareva una bambina, la stessa che suonava il pianoforte con sua nonna, la stessa con i capelli ricci e biondi, la stessa con una gabbia dentro.
Sembrava essersi persa nonostante fosse a casa. La luce che riuscivo a vedere all'orizzonte si spense.
Chiuse gli occhi, si lasciò cadere.
Su quel masso non c'era più nessuno, non c'erano luci, non c'erano persone, non c'era rumore.
Sentivo solo il mare schiantarsi sugli scogli e ritornare indietro, per poi schiantarsi ancora.
Eppure io riuscivo a vederla ancora.
Era un'immagine fissa nei miei occhi, un ostacolo che mi impediva di guardare oltre.
Il più grande ostacolo della mia vita.
Mi si presentò davanti ogni volta, ed ogni volta non riuscii ad affrontarla.
Portatela via, via da qui.
Via da me.
Via dall'unico posto che sembra essere casa.
Mi lasciai cadere anch'io.Vinse lei,
di nuovo.
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Memorie di una fragola d'inverno
Short StoryFeci il quadro della mia vita e lo osservai come facevo di solito con la luna. Apparivano entrambi diseguali, scabre, ripiene di cavità e di sporgenze.