Wake up, Stiles

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Era tardi.
Fuori dalla finestra aperta della sua stanza, Stiles non riusciva a distinguere nulla. Non c'erano lampioni davanti a essa, nè lanterne o altro, poichè dava direttamente sul bosco. Perfino la sua camera, in quel momento, era scura, non una minima fonte di luce, nemmeno il cellulare che il ragazzo era solito smanettare nervosamente la maggior parte delle ore, spesso senza un motivo particolare.

Era stanco, e in qualche modo la carenza di luce lo rilassava, così come il silenzio. In esso riusciva quasi a percepire il battito soffocato e attutito del suo cuore, mentre soffiava e ritirava con la bocca l'aria. Erano gli unici rumori che si voleva concedere quando aveva bisogno di riposare.

E il vento che frusciava all'esterno, quello era d'obbligo. La finestra aperta non permetteva altrimenti.
Ma era un compromesso che Stiles sapeva accettare, da un po' ormai.

Si stese sul letto, al centro della piazza e mezza, infilando una mano sotto il cuscino su cui aveva poggiato la testa, e socchiudendo gli occhi lentamente, in modo tale da godersi ogni istante di quella pace paradisiaca e rara.

Con tutto quello che accadeva a lui e ai suoi amici, ancora Stiles si sorprendeva quando capitavano serate in cui l'unica cosa che avrebbe dovuto fare era andare a dormire. Non che quelle volte ci riuscisse, comunque.

Ma quella notte, Stiles ci provò per davvero, quasi come un ultimo disperato tentativo per autoconvincersi che ancora poteva avere qualche sprazzo di vita da semplice ragazzo umano, lontano e alieno del tutto a lupi mannari, kanima, druidi oscuri, killers di ogni tipo... volpi possedute.

Era quello che lo spaventava più di ogni altra cosa, quando sfiorava anche solo il pensiero di chiudere le palpebre per un istante.
E lottava contro sè stesso ogni volta che quella martoriante preoccupazione diventava una terrifficante realtà con poche vie di fuga, se non nessuna.

Così sospirando profondamente, serrò con un movimento deciso le palpebre, lasciandosi andare a quello che lo avrebbe aspettato, positivo o negativo che fosse.

Attese alcuni secondi interminabili, rinunciò perfino a posizionarsi sul fianco, come preferiva sempre riposare.
Eppure nulla: si sentiva tremendamente stanco e spossato, convinto che sarebbe crollato da un momento, ma l'unico risultato, fu un leggero solletichìo del vento alla pianta dei piedi, che lo fece in un primo istante sussultare.

Ignorò quel lieve e freddo fastidio scostando appena le gambe a destra e a sinistra, come se tentasse di rimanere concentrato, attento. Pronto ad intravedere in qualche modo nella sua mente un frammento di sogno e a catturarlo, segno che, finalmente, poteva considerarsi cullato dal mondo dei sogni.

Percepiva la fronte che si imperlava di sudore rapidamente, ma minuti dopo, rinunciò, sbuffando.
Aprì gli occhi, ingenuamente sicuro di ritrovarsi faccia a faccia con il buio pesto che inondava la sua solita stanza, nascondendo ai suoi occhi i numerosi poster appesi sparsi per il muro, celando qualsiasi oggetto fosse potenzialmente in grado di riportarlo alla stancante realtà.

Ogni cosa, lì dentro, gli ricordava chi era, cosa era stato costretto a passare negli anni insieme ai suoi amici, perfino cosa aveva lasciato indietro. E cosa era restato.

Per quanto lo rammaricasse ammetterlo perfino a sè stesso, in quel momento nulla, in quella camera, sarebbe stato di aiuto al ragazzo.

Stranamente, quando sbarrò le palpebre, le sue iridi vennero abbagliate da una luce insistente e chiara, quasi come un faro, puntato direttamente su di lui.

Rimase pietrificato, non certo di volere svelare a sè stesso dove era andato a cacciarsi quella notte.

La sua paura più grande, il suo ricordo più vergognoso e orribile bussarono di nuovo alla sua porta, che non era mai stata chiusa definitivamente, Stiles lo sapeva meglio di chiunque altro.

WAKE UP, STILES | One Shots S.S. M.T.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora