Capitolo 2:Green

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Vorrei poter descrivere con precisione, il momento, la data e magari perfino l'ora dell'istante in cui lo vidi per la prima volta. Ma la verità è che non ricordo altro se non fragola. Nient'altro se non il suo dannatissimo, invadente, profumo di fragola. Ciò che tanto mi infastidisce tutt'ora, è che pur essendo un profumo prettamente associabile a una ragazza,su di lui stava così bene che faceva male. Ricordo che dopo la sua partenza, finivo per piangere, nel reparto frutta del supermercato vicino casa. Mi fermavò lì, tra gli Ananas e le pesche fuori stagione, proprio davanti a quelle odiose fragole rosse. Rosse come i miei capelli, o forse come le sue labbra, e piangevo. Ma questa è un' altra storia.

La prima volta che lo vidi,erano ormai passati tre anni dal giorno in cui avevo tinto i miei capelli e deciso di cambiare. Non c'erano state grandi difficoltà, la gente dalle mie parti era tutta uguale, e gli piacevano quelli che erano come loro. Avevo sempre avuto la convinzione che per me non ci fosse via d'uscita, che sarei stata in eterno"Quella strana". Anche quando avevo iniziato a voler cambiare, non avevo mai seriamente creduto di poter essere considerata importante da qualcuno. Tre anni dopo potevo affermare a gran voce, che mai niente era stato più facile. Era seriamente bastato cambiare guardaroba e capelli. Ero diventata capo Cheerleader e Caposcuola, uscivo tutte le sere per rientrare ad orari improbabili, avevo decine di amici, che non conoscevano altro se non la marca dei miei jeans e il numero di shottini che potevo reggere. La gente è così, viviamo in un mondo di stereotipi, dove tutti hanno voglia di gridare che sono liberi, che possono strafarsi di erba e bere fino a svenire. Ragazze che a 15 anni si sfidano per vedere chi ha aperto le gambe più volte e hanno il coraggio di chiamarla "Libertà", quando sono tutti schiavi dello stesso sistema, secondo il quale se non fumi e non la dai sei uno sfigato, ma se lo fai sei un drogato o una troia. E io c'ero caduta in pieno, nessuno conosceva davvero chi fossi e non mi importava. Mi stava bene così.

Quella mattina ero arrivata in ritardo come sempre, in verità ero scesa dalla macchina di mia madre alle 7.45, ma poi ero andata al Bar con Jal e altri amici di cui non ricordavo neanche il nome. Quando finii di bere il mio cappuccino erano ormai passati venti minuti, e questo stava a significare che, come al solito, ero in ritardo. Sbuffai e decisi di entrare. Sorpassata l'entrata dell'edificio, mi voltai verso Jal che era rimasta indietro ed esclamai "Jal, per l'amor del cielo puoi sbrigarti?! Che diamine stai facendo là dietro? Non so se ci hai fatto caso ma abbiamo 15 minuti di ritardo!" sbuffai sonoramente quando notai che probabilmente non mi aveva neanche ascoltato, persa com'era a fissare chissà cosa. Tornai indietro verso di lei e le strattonai il braccio, facendola finalmente voltare verso di me. "Si può sapere che diavolo stai fissando?" domandai alquanto infastidita. Lei mi sorrise facendo risaltare il colore scuro dei suoi occhi e prima che potesse rispondermi la mia attenzione fu catturata da altro.

Da quel profumo. Mi voltai di scatto e lo vidi. Pensai che fosse strano. La prima cosa che notai furono i suoi pantaloni,neri. E non perchè fossero strani,ma proprio perchè erano neri come tutto il resto delle cose che indossava. La t-shirt nera,gli fasciava un fisico tonico e deciso, dalle maniche sputavano due braccia forti e la stoffa aderiva perfettamente alla schiena,delineandone le forme. Profumava di fragola, ma aveva l'anima nera, di quelli che sai già che hanno passato l'inferno, che sono diventati l'inferno a forza di viverlo. Alzai lo sguardo verso la mandibola, accentuata e gli zigomi decisi,contornati da un leggerissimo strato di barba e quando, lo spostai più in alto,sugli occhi, mi mancò il respiro per un secondo. Ho provato per anni a trovare un nome alla sfumatura che vidi e colsi nei suoi occhi quel giorno e non ci sono mai riuscita. Non erano "verdi", non erano verdi e basta. Magari verde bosco? Verde speranza? Verde Smeraldo? No. C'era la mia vita. In quegli occhi quel giorno c'era la mia vita. Avrei continuato a guardarlo ancora a lungo, a perdere i miei pensieri nei tratti scolpiti del suo viso, nella linea dolce delle sue spalle, nella luce dei suoi occhi, ma venni interrotta da Jalissa, che avvicinandosi al mio orecchio sussurrò "Ecco cosa stavo fissando, ora capisci?". E io la capivo. Eccome. Era impossibile per chiunque non girarsi a guardarlo quando passava, sembrava chiamarti e ovunque andavamo, lui aveva sempre gli occhi di tutti puntati addosso. Era una di quelle persone,che non importa quanto poco restino, o quanto lontano vadano, lasciano qualcosa che cambia inevitabilmente tutto.

Lasciai che il mio sguardo lo accarezzasse fin quando non girò l'angolo e sparì dalla nostra vista. A quel punto fummo costrette ad entrare nella classe di Biologia e scusarci almeno un milione di volte per l'enorme ritardo. Ci sedemmo negli unici posti rimasti liberi e seguimmo quel che restava della lezione. Ero distratta, non facevo altro che tentare di ricostruire nella mia testa l'immagine dei suoi occhi,ma era già svanita. Potevo ancora sentirmi addosso la sensazione che mi aveva trasmesso, ma non riuscivo a rivivere il momento. Quell'aroma invece, non faceva altro che tornare, facendomi quasi venire la nausea per quanto era forte nella mia testa. L'ora passò più in fretta del previsto e uscendo mi diressi verso l'armadietto. Venni fermata un paio di volte,da persone che volevano salutarmi e quando arrivai feci scattare il lucchetto senza neanche guardarmi intorno. Mi sistemai il trucco e presi il libro di letteratura moderna, che avrei seguito nell'ora successiva, stavo per chiudere l'anta quando di nuovo mi tornò alla mente quell'odioso profumo. Infastidita, sbuffai e la chiusi rumorosamente. Prima che avessi il tempo anche solo di pensare di andarmene, qualcuno mi apostrofò "Qualcosa non va forse?", mi voltai e trovai davanti a me proprio il nuovo ragazzo, che poggiato con una spalla alla parete degli armadietti, mi fissava divertito. Notai che aveva indossato un cappellino da baseball bianco sulla nuca rasata e gli sorrisi leggermente "No, solo.. il compito di Letteratura Moderna" alzai il libro per farmi capire. Lui aggrottò le sopracciglia e scoccò la lingua sul palato "Menti" esclamò sicuro di sè. Feci un leggerissimo passo indietro stupita che mi avesse scoperto e lui fece una risatina ironica "Tranquilla non ti spio, sono solo nel tuo stesso corso di Letteratura e so che non c'è nessun compito oggi, tutto qua." Mi ricomposi leggermente e poi arrossii, eravamo nella stessa classe,oh. Ero imbarazzata e non mi piaceva, non succedeva da troppo tempo, quindi decisi che era meglio allontanarmi. Gli rivolsi un sorriso educato e dissi "Adesso sarà meglio che vada, ciao", lo sorpassai e camminai dritta verso la classe, ma dopo pochi passi sentii una presa stringersi intorno al mio polso e venni voltata indietro.

Verde contro nero, mi stava di nuovo guardando negli occhi,deglutii confusa dal suo comportamento e lui si mordicchiò il labbro. "Non mi hai detto come ti chiami" spiegò con naturalezza. Io mi finsi disinvolta e cercai di non far notare che stavo andando a fuoco solo per la troppa vicinanza. "Oh certo, sono Tamara. Tamara Highers, sono la Caposcuola e la CapoCheer.." venni nuovamente interrotta da lui, che mi puntò il suo sguardo penetrante addosso e affermò "Sei imbarazzata." Io lo guardai e feci per replicare, ma lui continuò "Ho mosso il mio peso verso di te e tu hai ritirato il bacino indietro, inoltre, quando ti ho stretto il polso sei arrossita, quando ti ho guardato hai deglutito e sei bollente. Sei imbarazzata" Concluse il discorso con un sorriso soddisfatto e io restai a bocca aperta alle sue giuste osservazioni. "Comunque io mi chiamo Alex, ma mi chiamano tutti Green, sai per gli occhi.." Mi fece l'occhiolino e se ne andò lasciandomi nel bel mezzo del corridoio. Conoscendolo imparai che mi avrebbe lasciato nel bel mezzo di molte cose.

L'altra metà del mondoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora