Capitolo 3

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Io volevo soltanto vivere tranquillamente come prima dello scoppio della guerra.
Volevo tornare a scuola.
Volevo ridere passeggiando con le amiche per le vie di Monaco.
Volevo provare dei sentimenti per qualcuno: veri, folli, travolgenti come l'amore.
Io volevo amare.
Avevo diciassette anni e non avevo mai avuto un fidanzato. Volevo conoscere quelle sensazioni che prova una persona quando si fidanza. La preoccupazione di una ragazza innamorata che ha paura di avere i capelli fuori posto, il timore di una ragazza innamorata delle ragazze che si avvicinano al suo fidanzato e quell'amore passionale che solo lei può provare per il suo lui. Volevo proprio essere innamorata di qualcuno.
Sin da bambina ho sognato il mio fidanzato come un ragazzo bellissimo, alto, muscoloso, capelli neri e occhi scuri. Sarebbe stato il mio principe disposto a salvarmi sempre, in ogni occasione e in ogni circostanza.
Ma in quella calda giornata di luglio, non c'era nessun principe pronto a salvarmi.
Era solo un sogno.
E noi camminavamo, camminavamo e camminavamo.
Dopo poco tempo iniziai ad avere sete ma era ovvio che nessuno mi avrebbe dato dell'acqua.
Nessuno si sognava di aiutarci, di sostenerci, oppure, perché no, di salvarci.
La codardia di quella gente mi fa' ancora venire da vomitare.
Nessuno mosse un dito o disse qualcosa per noi, nessuno.
Codardi.
Camminavamo sotto il sole cuocente, fin quando arrivammo alla stazione.
Non salimmo su dei treni comuni. Quelli non erano treni. Erano dei carri bestiame, si sentiva dall'odore pungente e dalla forma. Era piccolo, troppo piccolo per contenerci tutti...ma come facevano a pensare che noi saremmo potuti entrare tutti quanti in quella scatola di legno?!
Infatti quando entrammo tutti nel carro, molti furono costretti a rimanere in piedi o a sedersi sugli altri.
Fortunatamente noi trovammo posto e non rimasimo in piedi, non avrei potuto nemmeno immaginare l'idea di viaggiare in piedi per chissà quanto tempo. Non sarei stata sicuramente in grado di resistere e avrei spinto qualcuno per sedermi al suo posto.
Il solo pensare a quello di cui sarei stata capace in quel momento, mi spaventava.
Anzi, mi spaventa ancora tuttora. Ed era solo l'inizio.
E tutto questo per?
Durante il tragitto, mia sorella Leah chiedeva e si lamentava in continuazione per le stesse cose.
Ma quando arriviamo? E dove stiamo andando? Ho fame, ho sete, ma che ha di male quell'uomo? Mamma, mamma! Che sta' succedendo? Perchè è caduto? Cosa gli è successo?
In certi momenti come quello mia madre copriva gli occhietti stanchi di Leah per evitarle la vista di scene così terrificanti come quella delle persone che morivano nel carro, una dopo l'altra.
Chi per la fame, chi per la sete, chi per le malattie e chi, addirittura, per crisi di panico.
Alcuni arrivarono pure a suicidarsi. Le poche persone che si tolsero la vita, però, erano anziane, e a quanto pare senza più la speranza di sopravvivere.
Avevo paura. Tutti avevamo paura.
Ma dov'era diretta la scatola di legno?
Dove ci stava portando?
Sfiorai con la mente anche l'idea che non ce l'avremmo fatta. Che nessuno di noi sarebbe sopravvissuto a tutto quello.
Dopotutto, sarebbe stato il minimo.
Vidi poi un altro uomo cadere.

*My space*
Mi scuso innanzi tutto perchè è  da due giorni che non pubblico capitoli, però oggi recupererò scrivendone più di uno :)
Spero vi sia piaciuto e buona lettura!
Baci,Sara ;)

Speranza NeraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora