Capitolo 4

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Avevano iniziato a "ucciderci dentro" sin da quando ero più giovane, con l'arrivo di nuove leggi che ci proibivano dei nostri stessi diritti.
Con l'entrata in scena delle famose stelle gialle.
La rovina della nostra vita.
Quella stellina dorata poteva essere o il biglietto d'accesso diretto verso la morte. Non c'era via di fuga, se si aveva quella stella cucita sugli abiti, si era certi che non si poteva sopravvivere.
Che destino crudele.
E non si trattava nemmeno di destino. Quello non poteva essere il nostro destino, sennò che razza di fine sarebbe stata? Lo sterminio di una popolazione...questo non può essere identificato come "destino" bensì come pura follia.
Comunque sia, destino o meno, ci stavano uccidendo a uno a uno.
Anzi, in gruppi.
Era più "veloce" e conveniente ucciderci in questo modo.
Non si può nemmeno immaginare come.
Tantomeno ricordarlo.
Anche se è inevitabile per le persone come me.
Inevitabile.
Oltre la "legge delle stelle gialle", ce ne furono molte altre, ancora più crudeli e assurde. Alcuni poliziotti tedeschi iniziarono ad appendere volantini per le vie di Monaco, dove erano elencate tutte le cose e le varie azioni che noi ebrei non potevamo fare.
Ad essere sinceri, avrebbero risparmiato l'inchiostro scrivendo soltanto le poche cose che potevamo fare ma, a quanto pare, non avevano preso in considerazione questa possibilità. Le regole dei volantini erano una più impensabile dell'altra.
Ricordo il coprifuoco la sera.
Il non poter più andare o frequentare determinate strutture o luoghi come la scuola, l'università, i parchi giochi, vari negozi, e altri edifici.
Non potevamo nemmeno più lavorare.
Per questo mio padre smise di dare lezioni all'università e mia madre, poco tempo dopo, fu costretta a chiudere la sua gioielleria, che ci permetteva ancora di vivere.
Dato che i miei genitori non potevano più lavorare, i soldi finirono presto e facemmo in tempo a trasferirci in un piccolo appartamento vicino i miei amati nonni, spendendo i soldi che io e i miei fratelli conservavamo per il futuro, per l'università.
I nonni vivevano nell'appartamento accanto al nostro, e molto spesso andavo da loro per ascoltare le storie che mio nonno raccontava della Prima guerra Mondiale.
Lui era un ex combattente.
Lui combatté affianco dei tedeschi.
Lui combatté per la Germania.
Ma questo non importò a nessuno.
Mia nonna invece, quando mio nonno partì per la guerra, andò a lavorare come infermiera al fronte.
Lei non avrebbe mai abbandonato suo marito. Mai. Non lo fece nel 1914 e non lo fece nemmeno nel 1939.
Mai.
Ricordo io, seduta affianco mio nonno, nel salotto della loro casa, qualche giorno prima dell'arrivo delle SS a casa nostra.
Quel giorno, mio nonno raccontò la sua ultima storia. Questa però era diversa da tutte le altre.
Nelle altre si sentiva la disperazione, la sua malinconia.
Ma in quella no.
Era diversa.
Parlava di una fine vittoriosa, del bene trionfante sul male, dei buoni vincitori e dei cattivi derisi.
Mio nonno sapeva fin troppo bene cosa stava per accadere.
Aveva molte conoscenze, grazie alle quali venne a sapere quando ci sarebbero state le prime deportazioni. Io ascoltavo sempre questo genere di conversazioni che mio nonno aveva con mia nonna, sempre in cucina, in modo tale da non farsi sentire da noi che abitavamo nell'appartamento vicino.
Io sentivo tutto quello che dicevano.
Forte e chiaro.
Ma quando parlavano in cucina, noi non sentivamo altro che il nostro silenzio o i lamenti di Leah quando voleva andare a giocare con gli altri bambini non ebrei con i quali aveva stretto amicizia.
Il giorno prima della deportazione, io stavo chiacchierando tranquillamente con la mia amata nonnina, quando, ad un certo punto, entrò mio nonno respirando faticosamente. Lui si diresse subito verso mia nonna, dicendole qualcosa come:"dobbiamo parlare,vieni in cucina" aggiungendo la solita frase :"Eli, tu torna a casa, tua madre ti sta aspettando."
Per un attimo rimasi immobile a riflettere su cosa era appena accaduto e poi scelsi il modo migliore di agire in quella situazione, ovvero: fare finta di andarmene e origliare la conversazione tra i miei nonni.
Avrebbe funzionato come piano, ne ero certa.

*My space*
Eccoci con il quarto capitolo...spero sempre con tutto il cuore che vi sia piaciuto...chissà cosa farà Elisabeth,che cosa sentirà dai nonni di così segreto....chissà ;)
Baci,Sara :)

Speranza NeraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora