Capitolo 1

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Emily Bennett era alla disperata ricerca di un elastico. Era in ritardo e doveva trovare quel maledetto affare per legarsi i lunghi capelli castani. Nella piccola villa giallo canarino della 21th soundstreet, l'unica luce accesa era proprio quella della sua camera. I suoi genitori erano usciti qualche minuto prima e avevano deciso di non svegliarla. C'erano volte in cui si dimenticavano che al piano di sopra c'era una ragazza dagli occhi verde smeraldo che amava dormire e che neanche il rumore più forte o la catastrofe naturale più violenta avrebbe mai svegliata se non di sua spontanea volontà. Infatti la loro imbranata figlia si era scordata di impostare la sveglia e come quasi ogni mattina, era in ritardo. -"Dove cavolo è quel dannato elastico!"- la sua voce era l'unico rumore che risuonava nella casa. Emily doveva sbrigarsi, non poteva perdere il pullman altrimenti non sarebbe mai arrivata in tempo per la prima ora di lezione. Non che le interessasse particolarmente l'ora di storia della signorina White, ma non voleva disturbare ancora i suoi genitori. Quando un alunno si presentava in ritardo o non si presentava affatto la scuola era tenuta ad inviare un email ai genitori. Nel 2078 era in atto il sistema dell'impronta digitale. Ogni mattina gli alunni dovevano posizionare il pollice su uno schermo impiantato nel banco. I professori così non dovevano più perdere tempo a fare l'appello. Trovavano i nomi dei presenti sul tablet che ogni docente possedeva. Era ovvio che gli alunni, quelli più furbi avessero trovato un modo per risultare presenti e poi fare quello che un tempo veniva chiamato "filone" o "sega". Alcuni erano riusciti ad entrare nel sistema della scuola e si facevano pagare per modificare il registro. Sfortunatamente per Emily, una delle sue qualità migliori era la sincerità. Non riusciva proprio a mentire e se ci provava veniva scoperta subito. Dopo qualche felpa buttata all'aria, una spazzola lanciata a terra e infinite imprecazioni, finalmente l'elastico uscì fuori. Mentre ringraziava tutti i santi in paradiso, la ragazza prese lo zaino e si avviò correndo alla fermata dell'autobus. A Burton, il paesino dell'Ohio dove abitava Emily, c'era solo una scuola: la Hillscross High School. Emily era al primo anno di liceo, aveva 14 anni e un carattere forte e deciso. Era diversa dai suoi coetanei, forse era per questo che non aveva molti amici. Con i tempi che andavano, la tecnologia che si sviluppava e la sovrappopolazione, Emily era una delle poche persone rimaste a non aver cambiato stile di vita. Tutto intorno a lei era diverso a molti anni prima. La modernità, con i suoi schermi illuminati e gli ologrammi che pubblicizzavano nuove invenzioni, aveva invaso le città di tutto il mondo. L'unica persona con cui aveva fatto amicizia era April, la sua vicina di banco, nonché migliore amica. -"Fermati, aspetta!"- Emily aveva corso a perdifiato e la coda che si era precedentemente fatta era ormai un groviglio di capelli. Aveva perso il pullman. Lo schermo che localizzava i mezzi mostrava, attraverso le telecamere posizionate in tutti gli angoli del paesino, che il pullman successivo sarebbe arrivato in dieci minuti e che in quel momento era fermo al semaforo sulla 21th Crips street. Troppo tardi pensò la ragazza. Il fatto di essere sempre in ritardo non era poi così negativo. Emily aveva a disposizione del tempo libero per fare ciò che preferiva. La ragazza si avviò verso la 34th Chearshire Street. Solitamente faceva quella strada di sera dopo aver finito i compiti. Quel giorno quando arrivò davanti alla libreria, illuminata dalla luce del giorno, le sembrò diversa. La vetrina colma di libri rifletteva i raggi del sole e la porta rossa che la proprietaria lasciava sempre aperta era ancora più luminosa. Quella vecchia libreria era l'unico edificio antico della città. I tempi erano cambiati, nessuno più leggeva libri cartacei. La tecnologia si era evoluta e con essa anche la letteratura. Quella libreria era l'unica dimostrazione che un tempo i libri cartacei esistevano. Emily sognava di vivere agli inizi del 2000, dove la sua passione non doveva essere nascosta e dove poteva essere se stessa, o almeno così immaginava. La ragazzina non poteva chiedere ai suoi nonni di raccontargli il passato poiché li aveva persi tutti quanti, uno dopo l'altro in uno dei periodi più brutti della sua vita. Da quanto diceva la gente, la libreria era ancora in piedi perché un tempo era appartenuta al sindaco di venti anni prima e la città aveva deciso di non abbatterla come segno di rispetto.

-"Signora Diaz?"- la ragazza entrò nel negozio facendo scricchiolare leggermente le travi di legno sotto i suoi piedi. Emily non parlava molto spesso con la proprietaria della libreria, ma era suo solito salutarla ogni qual volta vi entrava. -"Salve signora Diaz"- l'anziana signora era seduta su una poltrona e leggeva un grande libro intitolato The Betrothed, I Promessi Sposi. I capelli argentati erano legati in una crocchia perfetta. I suoi occhi grigi, contornati da piccole e morbide rughe, erano coperti dalla montatura degli occhiali e da un ciuffo ribelle che le incorniciava il volto. -"Buongiorno cara, come mai da queste parti? Ti aspettavo nel pomeriggio"- il dolce sorriso della signora Diaz illuminò la stanza. Emily aveva sempre pensato che fosse una donna bellissima che il tempo aveva trasformato, lasciandone i segni di una bellezza antica.
-"Ho perso il pullman, di nuovo"- sorrise timidamente la ragazzina. L'anziana signora rise. Quando smise iniziò a guardare il vuoto, come se stesse ricordando qualcosa e un sorriso malinconico apparve sul suo volto. Emily posò lo zaino in un angolo e si immerse nei corridoi pieni di libri e di storie che aspettavano solo di essere lette. -"Signora Diaz..."- la ragazzina non voleva essere indiscreta, ma la curiosità la invadeva ormai da troppo tempo. -"Puoi chiamarmi Emma"- rispose la signora al di là di uno scaffale. -"Emma, posso farle una domanda?" Chiese timidamente la ragazzina. Era da tempo che voleva chiederglielo, ma non aveva mai trovato il coraggio di farlo. Non che avesse paura della proprietaria, solo non voleva sembrare invadente. Entrambe quando erano in quel luogo si immergevano talmente tanto nelle lettura che nessuna delle due osava parlare. C'erano volte in cui Emma neanche si accorgeva che la ragazzina fosse entrata nel negozio. Si era instaurato un rapporto di fiducia senza che una parola venisse mai scambiata. -"Chiedi pure"- sentì la signora Diaz, Emma alzarsi dalla poltrona e posare il libro che stava leggendo su uno scaffale. -"Com'era vivere agli inizi del 2000?"- la ragazzina si affacciò e scorse l'anziana signora sedersi di nuovo sulla vecchia poltrona rossa. Le tremavano leggermente le mani, ma non per la domanda. Emily capì chiaramente che era uno dei segni della vecchiaia, ma leggeva nei suoi occhi un velo di malinconia e un'intera storia che doveva essere letta da qualcuno.
-"Vieni qui"- disse Emma, che sembrava piuttosto colpita dalla domanda. Emily prese una sedia e la posizionò accanto a quella della proprietaria. -"Voglio raccontarti una storia, la mia storia"- la giovane ragazza a stento riusciva a trattenere la gioia che provava. Era emozionata e allo stesso tempo agitata, curiosa e esaltata. Si mise comoda e aprì le orecchie. Non voleva perdersi neanche una parola, voleva conoscere. La sua mente già vagava tra infinite fantasie e storie che finalmente qualcuno le avrebbe svelato. -"Perché mi vuole raccontare la sua storia?"- chiese la ragazza prima di iniziare.
-"Perché ho bisogno che qualcuno la ricordi".

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