Capitolo 2

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Ai miei tempi tutto era diverso. La scuola, il lavoro, i ragazzi. Devi sapere che quando ero un adolescente leggere libri era considerato "fuori moda". Le ragazze e i ragazzi erano ossessionati dalla tecnologia, un po' come adesso ma di meno. La gente quasi non parlava più. Ai libri si preferivano le discoteche. Agli amici si preferivano gli amori da una notte sola. Eravamo in pochi a cui piaceva ancora fantasticare sui libri, adulti esclusi. Per fortuna loro continuavano a leggere, ma la maggior parte non era riuscita a trasmettere questa passione alle generazioni successive. Il mondo dei giovani era nettamente diviso: da una parte c'erano i ragazzi che il sabato sera uscivano a divertirsi, per poi scordarsi tutto il giorno successivo. Dall'altra c'erano i ragazzi, che come me, si rinchiudevano in casa a leggere o a guardare serie televisive per non rimanere mai indietro, cosa che purtroppo succedeva spesso. Puoi capire da sola che il mio gruppo era la minoranza. Eravamo per lo più ragazze. I ragazzi che amavano leggere erano definiti rari, e non passava giorno in cui una di noi non desiderasse incontrarne uno. La semplicità ormai era sorpassata. Le ragazze truccate e poco vestite erano preferite a quelle acqua e sapone. Andavano di moda i capelli colorati e le gonne corte, il rossetto rosso, la pancia piatta e le forme perfette, i tacchi alti e la birra. Scoprivi di stare insieme a una persona tramite lo stato che aveva sui social. Non sono sempre vissuta qui, a Burton. Vivevo in una piccola città marina in Italia. All'età di 14 anni ci siamo dovuti trasferire a causa del lavoro di mio padre, era un militare e lo stimavo per questo. Quando arrivai qui fu difficile ambientarmi: la lingua, i modi di fare, le persone. Ho dovuto imparare tutto molto in fretta. Ero restia a fare amicizia. In Italia non mi ero legata a nessuno, ma qui era diverso. In un paesino tutti sono amici, ed essere la nuova arrivata era strano e imbarazzante. La gente voleva sapere di più sul mio conto e per questo mi tormentava di domande. I vicini si presentavano a casa e facevano amicizia con i miei genitori. I figli invece, erano liberi di andare dove volevano. Il mio primo giorno di scuola non fu per niente spiacevole. Dovevo iniziare il liceo, proprio come te. Mi ricordo perfettamente quel giorno. Mia madre mi aveva accompagnata fino al cancello per poi correre a lavoro. Era una donna da invidiare, ho sempre preso lei come modello di riferimento. Lavorava in un'agenzia immobiliare. Era la più brava, con il suo sorriso, la battuta sempre pronta, riusciva a vendere qualsiasi casa. Dunque, entrai in segreteria e fui accompagnata nella mia classe dopo essere passata per il mio armadietto: il 12 B, ancora me lo ricordo. Mi misi all'ultimo banco per passare inosservata, ero molto timida e adorava stare seduta al banco da sola. Al suono della campanella entrarono i miei compagni. Era il primo giorno, e non tutti ancora si conoscevano. Fortunatamente i gruppi ancora non si erano formati.

-"Quali gruppi?"- interruppe Emily

-"In quasi tutte le classi si formavano dei gruppi. Quelli bravi a scuola, le ragazze magre e belle, i ragazzi indifferenti. Eri fortunata se facevi parte di una classe dove tutti si parlavano, ma era raro"-

Dove ero rimasta? Ah si, il primo giorno. La lezione iniziò con un lungo monologo della professoressa Dirty. Me la ricordo ancora: bassa e magra, quasi invisibile, riconoscibile solo grazie alla sua voce acuta e i capelli gialli, non biondi, gialli. Fece un discorso su quelli che sarebbero stati i migliori anni della nostra vita. In ritardo di ben venti minuti, una chioma rossa fuoco si affacciò alla porta. Aveva il fiatone e il suo volto era dello stesso colore dei suoi capelli. Disse "scusate il ritardo, non trovavo la classe" con un sorriso stampato in faccia. La Dirty la fece sedere all'unico posto libero, quello accanto a me. Nonostante tutto non era per niente imbarazzata e continuava a sorridere alla classe. Le lentiggini ricoprivano quasi interamente la faccia e gli occhi verdi vagavano da tutte le parti. -"Piacere Anna, che mi sono persa?" Mi tese la mano ricoperta di anellini colorati -"Emma, non molto in realtà"- gliela strinsi e mi ricordo che uno degli anelli mi graffiò un palmo. Fortunatamente ero molto brava a parlare e comprendere l'inglese tanto che diventai madrelingua. Mentre la professoressa continuava a parlare, Anna aveva la testa completamente immersa nel suo zaino che le copriva la faccia e lasciava scoperti solo i ricci capelli. Pensavo fosse molto imbarazzata da nascondersi, cosa strana ma possibile. Poi la testa di Anna sbucò e quando la vidi scoppiai a ridere. -"Perchè ridi?" mi chiese. Presi il mio telefono e senza farmi vedere dalla professoressa le scattai una foto. La mostrai ad Anna e scoppiò a ridere anche lei. Aveva della cioccolata sul mento e sul naso, e un po' per fino sui capelli.
"Ne vuoi un pezzo?". Passammo gli ultimi minuti a mangiare le ciambelle, senza mai farci scoprire dalla Dirty. -"Signora Emma, che fine ha fatto Anna?" chiese Emily, interrompendo il racconto - "siete ancora amiche?"
"Una cosa alla volta, ti racconterò tutto"

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