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[02 . Secondo abisso]

Mi svegliai con un forte mal di testa, gli occhi umidi e la gola secca. Sentivo freddo, infatti la finestra era rimasta aperta per tutta la notte, suppongo. Afferrai la coperte e le tirai verso l'alto, così da coprire il mio corpo tremolante e febbrile. Mi voltai e scorsi l'ora sul display del telefono. Erano appena le otto di mattina ed ero già stanca, apparentemente.

"Mal, io esco." Mi informò Sophia, la mia coinquilina. Annuii lievemente e mi affiancò. "Stasera ti proibisco di andare al locale, scotti come un forno a microonde." Ridacchiai e mi lasciò un bacio sulla fronte. "A dopo, tesoro."

"A dopo." Sussurrai, con la voce ancora impastata dal sonno.

Sbuffai, ripensando a ciò che era successo qualche ora prima. Quel ragazzo mi aveva sconvolta. Non avevo idea di chi fosse, ne perché fosse in quel vicolo alle prime ore dell'alba. Tutto ciò che sapevo era che mi conosceva. Sapeva il mio nome e chissà che altro. Rabbrividii al ricordo della sua voce e al corpo che toccava il mio, anche se non del tutto. Aveva un sentore di menta e fumo. Una combinazione strana, ma gradevole da un certo punto di vista.

Udii la porta chiudersi e capii che la bionda era appena uscita. Sophia, a differenza della sottoscritta, aveva un ottimo lavoro alla Tesco. Aveva dei turni decenti, o per lo meno la notte dormiva. Io non so nemmeno più cos'è il sonno, ne ho completamente dimenticato il vero significato. Non faccio una bella dormita da due anni che coincide, guarda caso, con l'inizio del mio nuovo lavoro, da barman.

Prima ero una mediocre cassiera in uno dei piccoli ed insulsi supermercati di Holmes Chapel, mentre ora devo sorbire dei ragazzi, spesso più piccoli di me, che puzzano di vomito, alcool e fumo. Solo al pensiero, mi viene la nausea. Mi avevano licenziata, accusandomi, ingiustamente e senza prove, di aver rubato cinquecento sterline. Una volta che la verità è venuta a galla, non si sono mai scusati e io non ho voluto più saper nulla.

Da quando sono entrata del mondo dei locali, sono letteralmente rintronata da quella che loro chiamano musica, ma che per me è solo un ronzio assordante e ripetitivo. Mi capita spesso di aver forti mal di testa, tanto che porto con me delle pillole per farmi passare il dolore, che se può, è più stordente e fastidioso di quelle schifose melodie.

La vibrazione del telefono mi sveglia dai miei pensieri. Lo afferro di malavoglia e leggo il contenuto del messaggio, di cui il mittente è sconosciuto o almeno lo è per me.

Sconosciuto

Buongiorno, Malory.

Mi si gelò il sangue nelle vene, tanto da lasciarmi paralizzata. Tremavo, e non per la febbre questa volta. La paura di qualche ora fa, mi attraversò la spina dorsale. Non ne avevo mai avuta così tanta in vita mia, nemmeno quando da bambina ero sul punto di essere investita.

Chi sei e come hai il mio numero?

Piccola, come ti ho già detto, io so tante cose su di te. Solo che non vuoi ascoltarmi, perciò ho deciso che puoi mettermi alla prova.

Va bene. Qual'è il mio colore preferito?

L'azzurro, come il mare.

È giusto...

Ora mi credi?

Non ancora. Ho una strana abitudine, se mi dici qual'è, lo farò.

Prima di andare a letto, bevi sempre una tazza di the e latte. Dici che è rilassante, e tua nonna te lo preparava da bambina quando non riuscivi a dormire.

Jonah, sei tu?

Mi piacerebbe, ma non sono il tuo fratellino. Lo sai che lui non c'è più...

Se non sei lui, allora dimmi chi sei. Per favore.

Iniziai a singhiozzare e le lacrime mi offuscavano la vista, ricordandomi di lui. Era la cosa più bella che avessi mai avuto, ed ora lui se ne era andato. Mi sono sempre data la colpa della sua morte. Se non fossi stata così irresponsabile, ora sarebbe qui con me e gli leggerei le favole della buonanotte, come quella che gli piaceva tanto.

Chiamami Harry.

Black hoof | H.S (#Wattys2018)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora