Non si fissano le persone: è maledu... fai figure di merda

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Mi sveglio di soprassalto scattando in piedi accanto al mio letto. Sono sudato, nudo e con il corpo pervaso dal senso di vertigine e nausea.

Sento la voce di mia madre che mi chiama preceduta da tre colpi sulla porta della mia camera e corro nel panico a vestirmi, urlandole che mi sono appena fatto una doccia e che scenderò di sotto subito.

Prendo le prime cose che trovo nell'armadio e corro giù in sala da pranzo dove mia madre e mio padre sono già seduti a tavola intenti a mangiare un piatto di pasta al ragù di carne. Mi siedo con loro, ma non avendo per niente fame prendo solo un bicchiere d'acqua, sentendo già sulla pelle lo sguardo incazzato che mi stanno rivolgendo. Alzo la testa dal piatto vuoto e con la solita faccia da menefreghista gli chiedo cosa diavolo vogliono.

"...Niente...Dovresti mangiare qualcosa, tua madre ha fatto la pasta con il ragù." Mi dice mio padre alzando un sopracciglio intimidatore.

"Capirai. Non le ci sarà voluto neppure molto con il sugo già pronto della Barilla. E poi non ho fame, ho mangiato troppo a merenda." Gli rispondo io a tono.

"Come è andata oggi a scuola? Non avrai preso mica un'insufficienza?" Dice mia madre con uno sguardo in cagnesco.

"No mamma. È andata bene come sempre. Adesso devo studiare perciò ci vediamo per cena." E dicendo questo mi alzo e me ne torno di sopra in camera, passando prima per il bagno e mettendomi in tasca il barattolo di Prozac.

Dopo una misera cena e una notte di insonnia torno a scuola con l'unico pensiero in testa rivolto al ragazzo della mia visione provocata dal Prozac. Arrivato al mio armadietto sto per aprirlo quando una mano me lo impedisce. Mi volto e mi ritrovo il suo viso a un palmo dal mio.

"Li hai lasciati in bagno ieri". Mi dice serio mettendomi fra le mani il quaderno e il libro di chimica per poi chiedermi con un piccolo accenno di sorriso come sto oggi.

"Bene...oggi sto benissimo grazie per l'aiuto di ieri". Rispondo io con le guance che già sono avvampate per il ricordo di ciò che è accaduto.

"Non ci siamo ancora presentati, io sono Manuele". Mi porge la mano destra ma non riesco neppure a stringergliela poiché il mio corpo si è come congelato e le mie mani sono già occupate a reggere i libri. Riesco a malapena a biascicare alcune parole: "Io...io sono...io sono Daniel".

Lui si mette la mano in tasca ed estrae il suo cellulare guardando un messaggio appena ricevuto.

"Se vuoi ci vediamo in giro." Dice continuando a guardare il display e digitando parole sullo schermo touch. "Ora devo andare. Ho una lezione di matematica che mi aspetta". Si gira verso il corridoio e comincia a camminare verso l'aula di matematica ma dopo pochi passi si volta nuovamente incrociando il mio sguardo ancora attonito. "Ah, ho sbirciato nel tuo quaderno di chimica e ho notato che sei molto più bravo di me. Mi potresti anche dare delle ripetizioni dati i miei voti di merda con la Fiorentini". E con un cenno del capo mi saluta e se ne va, mentre io vado dall'altra parte del corridoio ed entro nell'aula di fisica.

Le lezioni si succedono l'una dopo l'altra, scorrendo veloci come il vento di questo freddo mattino invernale grazie alla mia continua distrazione.

Il suono della campanella della fine delle lezioni mattutine viene sovrastato dal rumore di tutti i ragazzi che si dirigono verso la mensa urlando, spingendo e dando gomitate.

Solito tavolo in fondo, stesso pranzo schifoso e sempre canzoni deprimenti nell' I-pod, ma l'unica cosa che conta davvero è che Manuele è qui a pochi tavoli da me intento a parlare con i suoi amici e le sue amiche ridendo ogni cinque secondi. Il suo sorriso. Che meraviglia.

Rimango a fissarlo fino a che non finisce di mangiare e quando si alza dal tavolo il suo sguardo incrocia il mio per pochi secondi poi sorride ed esce dalla mensa.

Finito di mangiare, in tutta calma, vado nello spogliatoio a cambiarmi per la lezione di educazione fisica di Marco. E chi mi ritrovo davanti seduto su una panca? Manuele, intento a cambiarsi per la lezione di calcetto all'aperto. Trovo la prima panca libera e mi ci fiondo lanciato occhiate nella sua direzione. Come non sbavare dietro a un ragazzo con un fisico scolpito e un pacco stretto da un paio di boxer neri di Calvin Klein.

Alzo gli occhi e vedo che mi sta fissando. "Merda. Mi ha visto mentre lo fissavo". Dico a me stesso maledicendomi.

Angolo scrittore:

Chiedo umilmente perdono ai lettori per l'immenso ritardo di questo capitolo.

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