Ti senti bene?

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Dopo lo studio di ieri spero di aver preso un bel voto al test di filosofia visto che ho anche risposto a tutte le domande; non mi resta che aspettare la correzione della professoressa De Paolo per scoprirlo.

E' l'ora dell'intervallo. Ho così tanta fame che se non mangio immediatamente qualcosa il mio stomaco si potrebbe auto digerire e in effetti ho saltato sia la cena di ieri sera, per evitare di parlare con i miei, sia la colazione di stamattina.

Corro al bar della scuola dove, come al solito, c'è una fila lunghissima come in superstrada, ma devo mettere per forza del cibo nella mia pancia brontolante, così, arrivato il mio turno, mi prendo un bel panino con cotoletta, ketchup e maionese e un pacchetto di patatine.

Non ho mangiato neanche metà panino che la campanella inizia a squillare, perciò trangugio tutto in un baleno e torno velocemente al mio armadietto prendendo libro e quaderno di chimica che sarà la mia prossima lezione.

Mi fermo di colpo, invaso dalla nausea, per poi lanciarmi nei bagni. Entro nel primo libero che trovo e per l'agitazione mi cade tutto ciò che ho in mano. Non faccio neppure in tempo a chiudere la porta a chiave che sento un conato salire dallo stomaco all'esofago, perciò mi inginocchio sullo schifo di pavimento coperto di piscio e inizio a vomitare tutto quello che ho appena mangiato.

Pur avendoci fatto l'abitudine è indescrivibile la sofferenza che mi dà ogni conato che esplode fuori dalla mia bocca per finire dentro a questo sudicio e schifoso cesso.

Finalmente il peggio è passato. Mi alzo lentamente e la testa inizia a vorticare dandomi un'insopportabile sensazione di vertigine. Apro la porta del bagno e, dopo essere inciampato sui miei libri sparsi a terra, arrivo barcollano davanti all'unico lavandino dotato anche di specchio; il volto della persona al di là di esso è pallido come un cencio.

Apro il rubinetto dell'acqua fredda e dopo aver creato una coppa con le mani inizio a sciacquarmi abbondantemente il viso. La porta d'ingresso dei bagni si spalanca ed entra un ragazzo alto, castano, occhi marrone scuro, che, vedendomi nel mio pietoso stato, mi si avvicina.

"Ancora tu! Cosa è successo? Ti hanno picchiato?" mi chiede. E la sua voce familiare mi rimbomba nelle orecchie e nella testa.

"No, nulla." gli rispondo io ringraziandolo e staccandomi dal lavandino.

Mossa alquanto stupida dato che con il vorticoso caos che ho non mi riesco neppure a reggermi bene in piedi.

"Ti senti be..." Non riesce a finire la frase che le mie gambe cedono alla debolezza fisica, ma sento due braccia che mi si stringono velocemente alla vita e mi sostengono: le sue.

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