Chapitre II

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5 marzo 1885
Mi chiamo Fredrick Shirley, sono uno psichiatra tedesco. Lavoro da qualche anno nell'ospedale psichiatrico, dove ho anche conseguito la laurea, l'Heilstätten. Qualche giorno fa il mio carissimo amico, Marcus Godin, mi ha scritto a proposito di un suo caso, che è quasi simile al mio. La sua paziente però, a differenza del mio, presentava sintomi bipolari e mancanza di sonno, mentre il mio presentava sintomi come paralisi e altri disturbi nervosi. Dopo la sua lettera ho subito prenotato un viaggio per la Francia, dove appunto Marcus lavorava. Ero molto curioso di questa sua paziente, volevo conoscerla e studiare da vicino i suoi disturbi. Così, appena potei, mi misi in viaggio. Adesso sono in aeroporto ad aspettare l'autista che il mio carissimo amico aveva pagato per portarmi al Salpêtrière.

*Qualche ora dopo*

Eccoci, sono arrivato finalmente. Devo dire che l'ospedale dall'esterno sembra molto accogliente.
M:Fredrick!
Sentì una voce chiamarmi, mi voltai e notai Marcus, che con il suo camice bianco che gli svolazzava vicino alle caviglie, correva nella mia direzione. Appena arrivò, ci abbracciammo come vecchi amici, dandoci una stretta di mano, tipica degli studenti di Oxford.
F:Marcus, finalmente, da quanto tempo è che non ci vedevamo!
M:Già, hai proprio ragione mio caro, mi spiace rivederci in un momento così critico.
F:si, vero.. ma forza, parlami della tua paziente.
M:Sh, non qui.
Mi sussurrò Marcus, che si posizionò un dito sulle labbra, imponendomi il silenzio.
M:Andiamo nel mio studio, seguimi.
Mi fece strada per un corridoio, non molto lungo, ma che essendo poco illuminato aveva la capacità di inquietarmi, non dimentichiamoci che mi trovavo anche in un'ospedale psichiatrico, questo era anche molto più spaventoso. Alla fine arrivammo vicino ad una porta, in legno, con intagliato in cima il nome del mio accompagnatore. Mi fece accomodare all'interno della stanza, che era molto accogliente.
M:Allora mio caro, accomodati ed ascolta attentamente ciò che ho da dirti, perché non lo ripeterò una seconda volta. Vuoi qualcosa da bere?
F:No, ti ringrazio, non riesco a concentrarmi quando sono occupato a far altro.
M: Molto bene, allora, la paziente di cui ti sto parlando si chiama Patricia Hugs, ha trentatré anni, sposata con due figli. Il marito ci ha richiesto la massima discrezione, egli stesso ha accompagnato la donna in questa struttura. Il signore, Leonardo Vatti, è un italiano, un imprenditore. Mi disse che la moglie, dopo aver partorito l'ultimo bambino, iniziò a comportarsi in modo molto anomalo, non voleva in alcun modo allattare la creatura, che ella definiva bestia, figlio del demonio e non suo. Inoltre aveva iniziato anche a digiunare, senza un apparente motivo. Il signor Vatti, mi spiegò anche che la moglie, aveva iniziato a non dormire la notte e ad aggirarsi per la casa, alle volte canticchando strane melodie, altre volte urlando, come se stesse subendo delle torture. Lo stesso marito afferma che la moglie una volta tentò di soffocare lui ed uno dei bambini. Una notte, si svegliò di soprassalto sentendo una leggera pressione alla base della gola, quando vide che era la moglie a farlo, si alzò di scatto e riuscì a liberarsi, aiutato anche dalla sua superiorità fisica. Inoltre al bambino, invece, tentò di soffocarlo mentre gli faceva il bagnetto.
F:Ma è una cosa terribile, il marito non ha chiamato la polizia?
M:No, ha preferito rivolgersi a noi.
F:Capisco, posso vedere la paziente?
M:Certo, seguimi!
Il mio anfitrione si alzò, dirigendosi poi nuovamente fuori, verso il corridoio.

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