Arlette aveva due gattini

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Breccia nelle tenebre.
Apre la bocca con un verso monosillabico tremolante.
Come dopo un pianto.
Gli occhi fissi verso il pavimento.
"A-Arlette aveva due gattini,
Ma dava da mangiare solo al primo.
E-e quando Arlette si ammalò,
Il primo se ne andó,
Il secondo solo restava sul bordo del letto a guardare,
Aspettava ancora di mangiare."

Nel pronunciare le ultime sillabe si ferma di colpo, con un suono strozzato.
Però poi si tranquillizza e ride forte.
Adesso che si sveglia quando anche il tempo sta dormendo, quando il buio vince sulla luce eternamente e in silenzio, tutto non passa.
Ogni giorno si sveglia strana con un peso caldo e opprimente al petto, in parte ancora appartenente al sogno, o meglio, agli incubi, gli incubi degli ultimi , così piccoli e insignificanti, ma ancora così pesanti ogni notte in tutte le sue azioni.
E sogna loro, loro.
Desidererebbe quasi rivederli davanti a lei.
Sta seduta su una sedia nel buio, sola, alle sei del mattino.
L'oscurità fenduta dalle luci di un lampione che entra attraverso le serrande abbassate male, la consola.
Pensare che se si alzasse adesso, prestando attenzione a non inciampare sulla chitarra, e accendesse la luce li rivedrebbe, davanti a lei.
Ride.
Forse perché è troppo stanca e lo sa meglio delle sue gambe, forse
perché sa che non li troverebbe, forse perché in vero non saprebbe nemmeno che fargli, oppure perché la lampadina è semplicemente fulminata, non ha ancora trovato, il coraggio, la noia per farlo.
Ride a squarciagola, dimenandosi sulla sua sedia.
Lui non eisste.
"I-io... Voglio rivederla."
Porta il capo all'indietro, ridendo gelidamente più forte che può.
Una risata spasmodica che è quasi un lamento raschiato, sul fondo dell'anima.
Qualche cartina stropicciata appoggiata con cura casuale per terra, ai suoi piedi.
Le potrebbero dire ancora qualcosa.
A lei, la ragazza strana, con il nome un po' da puttana e la vestaglia macchiata di sangue, dopo tutto quello che è successo.
Sarebbero capaci di dire che voleva solo attirare l'attenzione, quando le venivano quegli attacchi di panico.
Quando a tavola cadeva rigida a terra tirando giù la tovaglia senza respirare.
Sarebbero capaci di dirlo, ora che ha inspiegabilmente smesso.

Il dolore delle mani Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora