Eleven.

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Christian tremava sotto la forza della pioggia che batteva contro la sua schiena. Erano gocce possenti, troppo dure per il suo corpo fragile. Chiuse gli occhi e immaginò di mandare quella forza a Federico, rinchiuso in quella stanza di ospedale; non sapendo che, proprio in quel momento, Federico, cercò conforto nella pioggia.

Era fuori dall'ospedale, nel parcheggio; aveva ancora il fiatone per la grande corsa.

Abbandonare Federico, fu un dolore atroce. Senza Christian, nessuno sarebbe andato a fargli visita. Non aveva una madre, non aveva amici, né parenti stretti. Al padre, non importava. L'unica persona che amava Federico era lui, e se n'era andato. Poteva solo immaginare la sofferenza cui Federico doveva andare incontro.  

Il suo piccolo amore era così coraggioso. Sarebbe stato disposto ad essere picchiato quotidianamente con una chiave inglese, solo per stare con lui; senza sapere, che prima o poi l'avrebbe portato alla morte. Non avrebbe resistito più di una settimana, bastava un'emorragia interna e sarebbe stato in pericolo di morte.

Christian aveva fatto la mossa più saggia e meno egoistica. Se l'angoscia l'avesse devastato, giorno dopo giorno, avrebbe sopportato. Cosa poteva fare un ragazzino di tredici anni? Un ragazzo che guardava i cartoni animati, che non sapeva che cosa fosse la politica e che ancora ricercava il calore della madre.

Che cosa avrebbe potuto fare?

Christian scoppiò in un pianto dove si poteva scorgere il profondo sentimento di solitudine e disorientamento. Cadde per terra, appoggiando i palmi al cemento bagnato, lasciando che la pioggia si portasse via le sue lacrime.

"Perdonami" urlò, afferrandosi i capelli e tirando con forza.

Si dondolò avanti e indietro, cercando di dimenticare. Nemmeno tirandosi pugni in testa, riuscì a far sparire i ricordi.

"Oh Dio, Fede, perdonami, ti prego" gridò alla notte.

Fu un urlo straziante, graffiante; se fosse stato un attore, avrebbe di certo vinto un Oscar. I singhiozzi che spezzavano la voce, la paura di rimanere da solo, il terrore che il suo cuore non si potesse più aggiustare.

La pioggia non lavò via lo sconforto. Era parte della sua scelta. Doveva essere un uomo ed affrontare questo ostacolo, a testa alta. Forse, un giorno, si sarebbero rivisti o sarebbero morti con quella speranza.

Un calcio sulla sua schiena lo fece tossire e sdraiare sul cemento.

"È colpa tua se è diventato frocio" sbraitò la voce di un uomo.

Gli tirò un altro calcio, facendolo ribaltare a pancia in su. Gli occhi verdi di Christian, si scontrarono con le pupille nere del padre di Federico. Era un uomo alto, muscoloso; sarebbe stato pure bello, se non fosse stato per la faccia arrabbiata e gli occhi ricolmi di odio. La barba scura gli incorniciava il viso, da cui cadevano gocce di pioggia; se Christian avesse dovuto affibbiargli un animale, avrebbe scelto il lupo.

"Se ti avvicini ancora a lui, ammazzo te e faccio in modo che Federico soffra prima di morire. Sono stato chiaro?" ringhiò il padre, facendo sobbalzare il corpo debole di Christian.

"Sei un mostro e un bastardo" gli urlò addosso Christian, alzandosi tremante.

Voleva dimostrare di valere qualcosa. Voleva essere in grado di poter difendere Federico. Bastò un solo pugno di quell'uomo, a mettergli fuori posto la mascella e farlo cadere per terra. L'osso sacro gli doleva e non era sicuro di poter parlare nuovamente.

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⏰ Last updated: May 02, 2016 ⏰

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Happy Ending (Midez/Gennex)Where stories live. Discover now